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Lega, Senatùr processa Tosi: ma oggi è troppo debole

Vertice per condannare il sindaco, che ha la 'colpa' di aver criticato il Cav. Ma il Senatùr ha meno peso e Flavio se la cava

Andrea Tempestini
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Per ora niente purga. Ma i sindaci della Lega non potranno più partecipare alle manifestazioni organizzate dall'Anci, l'associazione dei comuni italiani che nelle ultime settimane s'è scagliata contro i tagli del governo. E che in Lombardia è guidata dal primo cittadino di Varese e padano doc Attilio Fontana. È  la scelta più significativa presa dal consiglio federale di ieri pomeriggio, organizzato in tutta fretta tra domenica sera e ieri mattina su espressa richiesta del Senatur. È stato Renzo Bossi a contattare direttamente Gianfranco Salmoiraghi, della segreteria organizzativa, per chiedere la convocazione dei big in via Bellerio. Dietro un generico “comunicazioni del segretario Umberto Bossi” si celava una tentazione clamorosa: punire il maroniano sindaco di Verona Flavio Tosi. Che giusto l'altro giorno, dopo aver scandito per settimane critiche alla manovra, aveva scagliato siluri contro il premier: «Un ciclo è concluso. La cosa migliore sarebbe che Silvio Berlusconi decidesse di farsi da parte. Ma non nel 2013: il prima possibile». Ricevuta la comunicazione del leader, i leghisti sono caduti dalle nuvole. In programma c'era solo la tradizionale segreteria politica del lunedì, che nell'occasione avrebbe registrato defezioni importanti. Roberto Maroni è in Tunisia per impegni di governo. Giancarlo Giorgetti, leader della Lega Lombarda, incastrato a Roma per la manovra. Roberto Calderoli è indaffarato a Villa Reale, Monza, per gli uffici ministeriali insieme a Giulio Tremonti. ALTA TENSIONE Tutti, affannosamente, provano a raggiungere il quartier generale. Tosi non è tra i membri del massimo organismo del movimento, ma gli spifferi che lo riguardano rimbalzano in un amen anche nella sua Verona. E il Carroccio va in fibrillazione. A questo punto, per spiegare meglio la situazione, occorre fare un salto indietro di qualche giorno. Treviso. Festa della Lega. Il leader dei bossiani in Veneto e sindaco della città, Giampaolo Gobbo, tuona: «Quelli che dieci anni fa facevano le Cassandre sono finiti nel nulla, e così sarà anche per quelli di oggi». Un riferimento al suo predecessore alla guida della Liga Fabrizio Comencini, espulso dal Carroccio, per avvertire i colleghi che «vanno sempre in televisione a dire la loro sulla manovra e sul governo». Stilettata che in molti hanno letto come una bordata proprio a Tosi, che tra le altre cose vorrebbe diventare il nuovo uomo forte del Carroccio nel Nordest. E ancora. Giovedì. Roma. Palazzo Madama. Riunione dei senatori padani. Il capogruppo Federico Bricolo, veronese e vicino al cerchio magico (i colonnelli che guardano alla moglie del Senatur e che sono in pessimi rapporti con Maroni), annuncia la svolta: bisogna parlare solo degli argomenti di propria esclusiva competenza - e quindi i sindaci chiacchierino di strade e non di governo romano - mentre chi si discosta dalla linea verrà cacciato. Questo il clima. Peggiorato da altre turbolenze registrate nel week-end. A Brescia sono stati votati i delegati che tra due settimane sceglieranno il nuovo segretario provinciale tra Fabio Rolfi (maroniano) e Mattia Capitanio (cerchio magico). Su circa trecento, quelli che dovrebbero sostenere il primo sono quasi duecento, ma la tensione è alta. E mentre a Varese le due fazioni tengono le carte ancora coperte (ma il tempo stringe, si deciderà tutto entro un mese) pure la Val Camonica, che nella geografia leghista fa provincia a sé, registra malumori. Andrà a congresso a fine mese e parecchi militanti criticano Renzo Bossi e l'assessore lombardo Monica Rizzi, entrambi del cerchio magico, accusandoli di scarsa presenza sul territorio e tirchieria nei confronti delle sezioni che vorrebbero due soldi per rimpinguare le casse. Ecco. In questo clima infernale i padani arrivano alla spicciolata in via Bellerio. Rientra Maroni. C'è Calderoli. Ovviamente spunta Bossi, che poco prima s'era fatto vedere in pubblico - prima volta dopo la frattura del gomito - a Villa Reale. PROTESTE A RAFFICA Arrivano brutte notizie: i centri sociali intendono manifestare contro il Carroccio a Venezia, proprio dove domenica è prevista la festa della Padania. E venerdì, quando verrà raccolta nell'ampolla l'acqua alla sorgente del Po, sarà il movimento dei sindaci del Piemonte ad alzare la voce per contestare i tagli agli enti locali e punzecchiare le camicie verdi. Alla fine, quella che doveva essere una riunione-choc finisce in un nulla di fatto. Come quando, all'indomani del raduno di giugno a Pontida, era scattato il tentativo di sgambettare Giancarlo Giorgetti in Lombardia portando sulla tolda di comando la vicepresidente del Senato Rosi Mauro, vicinissima alla moglie di Bossi, anche il piano anti-Tosi s'impantana. In un clima che alcuni dei presenti definiscono «surreale» si discutono i dettagli organizzativi, soprattutto con la preoccupazione per la sicurezza a causa dei centri sociali. Alla fine viene sganciata la bombetta, con il diktat anti-Anci. La motivazione ufficiale è la seguente: dato che la Lega s'è spesa molto per difendere gli enti locali, è sbagliato scendere in piazza per criticare l'esecutivo che ha ascoltato le istanze del territorio di cui i padani si son fatti portavoce. La circolare è votata pure da Maroni. Anche se così saranno in difficoltà i suoi fedelissimi come Tosi e Fontana. Durante la riunione, il sindaco di Verona non è stato neanche nominato. Resta da capire perché. Ritirata strategica? Desiderio di non infiammare la base a pochi giorni da Venezia? Non si sa. Anche se, Tosi o non Tosi, nel Nordest parecchi leghisti sono fuori dai gangheri per le scelte del governo. Nel cortile di via Bellerio, a riunione terminata, alcuni leghisti ragionano a voce alta. «Certo che convocare un federale così, dicendolo al mattino, per poi discutere solo di cose organizzative...». Sì, annota un altro, «è strano». Un sospiro. «Era successo solo un'altra volta, a mia memoria. Quando era stato espulso Comencini». Per ora niente purga. di Matteo Pandini

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