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La triste parabola di Fini: Mirabello, un anno dopo

Nel 2010 Gianfranco profetizzava: "Il Pdl è finito". Oggi semmai sembra Fli a non avere futuro. Poi attacchi al Cav e zero porposte

Andrea Tempestini
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Soltanto un anno fa Gianfranco Fini scaldava i motori, e dopo lo strappo definitivo con Silvio Berlusconi aizzava la folla di Mirabello, programmando il voto di fiducia di dicembre che fu la prima sonora sconfitta per Futuro e Libertà. Un anno fa, da Mirabello, sentenziava: "Il Pdl è finito". Oggi, con il Pdl che pur tra le recenti difficoltà è ancora saldo al governo, a sembrare già finita è la breve parabola proprio di Futuro e Libertà. Il Presidente della Camera, nel corso della festa di partito, prova a lanciare quella che chiama la "Fase due"- Obiettivo, "rilanciare i valori della destra, della pulizia, della giustizia". Peccato che questa serie di propositi si riduca nel consueto attacco frontale al governo e a Silvio Berlusconi: idee zero. Attacco al Cav - Al premier Fini imputa di aver indebolito l'identità nazionale: "Ci sono tanti italiani che credono nella loro patria, ma se il vincolo nazionale negli ultimi tempi si è indebolito - tuona dal palco - qualche responsabilità è anche di chi si è comportato in modo da renderlo più fragile". Quindi l'attacco si fa più esplicito: "Nessuno può dire che il governo Berlusconi è causa di quello sfilacciamento, ma l'azione del governo e un certo modo di concepire le istituzioni hanno indebolito la coesione nazionale. Non ha fatto nulla per rafforzare la coesione sociale, anzi favorendo gli egoismi geografici e gli interessi particolari rischia di trasformare l'Italia in un paese dove tutti sono contro ". Contro la Lega - E via con altre bordate. Secondo il presidente della Camera Berlusconi "considera la legalità un impaccio", fino a dimostrare "di avere una strana concezione di quello che deve essere il rapporto tra le istituzioni". Secondo Fini l'esecutivo sarebbe al guinzaglio della Lega Nord, a cui imputa di non aver "saputo valorizzare i momenti unificanti. Il Nord non ha bisogno dell'ampola, delle camicie verdi, della Padania, ma di un governo in grado di governare". Un proclama a cui Gianfranco non dà seguito con delle proposte: da Mirabello, infatti, non ne arrivano. L'illusione - Quindi la ripetizione del mantra: "Il berlusconismo è finito. Non sappiamo quando calerà la tela, ma siamo già alla fine di un regno". Così Fini, e con lui il Terzo Polo, si candida per la guida del Paese. Secondo Gianfranco è il Terzo Polo a tenere alti "i valori del vero centrodestra" che deve guidare il Paese per fare "breccia nel cuore del Paese". Poi cerca anche di difendere la sua derelitta creatura, spiegando che "Futuro e Libertà non è un'espressione virtuale, e sta mettendo radici", e che dovrà diventare "movimento più che partito, perché il suo successo dipenderà non tanto dall'organizzazione ma dalla sua capacità di smuovere idee nuove e spiazzare gli avversari". Ammesso che gli resti il tempo per farlo. "Un passo indietro" - Fini chiede a gran voce la revisione della legge elettorale. Ma la questione è scivolosa, perché il 90% dei sostenitori di Fli di una revisione del cosiddetto 'porcellum' chiedono a Gianfranco un passo indietro dalla presidenza della Camera "per occuparsi di più del partito". Ma da quest'orecchio Fini continua a non sentirci, preferendo sdoppiarsi tra la presidenza di Montecitorio e la guida di Fli con buona pace del ruolo super partes che dovrebbe avere in Parlamento. Gianfranco non ascolta nemmeno Italo Bocchino, che dal triste palco di Mirabello gli chiede di andare "ai comandi" per proseguire "dritti al traguardo". Quale questo traguardo sia, però, resta un mistero.

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