Dario Fo ha visto la Madonna Choc: ha la faccia di Pisapia
Colpo di scena. Fino a tre mesi fa definiva Milano sporca, grigia e caotica. Poi arriva la sinistra. E il giullare scopre il cielo azzurro
Toh, Dario Fo. Me l'ero quasi dimenticato, il nostro premio Nobel, ed eccolo rispuntare sull'Espresso. In verità mi ero quasi dimenticato anche dell'esistenza dell'Espresso ma quando ho saputo che c'era un suo articolo su Milano mi sono precipitato in edicola. Perché ero piuttosto melanconico (sarà la stagione o lo spread, ancora non ho capito) e Dario Fo mi ha sempre fatto ridere. Anche stavolta non mi ha tradito: il lungo articolo annunciato in copertina e stampato da pagina 74 in avanti è francamente ridicolo. A novembre dell'anno scorso, parlando in un circolo Arci a sostegno della candidatura Pisapia, Fo aveva definito Milano “una città grigia, negativa e piena di problemi, a cominciare dallo smog”. Adesso invece pare sia cambiato tutto, in tre mesi il nuovo sindaco sembra aver compiuto più miracoli che la Madonna a Lourdes, perfino il cielo ha cambiato colore. Manca soltanto che il sole cominci a pulsare vorticando all'orizzonte ma è solo questione di tempo, a quel punto Milano potremo ufficialmente chiamarla Milanjugorje. Grazie a un servizio televisivo, Fo si è accorto che in cima a molti palazzi “i proprietari hanno installato piscine a cielo aperto, che proiettano un azzurro intenso gareggiando col cielo”. Strano, io me lo immaginavo nemico dei proprietari di piscine, il commediografo che nel '69 mise in scena un'opera dal titolo accesamente anticonfindustriale: “L'operaio conosce 300 parole, il padrone 1000: per questo lui è il padrone”. Non mi si venga a dire che sono passati più di quarant'anni, che nel '69 era comunista anche Carlo Rossella. La premiata ditta Fo-Rame si è esposta in tal senso anche molto più di recente, nel 2002 se ne sono usciti con una dichiarazione del seguente tenore: “L'esperienza ci insegna che i ricchi sono generalmente spregevoli e pavidi”. Siccome le piscine sugli attici milanesi i poveri non se le possono permettere, e nemmeno il ceto medio, ci vogliono proprio i ricchi pavidi e spregevoli per costruire specchi d'acqua gareggianti col cielo. Che immagine poetica! E che colossale disinquinamento! In pochi mesi lo smog è scomparso e la cappa plumbea è diventata un firmamento stellato. Se davvero Pisapia è così bravo, se veramente dispone di poteri soprannaturali, e visto che in questi giorni si parla di accorpamenti di enti locali, perché non lo facciamo sindaco dell'intera Val Padana? Così niente più nebbia fra Piacenza e Lodi, niente più incidenti dovuti alla visibilità sulle autostrade. Il cielo finalmente limpido potrà di nuovo specchiarsi nel Po... (No, scusate, mi sono fatto prendere la mano, perché il Po ritorni azzurro un Pisapia per quanto prodigioso non basta, ci vogliono entità ancora più potenti, ci vogliono come minimo un Santoro o un Travaglio). Ma l'articolo dell'Espresso non parla solo di piscine. Elogia con spreco di superlativi un'opera intitolata “Ultima cena”. Siccome nel 2010 Dario Fo non la citava (Milano al tempo della Moratti era tutta brutta) si vede che ancora non esisteva: è un dipinto parietale che Pisapia deve avere commissionato quest'estate a un certo Leonardo, un giovane artista toscano che logicamente sarà una scoperta dell'assessore alla cultura Boeri. Sì, l'architetto Boeri che nel 2010 Fo aveva definito “un peracottaro al servizio dei soliti immobiliaristi”. Perché stupirsi? Se Pisapia è capace di cambiare il grigio in azzurro, pensate che non possa trasformare un bieco affarista in un raffinato esteta? Sta di fatto che oggi Milano è “stupenda e sontuosa”. E se non credete a Dario Fo credete ai vostri occhi: l'Espresso ha corredato l'articolo con foto di una Milano così verdeggiante, con navigli così fioriti, con un Lambro così limpido che si penserebbe a un abuso di Photoshop se non sapessimo che è tutto merito del nuovo sindaco taumaturgo. Peccato che giovedì a Milano io ci sia stato di persona. Cosa volete vi dica, in stazione sono stato accolto dagli stessi piccioni dissenterici, in piazza ho trovato le stesse biciclette che per capire come noleggiarle ci vuole una laurea in ingegneria aeronautica, nella cerchia dei navigli ho sofferto lo stesso traffico disperante, sulle cronache locali ho letto degli stessi scippi odiosi. Tutto più o meno come quando c'era lei, Letizia. E il cielo? Anche il cielo secondo me era tale e quale, ovvero grigio, ma come testimone valgo poco, non ho vinto il Nobel e non scrivo articoli buffi sull'Espresso. di Camillo Langone