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Piano delle toghe: "Via il Cav. Poi lo lasceremo tranquillo"

I giudici non sono imparziali, adesso arriva la certificazione. Chiedono le sue dimissioni in cambio di un "minore accertamento"

Andrea Tempestini
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caso di una sua prossima uscita di scena. Non è solo il solito vociare di sottobosco, ne hanno parlato per esempio Rocco Buttiglione e anche Italo Bocchino; poi c'è Massimo Franco, su Il Sole-24 Ore, che ha raccontato di un Pier Ferdinando Casini rimasto freddo all'idea e poi ancora di un Paolo Gentiloni (Pd) che invece sarebbe contrario, per non parlare di gente come Di Pietro eccetera. Anche nel Pdl pare che se ne discuta. Insomma, tutto come se fosse una cosa normale, un'opzione come un'altra. Bocchino, in particolare, ha detto che Berlusconi dovrebbe andarsene e però «tale importante presa di coscienza», parole sue, «andrebbe ricambiata da un atteggiamento della politica non vendicativo, assicurandogli, con forme normative non in contrasto con l'interesse generale, le tutele necessarie a evitare reazioni contro la sua persona e le sue imprese».   Ora: non so se vi rendiate conto di che cosa questo significhi direttamente e indirettamente. Significa ufficializzare che la magistratura perseguita Berlusconi perché fa politica (e da quando fa politica) tanto che se smettesse di farla, appunto, non lo perseguiterebbe più. Significa questo. Una politica che fosse in grado di garantirgli un salvacondotto giudiziario sarebbe una politica che avesse sempre accettato, se non favorito, che un'azione giudiziaria si ponga al servizio della lotta politica. Non è uno scioglilingua, è logica. L'obbligatorietà dell'azione penale e la presuntissima casualità che ha sempre fatto incocciare la magistratura in Berlusconi, in altre parole, corrisponderebbe ufficialmente alla sonora balla che tutti peraltro sanno già essere una balla, anche se non tutti ancora lo ammettono. Bocchino ha parlato della facoltà di «evitare reazioni contro la sua persona», inteso come Berlusconi: ma reazioni a che cosa? Al fatto di essere Berlusconi? Di esserlo stato? Bocchino ha detto che un ritiro di Berlusconi «andrebbe ricambiato da un atteggiamento della politica non vendicativo»: ma vendicativo di che cosa?  Il suo ritiro, poi, andrebbe «ricambiato», dica, all'interno di quale mercato? Non è che siamo scemi, sappiamo bene che altre nazioni hanno concesso «perdoni di Stato» o garantito trattamenti discrezionali a personalità particolari, sappiamo che la giustizia non dovrebbe essere solo una macchinetta che inserisci il reato e sputa la sentenza, sappiamo quel che serve. Ma parleremmo di un «perdono» di che cosa, nel caso? Cioè: questo Paese non è mai riuscito a fare una commissione d'inchiesta su Tangentopoli (nel senso: sul finanziamento illecito della politica) e dal 1993 è stata regolarmente abortita ogni ipotesi di cosiddetta soluzione politica: e si parla di una questione, pure, che ha abbattuto una Repubblica e ha contraddistinto la vita italiana degli ultimi sessant'anni; e adesso, diteci, si vorrebbe imbastire un complicato percorso istituzionale (e legale, e forse costituzionale) per Ruby? Per puttanopoli? Per le inchieste napoletane in cui Berlusconi figura parte lesa? O solo per cercar di sfruttare la probabile nausea di Berlusconi in un momento in cui il Paese è stremato? Il bello è che non stiamo neppure contemplando che Berlusconi, come spesso è stato, possa essere semplicemente innocente. Stiamo impazzendo anche noi. Paolo Gentiloni, secondo Il Sole-24Ore, avrebbe ammesso che «verso un Berlusconi che abbandona la politica ci sarebbe minore accanimento». Interessante, perché questo significa dare per scontato - come una cosa ormai naturale, metereologica - che ci sia comunque un accanimento, e che alla meglio potrebbe essere minore. Gentiloni e chi come lui, cioè, si comportano come se non ci si potesse far niente se non darla vinta alle stesse ragioni, e agli stessi magistrati, che l'accanimento muovono. Secondo i teorici del salvacondotto, poi, certi  magistrati e relativi aedi anti-berlusconiani non aspettano altro che «perdonare» l'uomo grazie al quale hanno costruito le loro carriere. Come no. Senza contare un'ultima questioncina: e cioè che un salvacondotto, per come sono messe le cose, non riuscirebbe in ogni caso. La magistratura, al di là delle semplificazioni propagandistiche di Berlusconi o del centrodestra, non è un partito, non è una cementata banda di comunisti, non è un sol uomo. È composta a sua volta di fazioni, di correnti, di granducati e anche di tanta brava gente. Non c'è corporativismo che potrebbe impedire - anche se il Paese si fosse frattanto arrabattato per costruire salvacondotti e pax sociali - che il millesimo cretino si possa inventare il millesimo procedimento contro Berlusconi. E i giornali, subito, anche se si trattasse dell'ultima delle cazzate, ci monterebbero su il solito casino. Figurarsi se ce ci fosse qualche intercettazioni che parla di cose che sono private, sì, però sai com'è.  di Filippo Facci

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