Sempre più Pd nel caso Penati Ora spunta anche la pistola
Lo scenario si complica. Ipotesi di minaccia a mano armata di Di Caterina all'ex assessore all'Edilizia di Sesto. Ma l'imprenditore smentisce
Più gli inquirenti scavano nel 'caso Penati', più si ha la conferma che quello gestito dall'ex braccio destro di Pierluigi Bersani non si possa semplificare nel 'Sistema Sesto' ma sia un fatto strutturale. La presunte tangenti rosse per le aree ex Falck e Marelli, unite alle ipotesi di corruzione per l'autostrada Milano-Serravalle, in realtà appartengono a un sistema ben più esteso e intricato. Così, i vertici di via Nazareno sono sempre più in difficoltà e il tentativo di chiamarsi fuori rispetto ad un caso che definiscono isolato, non regge affatto. Il Pd inizia a tremare, quasi non riuscisse più a controllare la situazione. L'ultimo tassello che emerge è inquietante: una minaccia a mano armata. Minaccia a mano armata - L'imprenditore Piero di Caterina nonchè il grande accusatore di Filippo Penati nell'inchiesta della Procura di Monza, avrebbe puntato una pistola all'ex assessore all'Edilizia di Sesto San Giovanni, Pasqualino Di Leva. A quanto si apprende, il fatto è stato riferito dal legale di Di Leva l'avvocato Giuseppe Vella, nell'udienza davanti al Tribunale del riesame di Milano. Lo stesso tribunale che dovrà decidere sulla richiesta di scarcerazione presentata dalla difesa dell'ex assessore, finito in cella proprio nell'ambito del presunto giro di tangenti per le aree ex Falck e Marelli. Di Caterina: "Tutto falso"- Di Caterina smentisce in modo categorico ogni accusa: "Io non ho mai minacciato nessuno con la pistola, non è mai successo. Ho un regolare porto d'armi da 30 anni - ha aggiunto il proprietario della Caronte - e ce l'ho per motivi professionali. Queste minacce stanno venendo fuori dopo che Magni ha detto sul giornale si sentirsi intimorito". Non solo, l'imprenditore nel difendersi passa al contrattacco e sostiene che l'accusa sia in realtà una "scentata napoletana" studiata ad arte da chi "si deve mettere al riparo da accuse molto pesanti". "Del resto - conclude Di Caterina - e una persona viene minacciata con la pistola va a denunciare il fatto alla polizia". Le prove della difesa - Eppure la difesa di Di Leva, sostiene la propria linea sulla base di "prove documentali". Oltretutto, secondo il legale, l'episodio della minaccia a mano armata sarebbe anche il motivo dell'avvenuta rottura delle relazioni tra Di Caterina e Di Leva. Cosa che di fatto si è verificata. In sede d'udienza Vella ha anche chiarito la posizione del proprio assistito: "La nostra linea difensiva è fondata su prove documentali, Di Leva non ha mai preso tangenti da chicchessia e confidiamo nella serietà di questo tribunale". La difesa ha chiesto, dunque, che Di Leva venga rimesso in libertà o in subordine agli arresti domiciliari.