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Il botta e risposta tra Giampaolo Pansa e Maria Giovanna Maglie

Il dibattito sul futuro del Cavaliere. C'è chi invoca l'insurrezione, e chi crede ancora in Berlusconi. Voi con chi state? Votate il sondaggio

Andrea Tempestini
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Giampaolo Pansa è stufo e sogna una rivolta contro Silvio Berlusconi e Umberto Bossi. Maria Giovanna Maglie, al contrario, sogna ancora un Cavaliere che si ribelli a questo Paese di m.... Voi con chi state? Partecipate al nostro sondaggio. Mi sono stancato di leggere le paginate dei giornali sulla manovra finanziaria. Tutto mi sembra un pessimo romanzo d'appendice, con colpi di scena spesso incomprensibili. Perché dovrei sprecare il mio tempo? Tanto so come andrà a finire. Sono uno degli italiani che dovranno pagare sempre più tasse, dirette e indirette. E la mia sorte la conosco. È quella di tutti i contribuenti onesti: versare il sangue anche per gli evasori ed essere bastonato sino a quando morirò. La mia condizione di fesso cornuto e mazziato, anzi razziato, ha un unico vantaggio: il poter dire con franchezza che cosa penso di chi ci governa. Comincio dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Ecco un vecchio malridotto, senza più forze, privo della lucidità di un tempo, assediato dalle inchieste giudiziarie, messo in piazza dalle intercettazioni. Adesso che la dieta lo fa dimagrire, sembra ancora di più lo spettro del Cavaliere vincitore. Credo che neppure lui si diverta a guidare il nostro pazzo Paese. Se ne sta lontano da Roma per giorni e giorni. Non si presenta in tivù per spiegare agli italiani come è ridotta la baracca e come ritiene di sistemarla. Del resto, in uno sfogo telefonico, ha confessato che vorrebbe andarsene da questo posto di merda. Il suo alleato, Umberto Bossi, è conciato peggio di lui. Non riesce a parlare con chiarezza. Cammina a fatica e soltanto se qualcuno lo sorregge. Verrebbe da dire che tiene l'anima con i denti. Eppure persiste nello stare arroccato a un potere che si sta sfaldando, anche per la lotta fra due clan che si contendono la sua eredità. La loro coalizione è già andata a gambe all'aria. Lo dico con rammarico perché sul fronte opposto al centro-destra non c'è niente che possa sostituirla. Le sinistre sono divise in più bande con capi che si combattono. Bersani, Di Pietro e Vendola sono dei compagni di coltello e cercano di sopprimersi a vicenda. Anche messi insieme, non sanno come affrontare la crisi italiana. Il loro programma è già stato bocciato da illustri economisti di sinistra. Invece di approfittare della debolezza avversaria, il centro-destra ha pensato bene di tagliarsi la gola da solo per morire in bellezza. Se non fosse così, l'avremmo già visto dare l'unico segno di vita che tanti loro elettori aspettano: togliere la fiducia a Berlusconi e convincerlo od obbligarlo a ritirarsi. Per poi tentare un rilancio con un altro premier e un altro governo. Non sarebbe una rivolta di palazzo, bensì l'unica strada per non perdere il rispetto degli italiani che li hanno votati. POCHI SEGNALI Purtroppo per il centro-destra, non ci sarà nessuna rivolta di palazzo. Qualche segnale sembra arrivare soltanto dalla Lega, dove il ministro Roberto Maroni si dà molto da fare per avere la meglio sul Cerchio magico che imprigiona Bossi. Ma nelle file del Pdl non si vede nulla. E faremo bene a non aspettarci nulla. Il partito sta tirando le cuoia, però i sottocapi del Cavaliere sembrano aver deciso di morire con lui. Il segretario del Pdl, Angelino Alfano, non muoverà un dito. La sua mossa più notevole è stata di un'assurdità folle. Quella di dichiarare che il Cavaliere sarà il leader del centro-destra anche nella consultazione elettorale del 2013. Ad Alfano sembra non importare un piccolo dettaglio anagrafico. Allora Berlusconi avrà la bellezza di 77 anni. E se arrivasse alla fine della legislatura toccherebbe il traguardo degli 82 anni. Ma allora è vero quanto avevano detto la sinistre dopo la nomina di Alfano. Ossia che Silvio aveva messo a guidare il partito un suo replicante o un manichino. Mi domando che cosa ne pensino Fabrizio Cicchitto, Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliariello, per citare soltanto tre big del centro-destra. Li conosco da anni. Non sono degli sciocchi. E sanno che il loro re è nudo. Eppure sembrano paralizzati. Per lealtà verso Berlusconi. O perché sanno che senza di lui il Pdl crollerebbe di colpo, come una castello di carte da gioco.  La crisi del centro-destra è testimoniata anche da qualche novità imbarazzante. L'ultima è di ieri. Intervistato da Repubblica, Giuseppe Pisanu, senatore del Pdl e presidente della Commissione antimafia, ha chiesto a Berlusconi di «fare un passo indietro», ossia di dimettersi. Per favorire l'arrivo di «un governo di larghe intese». Credo di poter dire che non da oggi Pisanu la pensa così. Se ha creduto bene di parlarne con il giornale più avverso a Berlusconi, significa che nel Pdl il clima si è fatto irrespirabile. E la crisi della coalizione moderata è priva di sbocchi. Tuttavia anche Pisanu commette un errore. E mi stupisce che un politico avveduto come lui, già nel vertice della vecchia Democrazia cristiana, non se ne sia accorto. Il fatto è che Pisanu siede in Senato e dirige la Commissione antimafia per nomina del sovrano che vorrebbe cacciato dal trono. Per questo la sua richiesta, legittima e comprensibile, avrebbe avuto un senso se lui, prima di esternarla, si fosse dimesso da Palazzo Madama. Un nominato che si snomina: ecco uno spettacolo che mi piacerebbe vedere. Ma non credo che lo vedrò mai. Da quel che so, parecchi altre eccellenze del Pdl la pensano come Pisanu. Eppure tacciono, per convenienza o per timore. Ma prima o poi la crisi li obbligherà ad uscire dal silenzio che si sono imposti. Anche la manovra che si cerca di approvare non basterà. Presto ce ne vorranno delle altre. E tacere diventerà impossibile. Il governo Berlusconi avrà la forza di imporre agli italiani nuovi sacrifici? Vorrei sbagliarmi, però io credo che non ci riuscirà. Per una debolezza interna sempre più grande. E non per colpa della speculazione internazionale o delle pretese della Banca centrale europea. SOLUZIONE URGENTE Dunque una soluzione va trovata e in fretta. E non credo consista in un nuove elezioni generali. L'assalto dei mercati diventerebbe ancora più feroce. Per evitare questa sciagura, o sperare di attenuarla, occorre una fase intermedia. È quella che in un mio vecchio Bestiario su Libero ho chiamato la fase del governo tecnico. Un esecutivo lontano dagli interessi elettorali che rendono vana ogni riforma. Guidato da una personalità decisa dal Presidente della Repubblica. E composto anche da politici, tanto della maggioranza che dell'opposizione. So bene che sembra un'impresa titanica. Anche perché ha come condizione primaria l'uscita di scena di Berlusconi e di Bossi. Loro faranno di tutto per impedirla. Rispetto al leader leghista, il Cavaliere ha pure un motivo in più per non accettare questa soluzione: le inchieste giudiziarie che lo affliggono e i processi che lo aspettano. Senza lo scudo di Palazzo Chigi, si troverebbe in balìa dei suoi nemici. Ma la crisi che incalza l'Italia ci rende insensibili ai problemi giudiziari e personali di Berlusconi. Per tutti noi i rischi sono enormi. Sappiamo bene che cosa accadrebbe se anche il nostro Stato fallisse come è accaduto in Grecia. LE FRASI DI PISANU Proviamo a immaginare che un certo giorno il governo non riesca a pagare gli stipendi agli statali e i milioni di pensioni che il 27 di ogni mese vengono erogate. Il famoso default di cui tanto si parla è questo: l'impossibilità di onorare gli impegni assunti con chi ha lavorato per te. E c'è uno scenario ancora più orrendo. L'ha evocato Pisanu nell'ultima riga della sua intervista: le piazze in rivolta. Lui non è l'unico a temere questo sbocco crudele della crisi politica e finanziaria. Anch'io ci penso e ne scrivo spesso, per l'esperienza che ho fatto negli anni Settanta o Ottanta. Ma oggi potrebbe andare molto peggio. Da tempo, le fiammate di ribellismo sono frequenti. Tuttavia riguardano soltanto gruppi isolati di antagonisti che per ora vengono tenuti a bada dalle forze dell'ordine. Però non so che cosa accadrebbe se a questi nuclei di violenti si unissero migliaia di cittadini che si ritengono danneggiati dalla gestione della crisi. In quel caso disgraziato, avremmo di fronte non soltanto le piazze dei cosiddetti indignati, bensì un esercito di gente disperata. Che, a torto o a ragione, vuole distruggere il nemico, ossia lo Stato repubblicano. È per questo che scruto con apprensione il futuro del Paese, che è anche il mio e delle persone che amo. Ed è ancora per questo che il rifiuto di Berlusconi e di Bossi a prendere atto che il loro ciclo è finito non risulta soltanto incomprensibile, ma rischia di diventare criminale. di Giampaolo Pansa

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