Alla Juve lo sgarbo Massimo: latita alla prima dello stadio
Bianconeri inaugurano la struttra, invitati tutti i presidenti. Ma Moratti parla di calcio a Sondrio. Il tavolo della pace è un'utopia
Il nuovo stadio della Juve - che ora si chiama “Juventus Stadium” e un giorno chissà - è accogliente come il salotto di casa Marzotto. Ci sono i bar, i ristoranti, il posto per far giocare i bebè, il supermarket, negozi vari, ampi parcheggi, persino il campo da calcio. Oggi un po' di fortunati (41 mila la capienza) avranno l'onore di assistere allo spettacolo dell'inaugurazione e al match amichevole tra bianconeri e Notts County. Prima e dopo la sgambata son previsti gli osanna dei vari Andrea Agnelli, John Elkann e figli della Signora vari (del resto l'occasione per farsi belli è mostruosa). In tribuna il gotha del calcio nazionale: i “poltronissimi” Beretta, Petrucci, Abete, il ct Prandelli, la gran parte dei presidenti di A e B. Tra gli altri, in ordine sparso: Galliani, Lotito, Mezzaroma, Campedelli, Pulvirenti, Cairo, Percassi e via andare. Passano la mano De Laurentiis (impegno lavorativo) e Massimo Moratti. Vien subito da pensar male: Massimo l'interista si dà malato per evitare fischi a profusione nella nuova culla bianconera (scelta lungimirante e condivisibile tra l'altro). Ma la verità è che il n° 1 dei nerazzurri ha già i suoi impegni e nel pomeriggio sarà a Sondrio per partecipare al convegno organizzato dalla Banca Popolare di Sondrio e intitolato: «Il gioco del calcio». Come dire: loro si fanno lo stadio, io mi faccio i fatti miei. «Abbiamo invitato tutti, Moratti compreso ovviamente - dice Claudio Albanese, direttore della comunicazione dei bianconeri - Hanno risposto in massa e ne siamo orgogliosi. Qualcuno avrebbe voluto mandare un delegato, ma abbiamo creato un palchetto esclusivo per i presidenti, quindi o loro o niente». Unica eccezione? «Galliani, ma è semplice capire perché...». E, dunque, siamo alle solite. Alla vigilia del campionato e con l'estate passata a farsi la guerra, bianconeri e nerazzurri proseguono per le loro strade divergenti. Lo scudetto 2006, Calciopoli, la prescrizione, i veleni, le frecciate lanciate da Agnelli a Moratti, le repliche di Moratti ad Agnelli, i ricorsi al Tas, il presunto “tavolo della pace” promosso da Della Valle (che con tutta probabilità sarà apparecchiato quando gli asini voleranno alti nei cieli): la situazione è questa e non migliorerà tra le due società meno amiche della storia del calcio italiano. Così capitan Del Piero: «È una rivoluzione culturale e del mondo calcistico, è un passo delicato, importante e coraggioso». Parla dello stadio, ovviamente. Di mano tese tra bianconerazzurri neanche l'ombra e oggi chissà, forse Moratti ci spiegherà se “il gioco del calcio” è davvero un gioco o invece è una cosa seria. Pure troppo. di Fabrizio Biasin