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Lo piscodramma-Comencini: grasse risate per il suo film

Venezia, la stampa sbeffeggia 'Quando la notte', l'ultimo lavoro della regista: dialoghi innaturali. Lei si difende: "Film di poche parole"

Andrea Tempestini
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Non è andata bene a Cristina Comencini. Quando la notte - secondo italiano a passare in concorso dopo Terraferma - è stato accolto in sala dalle  risate della stampa. Nulla di grave se non si trattasse di un film drammatico: "Evidentemente - protesta la regista - in certi festival non sono accettate le emozioni". Il problema, le fanno notare in conferenza, è  l'innaturalezza di certi dialoghi, la loro letterarietà. Ma anche su questo la Comencini dissente: "E' un film molto silenzioso, fatto di pochissime parole. Abbiamo mantenuto solo due-tre momenti emotivamente  forti. Per il resto abbiamo cercato di oggettivare il romanzo (che ha lo stesso titolo del film ed è sempre della Comencini, ndr) attraverso le immagini". Rapporto con le donne - Scritto insieme a Doriana Leondeff, Quando la notte è la storia di un incontro alle pendici del Monte Rosa, quello tra una giovane madre, Marina, venuta in vacanza col suo bambino, e il suo affittacamere, l'ostico Manfred, tipico carattere da montanaro. Interpretati da Claudia Pandolfi e Filippo Timi, sono due personaggi caratterizzati da molte zone d'ombra: Marina sembra attraversare una tardiva crisi post-parto, alterna momenti di profonda tenerezza con il figlio ad altri in cui vorrebbe non fosse mai nato; dalla sua Manfred ha da sempre un rapporto difficile con le donne: la madre lo ha abbandonato per un amore americano quando lui era piccolo, mentre la moglie lo ha lasciato portandosi via i suoi due bambini. L'esperienza della maternità - "Volevo raccontare l'ambivalenza del rapporto  madre/figlio - spiega la regista - Le donne non ne parlano mai,   preferiscono nascondere sotto il cappello dell'istinto materno le difficoltà. Invece la maternità si paga, ti ruba qualcosa. E nello stesso tempo ti regala un'esperienza unica, l'incontro con l'altro". Le fa eco la Pandolfi (che dà la sua personale spiegazione delle reazioni ilari in sala: "Erano risate isteriche"), da poco   diventata mamma: "E' un'esperienza sconvolgente. Quando ho visto mio figlio per la prima volta mi sono chiesta chi fosse e dove fosse finito tutto il mio istinto materno. E anche io ho avuto momenti in cui mi sono sentita crollare, anche se non sono mai arrivata a fare nulla contro mio figlio". La qual cosa succede invece al suo personaggio: "Non volevo   evocare Cogne - spiega la Comencini - anche se mi sono accorta una   volta finito il film che l'accostamento era legittimo. A me   interessava mettere in luce l'ambivalenza dei sentimenti e la fatica che si fa ad emergere dai propri conflitti". Inizio thriller - Quando la notte non è solo un film sulla maternità, ma anche sul ruolo del padre: "Non ho mai creduto alla bufala dell'uomo che deve aiutare la donna ad accudire il bambino - confessa Comencini - Credo invece che l'uomo debba sapere allontanare   il bambino dalla donna quando serve. Inoltre prima della relazione tra  madre e figlio, ce n'è un'altra che la precede e che mi premeva   analizzare, quella d'amore tra due adulti. Altrettanto problematica". Quando la notte ha un inizio da thriller: c'è uno chalet di montagna isolato, lancette che scoccano, una madre e un bambino chiusi  in una stanza. E il sentimento forte che qualcosa d'inaudito possa succedere da un momento all'altro: "La vita stessa è thrilling - spiega la regista - Il quotidiano è fatto di momenti di angoscia, raffiguarbili con il rintocco delle ore, la pioggia che cade, il   silenzio".

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