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Yara uccisa da un taglierino Nuovi sospetti su Fikri

La 13enne colpita con strumento da muratore: sulle ferite tracce di residui di piastrelle. Tornano i dubbi sul marocchino

Costanza Signorelli
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Svolta choc nell'indagine sulla morte di Yara Gambirasio. Scoperta l'arma del delitto con cui l'assassino ha scavato nella schiena, nel collo e sui polsi della ragazzina di Brembate, sei tagli netti e precisi. Si taratta di una taglierina da muratore, un attrezzo che viene usato soprattutto da chi posa i pavimenti, piastrellisti e pavimentisti. Un arnese sottile e affilatissimo che per sua natura serve per delimitare e ripulire i bordi delle piastrelle, rendendoli netti e puliti quando vengono posate e incollate al pavimento. Ma che in questo caso è stata tragicamente usata per uccidere. Così si spiegano quelle ferite così precise e allo stesso tempo poco profonde. Come riferisce il settimanale Oggi, ad individuare l'arma è stata Cristina Cattaneo, l'anatomopatologa alla quale la Procura di Bergamo ha affidato l'autopsia. E' stato un particolare a scansare ogni dubbio: il medico legale ha scoperto su ogni singola ferita, la presenza di un materiale particolare che poi si è rivelato essere il residuato delle piastrelle quando vengono pulite con la taglierina. Indizi che convergono - Questa nuova scoperta si somma al pusviscolo di cemento rinvenuto sugli abiti e nei bronchi di Yara. Così lo scenario si compone, le piste si riducono e le attenzioni tornano a convergere su quel cantiere di Mapello dove, a tre giorni dalla scomparsa della ragazza, i cani molecolari si erano convintamente diretti, indicando nello specifico un deposito di materiale elettrico. In effetti gli indizi cominciano ad insistente su una sola ipotesi: Yara è stata rapita e trascinata in un cantiere dove ha lottato, si è difesa, è stata sbattuta per terra e ha vissuto tanto da respirare le polveri di quell'ambiente. Il giallo di Fikri - C'è un altro dato che incredibilmente sembra combaciare con lo scenario che si va configurando. La figura del marocchino Fikri. Quel marocchino che, ad una sola settimana dalla scomparsa della regazza, era stato arrestato facendo pensare ad un'imminete chiusura del caso. Ma che pochi giorni dopo è tornato in libertà. Quello stesso marocchino per il quale il Pm Letizia Ruggeri, certa della sua innocenza, non più di tre mesi fa ha chiesto l'archiviazione della posizione. E ancora, quello stesso marocchino di cui hanno intercettato conversazioni telefoniche che lo riferivano come testimone oculare della morte di una ragazzina. Una figura controversa ed enigmatica nel giallo di Brembate ma che ora torna incredibilmente a centrare. Perchè Fikri oltre a lavorare come pavimentista al cantiere di Mapello (faceva i turni di notte), aveva lavorato, sempre per la posa di pavimenti, in un capannone di Chignolo d'Isola, a cento metri dal campo dove il 26 febbraio fu ritrovato il corpo martoriato di Yara.

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