A Padova c'è il bollino-amico: serve a ghettizzare i gay
Così vengono segnalati i locali migliori e più accoglienti per gli omosessuali. Ma con il francobollo si discrimina e non si aiuta
Dall'anno prossimo anche i gay, come gli eterosessuali, da soli o in coppia potranno entrare tranquillamente negli alberghi, nei ristoranti e nei bar di Padova. Non che ora vengano respinti, sia chiaro, ma dal 2012, grazie all'adesivo “Gay friendly” che potrà essere incollato dagli esercenti all'ingresso dei locali, gli omosessuali avranno la certezza che in quegli ambienti si troveranno come a casa loro. Insomma, nei locali “Gay friendly” le persone omosessuali non solo saranno le benvenute, ma anzi in quanto tali verranno trattate con un occhio di riguardo. L'iniziativa, annunciata dalla rappresentante del Consorzio promozione turistica, Etta Andreella, dal palco del “Pride Village” - la festa che da anni l'Arcigay organizza proprio a Padova - ha spaccato in due l'opinione pubblica. Da una parte ci sono le associazioni omosessuali che esultano per un progetto che farà della città patavina la capitale gay d'Italia, dall'altra c'è chi, invece, come l'onorevole Filippo Ascierto, coordinatore provinciale del Pdl, parla di «autoghettizzazione» da parte degli omosessuali. «Con questa iniziativa», spiegas «si escludono da soli dalla società. Se il loro obiettivo è l'uguaglianza con gli eterosessuali un bollino è davvero un controsenso. Essere gay non è un titolo di merito», prosegue Ascierto, «loro sono proprio come tutti gli altri». A Padova, città che vanta numerosi circoli omosessuali, neppure i cittadini più sensibili alle rivendicazioni gay sembrano convinti di questa novità. Molti infatti la definiscono una semplice provocazione, altri si domandano se chi non incollerà questo adesivo verrà poi etichettato come una sorta di nemico degli omosessuali subendo in seguito anche delle ritorsioni da parte di fanatici, magari da parte delle teste calde dei centri sociali che a Padova, da anni, la giunta di sinistra guidata da Flavio Zanonato continua a difendere anche di fronte ai più vili episodi di violenza. In città infuria la polemica anche perché c'è chi è certo che alla base di questa iniziativa non ci sia esclusivamente la rivendicazione dell'orgoglio gay. E a dissipare i pochi dubbi, per assurdo, ci ha pensato lo stesso segretario veneto dell'Arcigay, Alessandro Zan, assessore comunale al Lavoro di Padova, che ha spiegato come questo progetto porterà notevoli benefici economici alla città. In che senso? Nel senso che gay richiama gay e, quindi, tutti i locali faranno il pienone dopo che sarà stata creata una sorta di mappa degli ambienti disposti ad accogliere gli omosessuali. E, in effetti, a sostegno di questa tesi ci sono pure gli economisti i quali sostengono che le coppie omosessuali sono maggiormente portate a spendere e spandere secondo la logica del “doppio stipendio e niente figli”. Ma la maggior parte dei commercianti e dei titolari di locali pubblici di Padova sono scettici, per non dire allibiti. Il presidente provinciale dell'associazione di categoria, Fernando Zilio, si chiede a che cosa serva un'iniziativa del genere. «Non mi pare» afferma, «che ci siano esercenti così retrogradi da fare delle differenze tra omosessuali ed eterosessuali». Il presidente padovano dell'Ascom parla piuttosto di «un'iniziativa di moda». Se sono gli stessi commercianti a sollevare perplessità ci si chiede perché avvelenare il clima con una simile trovata. A Padova sembra che l'amministrazione voglia creare delle intere zone gay, un po' come è accaduto a San Francisco con il quartiere “Castro” - dove la percentuale di omosessuali dichiarati supera il 20 per cento della popolazione - cuore pulsante delle comunità gay di tutto il mondo. Ma classificare gli esercizi commerciali secondo la loro propensione ad avere o meno clienti gay, secondo molti, rimanda in qualche modo al passato, quando in pieno nazismo l'ingresso nei locali pubblici veniva vietato a particolari categorie di persone, tra cui gli omosessuali. Allora era un triangolo rosa ad identificarli e a tenerli lontani dal resto della popolazione perché ritenuti diversi, indegni di mescolarsi al resto della cittadinanza. E allora, quindi, ci si domanda se sia appunto il caso di rievocare quelle tragiche ingiustizie, quelle tragedie immani, con iniziative che invece di unire, come si propongono di fare, di fatto discriminano e basta. di Alessandro Gonzato