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Penati si autosospende da Pd Pm non mollano: in galera

L'ex sindaco di Sesto nei guai fino al collo: "Lascio il partito per evitare imbarazzi". La Procura fa ricorso al Riesame contro il suo mancato arresto

Giulio Bucchi
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Filippo Penati molla il Pd, i pm non  mollano lui. L'ex sindaco di Sesto San Giovanni e braccio destro del segretario nazionale Pierluigi Bersani, coinvolto nell'inchiesta di Monza sulle tantenti rosse nell'ex area Falck ha annunciato il suo addio (temporaneo?) al partito: "Ho deciso di autosospendermi dal Pd e di uscire dal gruppo consiliare regionale. Questo per non creare problemi e imbarazzi al Partito democratico". L'ex vicepresidente del consiglio regionale lombardo ha ribadito la propria "estraneità ai fatti che mi vengono contestati". Fatti e accuse gravi, che non hanno portato all'arresto solo per un cavillo. Tra tangenti e nottate a luci rosse pagate dagli imprenditori amici, il sistema Sesto è stato svelato dai pm in tutte le sue declinazioni. Ecco perché gli stessi pm di Monza Franca Macchia e Walter Mapelli hanno già depositato il ricorso contro il rigetto della richiesta di arresto per Penati e per il suo braccio destro Giordano Vimercati. A quanto si apprende, nell'impugnazione davanti ai giudici del Riesame i pm hanno ritenuto criticabile l'ordinanza del gip Anna Magelli: in particolare, ai pm non va giù la riqualificazione dell'accusa a carico dei due indagati da concorso in concussione a concorso in corruzione. Reato, il secondo, che il gip ha ritenuto provato, ma estinto per prescrizione. I giudici del riesame non si sono ancora riuniti.

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