La sinistra contro il condono: però senza sarebbe già fallita
Schierate le truppe dei moralisti della Cgil e del Pd: fiera opposizione allo scudo fiscale di cui beneficiarono tra il 2002 e il 2004
Ci risiamo. Come accadde nel 2002 alla vigilia del celebre condono tombale varato da Giulio Tremonti, Pier Luigi Bersani e compagnia bella fanno finta di scandalizzarsi e avversare l'ipotesi. Usano anche slogan e parole forti, che all'epoca scapparono a quasi tutti i leader del partito. I toni sono un pizzico più moderati: non si definisce il condono “un favore a corrotti e mafiosi”, una norma “criminale”, ma si annuncia di volere stangare i “condonati” più che i tassati. Anzi, la contromanovra Pd poggia proprio su quello. E l'Unità la accompagna con titoli-slogan contro i “condonati”. Si tratta solo di una gag, di quella politica da teatro che anche in un'occasione assai seria e grave come quella che stanno vivendo i conti pubblici italiani, viene mandata in scena con gran pelo sullo stomaco. Perché in prima fila nel popolo dei condonati ci sono proprio quelli che oggi urlano: Bersani e il suo partito, l'Unità in tutte le sue versioni societarie, compresa quella attuale, e perfino la Cgil grazie alle sue società controllate. Alla tavola del gran condono di Tremonti fra il 2002 e il 2004 si è seduta tutta la sinistra, e viste le cifre in gioco (gli allora democratici di sinistra si sono condonati un problemino da una quindicina di milioni di euro), si può ben dire che gran parte della opposizione attuale sia nata dal condono fiscale. Tremonti lo fece e si prese i fischi, loro a piene mani ne approfittarono. Lo fece l'ex società editrice dell'Unità, l'Arca spa che poi si trasformò in immobiliare. Nella nota integrativa del bilancio 2003 rivelò l'adesione al condono tombale “con un onere complessivo di euro 51.936”. L'anno successivo spiegò che c'erano state “sopravvenienze attive” per 1.664.266 euro “per minori debiti verso erario scaturiti dall'adesione al condono”. Insomma con 52 mila euro si erano risparmiati 1,6 milioni e non è niente male. Aderì al condono anche la Nuova Iniziativa Editoriale spa, attuale società editrice dell'Unità, pagando 38.204 euro e mettendo nella “tomba fiscale” un ingente debito tributario “sia per imposte dirette che per Iva non versata”. Non si spiegò quanto fosse relativo all'una e all'altra imposta, ma è certo che quel condono Iva è stato annullato dalla Corte di Giustizia europea e che la società editrice dell'Unità grazie a una sentenza della Corte Costituzionale di fine luglio scorso potrebbe ora essere inseguita dall'Agenzia delle Entrate come evasore Iva dell'epoca. Il nuovo condono di cui si vociferava in queste ore in Parlamento era pensato proprio per salvare contribuenti sfortunati (maldestri o meno che fossero) come l'editore dell'Unità. Sono decine le altre società controllate direttamente o indirettamente dagli allora Democratici di sinistra che hanno messo una pietra tombale sulle proprie disavventure fiscali grazie all'ultimo condono di Berlusconi e Tremonti. Ci sono le immobiliari che avevano gran parte delle sedi Ds, comprese le controllate territoriali (aderì al condono ad esempio La Reggiana immobiliare) o altre dirette controllate come la Libreria Rinascita di Roma o la Sevar, sempre con sede nella capitale. Il condono è una parola magica in casa della sinistra italiana: non si dice, si insulta pure chi ha l'idea, ma poi di notte tutti lo fanno. Quello fiscale, come quelli di ogni tipo. Il Pd si è messo da parte un bel gruzzoletto (come fecero Ds, Pds, Pci o Ppi e Margherita che ne sono gli eredi storici) grazie ai supercondoni sui manifesti politici. Le società immobiliari non hanno mancato adesione a condono edilizio. È l'iprocrisia che domina a sinistra, non l'avversione a sanatorie utilizzate come carezze in casa propria. E anche chi strepita di più contro quste nefandezze, come il presunto leader del popolo anti-casta, Beppe Grillo, in casa sua non ha mancato l'appuntamento con il doppio condono di Tremonti. La Gestimar, controllata da Grillo insieme al fratello Andrea, aderì al tombale 1997-2001 pagando 2.500 euro. L'anno successivo aderì al prolungamento del condono tombale versando altri 1.369 euro. Beppe, che strepitava contro i “favori agli evasori” fatti con quella legge, nel 2005 insultò la giornalista (Fosca Bincher) che aveva rivelato la storiella: “E' un travestito, non le rispondo”. Poi anni dopo, durante il V-day di Bologna ammise la pecca “per regolarizzare 500 euro”. Più che un Grillo, sarebbe stato un grullo: nessuno pagherebbe quasi 4 mila euro per evitare di versarne 500. Solo che i veri grulli siamo tutti noi che ci siamo bevuti la versione di Grillo... di Franco Bechis