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Occulti Se la manovra raddoppia le imposte: nel decreto più tasse che con Prodi nel 2007

I tributi nascosti valgono 7,4 mld e li pagheranno 35 milioni di italiani. Colpa del patto di stabilità e del via libera all'aumento dell'Irpef locale

Andrea Tempestini
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C'è un'altra stangata fiscale fra le pieghe della manovra d'emergenza varata da Giulio Tremonti. Vale il doppio del contributo di solidarietà (7,4 miliardi di euro  rispetto a 3,8 miliardi) e sarà spalmata su una platea di contribuenti 70 volte superiore (35 milioni rispetto a 500 mila). La stangata bis è contenuta in due articoli della manovra. Il primo ridisegna il patto di stabilità interno puntando a 7,4 miliardi di euro di risparmi. Il secondo libera il blocco delle addizionali Irpef per le Regioni e per i Comuni, che nell'attesa del federalismo fiscale e dell'introduzione dell'Imu potranno raggiungere già nel 2012 i tetti dell'1,4 per cento per le Regioni e dello 0,8 per cento per i Comuni (con la eccezione di Roma che è già allo 0,9 per cento). Il taglio dei trasferimenti unito alla possibilità di alzare le tasse locali è la prova evidente dell'impazzimento della bussola nel centro-destra, perché è evidente che chi ha scritto la manovra sapeva benissimo che avrebbe fatto scattare più tasse praticamente per tutti gli italiani. Nulla di diverso da quello che accadde in modo perfino più ipocrita con la finanziaria 2007 varata dal governo di Romano Prodi, Pier Luigi Bersani e Vincenzo Visco. È  evidente però che chi nel 2008 votò Pdl e Lega Nord tutto si sarebbe atteso meno questa stangata fiscale che risparmia davvero pochissimi contribuenti.Secondo un'inchiesta del Sole 24 Ore di ieri nelle più grandi città italiane si arriverà a mille euro di tasse locali all'anno per famiglia. I contribuenti italiani noti alle Agenzie delle Entrate sono 41,5 milioni. Per ciascuno di loro in media questa manovra produrrà un aumento delle tasse di 269 euro. IL PRECEDENTE Più del doppio di quanto non costò ai contribuenti italiani la manovra di Romano Prodi del 2007, contro cui Silvio Berlusconi portò in piazza due milioni di suoi elettori. Ora come allora a pesare sono soprattutto le aliquote del fisco locale. Con Prodi arrivò da lì la vera stangata sulle buste paga degli italiani senza avere toccato una sola aliquota, ma semplicemente per insipienza tecnica: eliminò deduzioni e le sostituì con le detrazioni, non calcolando l'effetto che ci sarebbe stato sul fisco locale grazie all'allargamento della base imponibile. Questa volta non c'è trucco, ma proprio l'aumento delle aliquote locali a cui comuni e regioni sono evidentemente costretti per fare fronte al terzo consecutivo sostanzioso taglio dei trasferimenti. Pensare di scaricare su loro la responsabilità politica dell'aumento delle tasse è miope, oltre che scorretto: gran parte degli enti locali sono in mano al centro destra, e non i sarebbe quindi gran differenza, e poi la sostanza è che queste nuove tasse vengono dalla manovra del governo. Tagliare sostanziosamente gli stipendi sopra i 90 e i 150 mila euro e andare a togliere qualche decina o centinaia di euro alle buste paga più striminzite grazie alla stretta sugli enti locali ha evidentemente un effetto recessivo che rischia di essere anche superiore a quello dell'aumento di un punto percentuale delle aliquote Iva superiori, troppo frettolosamente scartato. Fra le due peraltro l'Iva è tassa più equa, e si escludono dal ritocco le aliquote sui beni di prima necessità, alla fine aumenta le imposte solo su chi ha deciso di acquistare il bene e ha quindi già una propensione alla spesa. Di tutto questo si sta rendendo finalmente conto Silvio Berlusconi, cui non sono sfuggiti i sondaggi molto negativi su Pdl e maggioranza che l'effetto “più tasse per tutti” ha già prodotto. Il brusco calo dei consensi per ora deriva dall'unica nuova tassa evidente: il contributo di solidarietà sui redditi alti. Riguarda 143.368 contribuenti sopra i 150 mila euro e 368.166 fra 90 e 150 mila euro. Una minoranza, per quanto tutta fatta di opinion leader. DANNO ELETTORALE Ma il solo fatto che si mettesse la nuova tassa su contribuenti onesti e già noti al fisco ha prodotto un effetto a macchia d'olio in tutto l'elettorato di centrodestra: non erano queste le soluzioni di politica economica che si chiedevano a un governo Berlusconi. Quando poi gli abitanti di 14 regioni su 20 scopriranno che cambieranno le loro addizionali già nel 2012 e lo stesso accadrà nel 90 per cento  dei comuni, magari insieme ad aumenti di Tarsu, tariffe dei trasporti locali, addizionali energetiche e altre tasse, il danno per il centro-destra sarà irreparabile. L'unica è ricorrere ai ripari subito, perché il tempo a disposizione è quello di questa settimana in commissione e della prossima in aula del Senato. Via le tasse, che in emergenza possono essere sostituite dall'Iva. E si cominci subito a tagliare, Bossi o non Bossi, la spesa che produce debito: previdenza, assistenza, sanità e pubblico impiego. di Franco Bechis

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