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Nel bunker ancora scontri Del Raìs non c'è traccia

Libia, gli insorti espugnano il covo di Gheddafi ma i lealisti non si arrendono. La Nato: "Il regime si sgretola. Muammar non ci interessa e non sappiamo dove sia"

Andrea Tempestini
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Gheddafi ultimo atto. Gli insorti hanno fatto irruzione e conquistato l'intero complesso di Bab al Aziziya, causando diversi morti. Ma la resistenza dei fedelissimi del Colonnello non è finita: dopo la resa iniziale, i lealisti si sono armati ancora e stanno provando la riscossa. Intorno agli edifici si sono uditi nuovi colpi di mortaio e di armi da fuoco. Da qualche ora i ribelli stavano festeggiando sia all'interno della struttura sia in strada, esplodendo raffiche di mitra in aria e issando il loro vessillo sugli edifici del complesso. Un ruolo decisivo nella presa dell'edificio lo hanno avuto i raid della Coalizione, che aveva sottolineato come l'obiettivo fosse "legittimo poiché uno dei centri di comando militare del regime". Il mistero sulle sorti di Muammar Gheddafi, però, non fa altro che infittirsi, perché di notizie sul suo conto per ora non ne sono trapelate. Pochi minuti prima della presa del bunker, lo stesso Colonnello era tornato a parlare: "Combatterò fino alla fine". Il Raìs nel pieno dell'assedio al bunker, attaccato da ribelli e Nato, aveva lanciato la sua sfida. Raggiunto telefonicamente da fonti russe avrebbe confermato: "Sono a Tripoli, non mi arrendo". Una risposta al Patto Atlantico, che ha detto di non sapere dove sia il Colonnello, e una conferma di quanto detto dal figlio Saif e soprattutto l'ennesima provocazione agli insorti, che vogliono la sua testa per chiudere i conti. Ma di Muammar e dei suoi figli per ora non c'è traccia e i 6 km di tunnel sotterraneo che conducono al mare potrebbero aver offerto una via di fuga. Le opzioni sono svariate: il dittatore potrebbe essere riuscito a riparare in Venezuela, dall'amico Chavez, in Sudafrica oppure più semplicemente sarebbe ancora rifugiato in un altro bunker nella Capitale. Prove di Sharia costituzionale: il dopo-Gheddafi è un rischio / MARIA GIOVANNA MAGLIE Destino Raìs - I ribelli sono convinti che Gheddafi sia ancora a Tripoli o nelle sue vicinanze. Lo ha affermato il portavoce dei rivoltosi, Guma el-Gamaty, in un'intervista alla Bbc. La caccia a Bab al Aziziya, in effetti, per ora non ha prodotto risultati. Per il presidente americano Barack Obama e quello francese Nicolas Sarkozy "la sua caduta è vicina e ineluttabile" e già si discute sul suo destino. I ribelli libici vorrebbero processare il Colonnello in Libia, piuttosto che trasferirlo a L'Aja, dove la Corte Penale Internazionale (Cpi) ha spiccato un mandato di cattura per crimini contro l'umanità. Il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini si era espresso a favore dell'ipotesi che Gheddafi e i suoi figli siano processati all'Aja, pur non escludendo procedimenti in Libia per altri capi di imputazione nazionali. Categorica invece Catherine Aston, rappresentante Ue per la Politica estera: a doversi occupare di Gheddafi è "la giustizia internazionale. E' questa la strada che l'Onu e l'Ue hanno sempre voluto percorrere, quindi è questa la strada da seguire". "Lealisti sgretolati" - Secondo l'ambasciatore del Cnt all'Onu, Ibrahim Dabbashi, la Libia sarà "liberata" nelle prossime 72 ore. "La nostra missione non è conclusa, ma la fine di Gheddafi è vicina", avverte il portavoce della operazione Unified Protector, il colonnello Roland Lavoie. Il Patto però è ancora cauto: "Mentre i libici stanno prendendo il controllo del loro Paese - spiega Lavoie - quel che resta delle forze pro-Gheddafi non dà segno di voler mettere fine alle minacce alla popolazione. Stanno combattendo per mantenere il controllo sulla fascia costiera tra Bishr, a 20 km a ovest di Brega, e Bani Walid, a sud-est di Misurata, e per mantenere libertà di movimento tra Tripoli e Sabha. Ma ormai le truppe lealiste si stanno sgretolando e perdendo punti strategici". La Nato, in "contatto diretto" con i ribelli, ha fatto sapere che non invierà nuove truppe sul terreno visto che la situazione resta "preoccupante e pericolosa, basti ricordare gli attacchi con cecchini e missili contro arre urbane nelle ultime ore". Lavoie però fa sapere che Gheddafi non è tra gli obiettivi militari: "Non sappiamo dove sia". Nelle ultime ore, intanto, Al-Jazeera aveva data per presa dai ribelli anche Ras Lanuf, l'importante porto petrolifero nel Golfo della Sirte. Lo stesso portavoce militare degli insorti Mohammed Zawiwa, però, spiega a France Presse: "Abbiamo superato Bishr e in serata saremo a Ras Lanouf". All'ora di pranzo si era diffusa la notizia della presa di Ageila (al Uqaylah nelle mappe), lontana circa 50 chilometri da Ras Lanuf. Le truppe lealiste, intento, proseguono la ritirata verso Sirte, città natale del colonnello e roccaforte del regime. Capitale assediata - E' a Tripoli, però, che si gioca la parita più importante. Una manciata di ore di tregua, scandite dal rumore degli aerei Nato che pattugliavano la città. La capitale si è risvegliata in una calma tanto irreale quanto effimera. Dopo gli scontri della notte (il Patto Atlantico ha incessantemente bombardato il compound e la città di Sire, da dove nella notte sono partiti tre missili scud intercettati dai caccia), nelle prime ore del mattino le ostilità erano calate di grado, ma intorno alle 11 di martedì mattina la battaglia, furiosa, è ripresa. La televisione al Jazeera ha precisato che violenti scontri hanno scosso il quartiere di Mansoura, vicino alla residenza-bunker del Colonnello. Secondo l'emittente pan-araba, i lealisti sparano con "mortai e armi pesanti". Dopo le 13, ora italiana, i ribelli hanno affermato di aver uditro delle esplosioni all'interno del bunker di Gheddafi, dove si suppone che sia nascosto il Raìs. L'attacco, ha riferito un reporter dell'Afp francese, sarebbe "molto pesante". Sulla sorte del Colonnello - che continua a resistere - non si è comunque sciolto il mistero, ma tutti gli indizi fanno pensare che non abbia mai abbandonato la capitale. Nella notte tra lunedì e martedì è riapparso Saif al Islam, uno dei figli del Raìs di cui i ribelli e la Corte penale internazionale avevano annunciato l'arresto. "Menzogne dall'Occidente" - Nella notte, il figlio Saif si è mostrato ai giornalisti, bollando come "menzogne dell'Occidente" le notizie sulla sua cattura. Saif ha poi spiegato che anche suo padre sta bene e che si trova nella capitale libica, ipotesi confermata in precedenza anche dal Pentagono e dalla Casa Bianca. Il portavoce del regime Moussa Ibrahim ha spiegato che il Colonnello "sta guidando la battaglia". Saif, intervistato da tre giornalisti all'Hotel Rixos, ha poi aggiunto: "Tripoli è sotto il nostro controllo. Il mondo lo sappia. Tutto va bene a Tripoli e abbiamo spezzato la schiena ai ribelli". Le immagini trasmesse dalla Bbc mostravano Said all'interno della cittadella con una t-shirt verde militare, mentre sorridente ed esultante, stringeva le mani a un gruppo di fedeli. Ospedale al collasso - La battaglia di lunedì è stata furiosa, e nulla fa pensare che la situazione possa volgere al meglio nell'arco di poche ore. I feriti sono numerosissimi, e l'ospedale di Tripoli ha dovuto lanciare l'allarme: "Siamo al collasso". Un medico ha poi lanciato un appello: "Chiedo a tutti i libici che possono di venire ad aiutarci - ha spiegato Fatih al Bousnina -, sappiamo che ci sono molti pericoli in strada. Le persone hanno paure, ma dobbiamo sacrificare qualcosa per passare questo momento".

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