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C'è il risveglio del Cavaliere: Silvio cambia la manovra

Berlusconi vuole alleggerire balzello imposto da Bankitalia e incoraggia i liberisti del Pdl. Tra le modifiche il quoziente familiare

Andrea Tempestini
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«Sì, cambio la manovra». La tentazione gli ribolliva dentro già da un po'. Dal 13 agosto, per l'esattezza, giorno del varo della manovra bis. E ieri Silvio Berlusconi è esploso. Ha contattato uno ad uno i suoi consiglieri più stretti e ha dato il grande annuncio. Sarà un comitato ristretto composto da lui, il segretario del Pdl Angelino Alfano e i capigruppo di Camera e Senato, Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri, a riscrivere la manovra. Con buona pace di Giulio Tremonti, che ha solo un'alternativa, per Berlusconi: «Se gli sta bene, è bene. Sennò quella è la porta», ha tagliato corto con chi provava a obiettargli: «Ma Tremonti?». Il Cav vuole passare alla storia come il salvatore della patria,  non come il presidente del Consiglio che ha frugato nelle tasche degli italiani dopo aver cantato per diciassette anni la canzone opposta. E l'idea di essere proprio lui il premier taglieggiatore gli pesava sullo stomaco come un tiramisù avariato. «No, non si può», è sbottato con un ministro del Pdl, «con questa manovra io mi sputtano a vita». Perciò ha deciso di prendere lui il timone e sterzare a  tutta. «Si cambia», ha giurato a tutti quelli che hanno avuto modo di parlare con lui nelle ultime ore ad Arcore, dove il Cav si è rimesso al lavoro dopo una brevissima vacanza in Sardegna, «qui non è blindato proprio niente». Oddio, il premier sa bene che i margini di manovra sono ristretti sotto lo sguardo arcigno di Merkel & Sarko. «Ma qualcosa si può fare», va ripetendo Berlusconi ai suoi interlocutori. E il “caminetto” sulla crisi sarà il suo predellino finanziario. Il colpo d'ala per dimostrare agli italiani che lui non è venuto meno al contratto e che non ha nessuna intenzione di rinnegare la politica di una vita. Perciò, ai suoi ha assicurato di essere già all'opera per tradurre in legge tutte le idee che sono emerse per correggere la manovra bis. Termine che il premier non riesce nemmeno a pronunciare, tanto gli è sgradito. «L'ho fatta in quattro giorni, solo io potevo riuscirci. Cosa vuoi, bisognava stringere la cinghia, ce l'ha chiesto l'Europa», ha detto ieri a uno dei suoi parlamentari più assidui a Palazzo Grazioli, quasi a voler giustificare il drastico giro di vite. «Ma ci sono delle cose che si possono migliorare», su questo il Cav è molto ottimista. «Terremo conto di tutti i suggerimenti che ci sono giunti dalle opposizioni», ha promesso, con particolare riferimento all'introduzione del quoziente familiare proposto dal leader del terzo polo, Pier Ferdinando Casini. Ma il premier non è sordo alle proteste della fronda antitremontiana del Pdl. Anzi, ascolterà anche i liberal del suo partito: «Voi siete quelli nei quali mi riconosco di più», ha confidato a uno di loro. E li ha affidati ad Alfano, che è ancora all'estero. Ma appena rientrerà dalle ferie, già lunedì, incontrerà i frondisti guidati da Antonio Martino e Guido Crosetto, che gli presenteranno un loro pacchetto di modifiche alla manovra aggiuntiva. Il premier non ce l'ha con i ribelli, anzi, dà loro ragione. Soprattutto sulla battaglia contro il contributo di solidarietà. «La supertassa io non la volevo», ha giurato ad alcuni giacobini antitremontiano che ha sentito ieri, «me l'hanno imposta la Banca d'Italia assieme ai sindacati. E anche Confindustria non si è opposta». Quindi, al di là della presa di distanza ufficiale, il Cav non ha nessuna intenzione di punire un'iniziativa che non giudica affatto di rottura. «Anzi, se non fossi il capo del governo, lo farei io tutto il casino che state facendo voi», ha detto Berlusconi a uno dei frondisti, che gli hanno spiegato la bontà delle loro proposte assicurandogli che mai nessuno ha pensato di dividere il partito e di tradire il leader. Il suo ruolo istituzionale gli impedisce di schierarsi apertamente dalla loro parte, ma in sostanza ha promesso che lo farà. Come? Esponendosi in prima persona per la correzione del decreto anti-crisi. «Qui si cambia. A saldi invariati, non tartasseremo in questo modo i contribuenti, attingeremo altrove». Già, ma dove? In cantiere c'è prima di tutto il contributo di solidarietà: da modificare. Il premier sa bene che difficilmente lo potrà sopprimere. Ma alleggerirlo, sì. Con l'introduzione del quoziente familiare, proposto da Casini, per ridurre l'impatto della supertassa. Il comitato ristretto farà sua anche l'idea del leader leghista Umberto Bossi, di spalmare il Tfr mese per mese sulle buste paga. In agenda c'è pure lo scudo bis. Ovvero la tassa dal 7 al 10 per cento sui capitali scudati rientrati o ancora giacenti all'estero. Il “caminetto” dovrà decidere che fine far fare a questa proposta dopo che il ministro delle Attività produttive, Paolo Romani, ha detto che il governo non sta studiando nessuno scudo bis. Alfano, Gasparri e Cicchitto studieranno anche altre opzioni, come la liberalizzazione degli ordini professionali, le privatizzazioni, la cancellazione delle Province sotto i 300mila abitanti (mantenendo le prefetture) e la revisione del taglio di Comuni, per non scatenare la guerra dei sindaci. Berlusconi sta anche facendo pressing su Tremonti per una stretta sulle pensioni di anzianità e la progressiva parità fra donne nel privato, perché vadano tutte in pensione a 65 anni sia nel pubblico che nel privato. «La cosa importante», per il presidente del Consiglio, «è convertire in legge la manovra e farlo nel più breve tempo possibile per dare un segnale all'Europa». E pazienza se i ritocchi non piaceranno al Superministro, che non perde occasione di ricordare come l'Ue abbia dato l'ok al testo del decreto così come è uscito dal Consiglio dei ministri. Berlusconi sapeva bene che ieri era il compleanno del divino Giulio. Ma stoppava così chi gli chiedeva se gli avesse telefonato per fargli gli auguri: «Tremonti non è un mio ministro, è un ministro della Lega». di Barbara Romano

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