Nostalgici Il sogno incendiario di Bersani: ritornare a violenze e scontri di piazza
Il segretario del Pd non presenta nessuna controproposta alla manovra. Vuole solo le dimissioni del Cav e "un autunno caldo"
«Sarà un autunno caldo», dice Pier Luigi Bersani. Infatti lui, per non sudare troppo, si è messo in maniche di camicia un anno fa e da allora non c'è stato verso di fargli infilare una giacca, tanto che alle feste di partito lo scambiano per l'addetto alla griglia. Ieri il capoccia del Pd ha confermato quel che da tempo sospettavamo, cioè che egli avesse rinunciato alla politica per dedicarsi alla meteorologia, uscendone fulminato: «Nel Paese clima pericoloso», era il titolo della sua intervista al Messaggero. E già milioni di vacanzieri scendevano con la mano a sfiorarsi i gioielli, per scacciare la rogna e il diluvio nelle località balneari. Non avevano tutti i torti, poiché il segretario sembra seriamente intenzionato a menare sfiga, non essendo capace d'altro. La carriera di politicante, dicevamo, va male. Di fronte alla manovra dolorosa presentata dal governo il Pd - che pure avrebbe avuto gioco facile - non è riuscito a imbastire uno straccio d'opposizione credibile, tanto che il centrodestra ha dovuto crearsi un'opposizione da sé. Il dibattito sulle tasse è tutto interno alla maggioranza; a discutere, litigare e persino darsele di santa ragione sono soltanto gli esponenti del Pdl e della Lega. La carriera di comico sembrerebbe offire a Bersani qualche soddisfazione in più, almeno da quando ha deciso di dedicarsi a tempo pieno a copiare Maurizio Crozza, diventando l'unico politico che imita il suo imitatore. Di trovate da ridere Pier Luigi ne ha escogitate parecchie. Al Messaggero ha ribadito la sua idea dell'una tantum sui patrimoni scudati. «La facciamo considerevole perché vogliamo usarla per lo sviluppo». Sì, come no, i denari rientrati in Italia protetti dallo scudo fiscale stanno lì ad aspettare che Bersani li vada a prendere. Fallimento come politico, fallimento come comico: c'è da uscirne distrutti. E infatti Pier si è incupito. Pesta i piedi come i bambocci e, non riuscendo a giocare lui, vuol rovinare la partita a tutti. A costo di distruggere la palla e persino il campo, invocando calamità. Smacchiava giaguari, d'un tratto è passato a pettinare gli uccellacci del malaugurio: «C'è in questo momento in Italia una paura, un'incertezza, un disamore e uno scoramento che non ha precedenti», l'ha tirata sul Messaggero. «C'è anche un distacco pericoloso dalla politica e dalle istituzioni: temo che questo dato sia largamente sottovalutato. La temperatura è molto più alta di quel che comunemente si pensi». La giornalista era allibita: non parlerà mica di un autunno caldo anche per l'ordine pubblico? E lui: «Non lo so, basta una scintilla perché queste cose possano certamente sfociare in ribellismi». Fanno così gli avvoltoi: aspettano che le belve stronchino la preda svolazzando in cerchio. Quando la vittima è inoffensiva, calano a godere di quel che resta. La zoologia bersaniana è meno tragica: l'avvoltoio della specie piacentina tutt'al più sorvola le sagre e s'avventa sul tortellino indifeso. Incapace di scalzare Silvio anche dopo una manovra che più impopolare non si può, il capo del Pd sogna la rivolta popolare. Proprio lui, che con quelle manichette arrotolate al massimo può rivoltare una salsiccia sul barbecue. Infatti, in conclusione di intervista, sfodera la citazione evangelica (per difendere le “feste laiche” del 25 aprile e 1 maggio): «Non di solo pane vive l'uomo». Già, serve anche po' di luganega, se no alle sagre di cui sopra non ci va nessuno. Fortuna che non lo prendono sul serio, altrimenti ci sarebbe da preoccuparsi che a sinistra sorgano strane idee. Che volete dire a uno così? Bersani, per Dio, va bene rifiutare la giacca, ma stia attento ai colpi di sole, si metta almeno un cappello. Anche se, considerando il livello, in testa sarebbe più appropriato lo scolapasta. di Franceso Borgonovo