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Snaturati Se Bossi svuota l'essenza leghista Meglio pescare da ceto medio che da pensioni

Il Senatùr preferisce tagliare fondi ai Comuni e mettere le mani nelle tasche degli italiani che toccare la previdenza

Costanza Signorelli
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È vero che già una volta Bossi scelse le pensioni per scaricare il primo governo Berlusconi. Era il '94. Ma è altrettanto vero che lo fece perché i rapporti con l'alleato non erano dei migliori e con gran fiuto il Senatur cavalcò la questione previdenziale così da aprirsi un varco a sinistra, cioè con coloro che poi divennero occasionali compagni di strada. La famosa frase di D'Alema sulla Lega costola della sinistra partiva proprio  dal rifiuto lumbard di votare quella riforma. Non più come prima - Oggi però le condizioni sono assolutamente diverse. Intanto per il leader leghista Berlusconi è un alleato ancora importante (forse troppo, mugugna la base lumbard). In secondo luogo, allora non si trattò di scegliere tra la difesa del Nord e le pensioni, mentre oggi sta accadendo questo: il Capo di via Bellerio non vuole sentire ragioni, si può mungere il ceto medio padano con una super tassa, si possono tagliare i bilanci comunali, ma giù le mani dai pensionati. Qualcuno dice che il leone di Gemonio si sia commosso per le parole di un vecchio (anche d'età) militante il quale una sera recente gli avrebbe raccontato la durezza della vita in fabbrica. "Ti do la mia parola che le pensioni non si toccheranno", gli rispose Bossi. E da lì non si è più mosso. È innegabile che su alcune categorie di lavoratori non si può insistere, ma chiudere sul nascere la discussione su una riforma che rischia di essere non più rinviabile potrebbe mettere la Lega fuori gioco e col cerino in mano. A meno che Bossi non voglia proprio questo, cioè provocare una crisi di governo su un tema popolare (ma a questo punto sarebbe stato meglio dire no all'Eurotassa 2, perché lì dentro c'è gran parte dell'elettorato padano e di centrodestra).Se il racconto sull'anziano corrisponde a verità va riconosciuta a Bossi una dimensione umana di cui spesso i politici sono privi. Tuttavia questo non basta. La riforma delle pensioni diventa quanto mai necessaria anche a prescindere dalla delicatezza del momento. Prova ne fu il coraggio con cui l'allora ministro del Welfare Roberto Maroni affrontò la questione varando quello "scalone" poi cancellato dal governo Prodi per puro calcolo elettorale, essendo quella maggioranza composta anche da due partiti comunisti (Rifondazione e Comunisti Italiani, tra l'altro contrari anche alla Legge Biagi) e da un altro partito affine quali erano i Verdi. Quello scalone era sacrosanto allora ed è urgente adesso, sebbene con tutte le eccezioni del caso nell'elencazione dei lavori usuranti. Questione di consenso? - È noto che toccare le pensioni significa agitare le acque del consenso, però la questione del consenso mi sembra abbondantemente scavalcata dagli effetti di questa manovra. Già, perché tutto va letto in questa cornice: mettere le mani nelle tasche del ceto medio si può, drenare ulteriori risorse agli enti locali idem, allungare l'età pensionabile no. Quello resta un tabù. Va bene, però ci spieghino due effetti collegati. Il primo: qualcuno sta pensando che con l'assetto previdenziale attuale i giovani di oggi rischiano di trovarsi senza pensione domani? I giovani infatti sono doppiamente esposti: sono più deboli dei loro padri sul fronte occupazionale e lo sono anche sul fronte pensionistico perché le casse previdenziali sono al limite e perché i tanto strombazzati fondi previdenziali privati sono in balia dei terremoti borsistici, nelle cui curve di andamento abbiamo infilato i nostri tfr perché così ci avevano esortato un po' tutti. Ne vogliamo parlare una volta per sempre? Ce lo vogliamo mettere in testa che la politica tutta (centrodestra e centrosinistra) difetta di coraggio e di visione rispetto al futuro dei giovani? Altrimenti è inutile parlare di pensioni in futuro: gli schei finiranno. È vero, toccare le pensioni non è popolare però va spiegato che questo sacrificio è fondamentale per dare un appoggio solido ai figli e ai nipoti, soggetti - lo ripeto - assai esposti alle intemperie della globalizzazione e, quindi, di un welfare bello ma impossibile da reggere a lungo. A maggior ragione se la ripresa economica tarda a venire. Scelte sconvenienti - Difendere l'attuale età pensionabile e consentire (come accade nella manovra attuale) incisivi tagli ai comuni e alle regioni significa dare con la sinistra e togliere con la destra, perché gli enti da qualche parte i soldi li dovranno prendere e li prenderanno ritoccando le tariffe locali o compensando con altre tasse regionali. Col risultato che, come direbbe mia nonna, la pensione s'accorcia. Se il governo e l'attuale maggioranza decideranno di tirar dritto su questa strada, alcune scelte si riveleranno di corto respiro tanto più se la classe politica riuscirà nel gioco di prestigio di salvare se stessa dai tagli che la riguardano. Bossi ha una sfida da portare a compimento: è la difesa del nord. La scelta di attardarsi sui nodi strutturali di questo Paese rischia di fare un favore a quei furbi contro cui agli inizi degli anni Novanta aveva puntato l'indice: gli evasori, la casta, i clientes dell'assistenzialismo, i nemici delle piccole imprese. Non dobbiamo certo essere noi a ricordare al Senatur la sua storia, vogliamo soltanto che non la rinneghi. Tagliare le gambe all'economia del Nord, levare ossigeno ai Comuni e alle Regioni per salvare il totem dell'età pensionabile significa far camminare il Carroccio contromano. Conviene? di Gianluigi Paragone

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