InPiazza Pronta la rivolta di tutti i tartassati: manifestazione dei commercianti del Nord
Il corteo il 12 settembre. La rabbia delle partite Iva: misure eccessive, crollano i consumi. Anche i commercialisti sul piede di guerra
Dagli oggi e dagli domani, la misura è colma. E va a finire che le categorie che storicamente hanno appoggiato il governo di centrodestra parlino di eccesso di controlli, di balzelli che si sommano a balzelli e di riforme annunciate da una vita e che anche questa volta non sono arrivate. Chi sono? I commercianti, gli artigiani e i piccoli esercizi, soprattutto del Nord, ma con sfumature diverse pure i professionisti, a partire dai commercialisti per arrivare, con diverse gradazioni, agli architetti e agli avvocati. Nel mirino? La soglia del trasferimento del contante che passa da 5 mila a 2.500 euro rischiando di soffocare le transazioni commerciali. L'inasprimento delle sanzioni (si arriva fino alla chiusura dell'attività) per chi non emette lo scontrino o la fattura. La stretta sugli studi di settore. E poi: i tagli, «davvero eccessivi», agli enti locali che si trasformeranno per forza di cose in nuove tasse e il cosiddetto contributo di solidarietà. Il concetto è semplice: si tratta di misure recessive e se ai consumi, già in crisi di loro, non si dà una bella spinta, allora la situazione precipita. Fino ad arrivare alla piazza, quella annunciata da Alberto Marchiori (presidente di Confcommercio International e Confcommercio Pordenone) per il 12 settembre contro la manovra: «Il premier dice che non ha mai messo le mani in tasca agli italiani. È falso, perché Tremonti lo fa da tempo. Ora potrebbe addirittura alzare le aliquote (l'Irpef sugli autonomi comunque dovrebbe essere salva ndr) ma prima ha sempre alzato gli imponibili. In più continuano ancora oggi ad aumentare le ispezioni di Guardia di Finanza e Agenzia delle Entare nelle piccole aziende. E di esempi ne avrei a iosa». Prego. «Un nostro associato in una zona di montagna ha preso migliaia di euro di multa perché si era fatto sostituire per qualche ora alla gestione del bar. Ma lo sa cos'era successo? Aveva avuto un piccolo incidente ed era andato a farsi medicare. Le sembra possibile? Beh, insomma... A questo punto non ci resta che scendere in piazza. Mi auguro che alla manifestazione del 12 aderisca un gran numero di sindaci, lavoratori e pensionati oltre che le partite Iva che noi rappresentiamo». DI MALE IN PEGGIO E c'è chi la vede ancor più nera di quanto possa sembrare: «Non ho parole per commentare questa manovra - spiega Mario Pozza, presidente Confartigianato Treviso - Mi ha impressionato vedere la conferenza stampa di Tremonti. La sensazione è che nemmeno loro sappiano come faranno a raggiungere i 45 miliardi di cui si parla». Beh c'è un decreto... «Certo, ma se si sommano tutte le voci dei tagli si raggiungono 30 miliardi di gettito. E gli altri 15 dove li trovano?». Tasse? «Appunto, saranno 15 miliardi di ulteriori tasse. Paradossalmente sarebbe stata preferibile una patrimoniale. Una botta secca al posto di questi continui prelievi». Lei cosa avrebbe fatto? «Guardi, in Veneto chiuderanno i battenti solo due Comuni, io non capisco perché non hanno accorpato tutti quelli sotto 5mila abitanti. Poi io avrei spinto per le macroregioni. Se noi le spingi adesso quando ne avrai più la possibilità?». Per la serie, si poteva fare di più. Interrogativo lecito ripreso anche dal segretario generale di Confartigianato, Cesare Fumagalli: «Sulla previdenza, per esempio, ancora una volta ha prevalso la logica di evitare lo scontro, ma è lì che ci sono maggiori margini di azione. Noi comunque vigileremo in sede parlamentare sull'annunciata revisione degli studi di settore. Sono degli indicatori di ricavo e non un'eventuale fonte di nuove entrate. Solo Visco li aveva considerati come tali». Più o meno lo stesso concetto espresso dal presidente di Rete Imprese Italia, Ivan Malavasi (Casartigiani, Cna, Confartigianato, Confcommercio e Confesercenti): «Non vorremmo che pure la revisione degli studi di settore finisse per mascherare l'aumento della pressione fiscale, contraddicendo così la loro natura di indicatori di ricavi». E I PROFESSIONISTI? Tra le voci della manovra rimaste nel vago fino all'ultimo rientra la cosiddetta deregulation delle professioni. Di cosa si tratta? Per esempio dell'obbligo di retribuire i tirocinanti. «Va sicuramente nella giusta direzione - sottolinea Giuseppe Sileci, il presidenza dell'Aiga (l'associazione dei giovani avvocati). Così come giudico positivamente il dispositivo sulla formazione costante previsto nel decreto». Mentre ha fatto discutere, e molto, la presunta cancellazione dell'esame di Stato per i commercialisti. C'era, poi non più e domani chissà? «L'esame non è una barriera al lavoro - sottolinea Giorgio Sganga, segretario del consiglio dell'ordine dei commercialisti - Oggi i commercialisti in Italia sono dieci volte quelli che ci sono in Francia… E poi lei, se vuole, la dichiarazione dei redditi può farsela anche da solo, mica deve per forza andare da un professionista?». Reazioni? «Aspettiamo di leggere il decreto, poi decideremo se sarà il caso di mobilitarci». Anche perché albo o non albo, la sensazione è che manchino le riforme: «Oltre allo sforzo che viene chiesto al Paese, quello che emerge è la mancanza di una mano tesa allo sviluppo delle nostre professioni, manca un progetto per il futuro. Parlo di minore burocrazia, defiscalizzazioni per incentivare l'internazionalizzazione e quant'altro. Di questo passo rischiamo di perdere la sfida della competizione globale», conclude Leopoldo Freyrie, il presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti. di Claudio Antonelli e Tobia De Stefano