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Asilo, ci sono solo gli stranieri Lega: "Siamo noi discriminati"

A Montecchio Maggiore italiani vanno in strutture private e gli immigrati sono 100% degli iscritti: addio all'integrazione

Andrea Tempestini
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La società multiculturale sarà anche bella, colorata e variegata. Peccato che escluda gli italiani, a cominciare dai più piccoli, cioè fin dall'asilo, frequentato soltanto da bambini stranieri. Accade alle scuole d'infanzia nel Comune di Montecchio Maggiore, nel Vicentino, dove la percentuale dei bambini stranieri va dal 95,65% della 1A della scuola Andersen fino al 100% della 1B della Piaget. Alla primaria, la tendenza alla scomparsa degli italiani è appena meno accentuata. Gli stranieri al primo anno sono di media il 62,8%; si va dal 52,63% della 1B al 61,11% della 1C, fino al 70,83% della 1A e al 66,66% della 1D. Cause demografiche a parte, il dato non indica soltanto la prevalenza di immigrati sulla popolazione autoctona, ma che i veneti ormai scelgono prevalentemente altri circuiti per l'educazione dei propri figli. Perdersi in dispute politiche sulle classi ponte o le classi ghetto non porta a risultati concreti. È l'urgenza di sfuggire a una discriminazione a spingere alla fuga verso asili e scuole private, magari pagando una retta superiore alle tariffe comunali, dato che, insieme alle imposte, servono ormai più che altro a destinare «cospicue risorse economiche per finanziare percorsi di alfabetizzazione e integrazione dei bambini stranieri, con contributi nell'ordine di 40mila euro l'anno», come spiega il sindaco leghista Milena Cecchetto. Non basterebbero tutte le casse municipali a risolvere il problema dell'integrazione, visto che ormai si va verso la separazione totale delle comunità. «È necessario fare di più per garantire la piena efficacia dell'azione pedagogica ed educativa della scuola» e l'obiettivo deve essere quello di «offrire ai bambini di Montecchio Maggiore una scuola di qualità, secondo una tradizione veneta che si vuole mantenere viva», continua la Cecchetto. In pratica, non si sa se l'italiano sarà la lingua principale delle attività pedagogiche. Non le resta che chiedere l'intervento della Regione e della dirigenza scolastica veneta. Lancia un Sos perché «anche quest'anno non riusciremo a rispettare il limite del 30% di alunni non italiani per classe. Ma ciò che maggiormente ci preoccupa è che rischiamo di non riuscire a far partire il lento e difficoltoso processo di integrazione delle comunità straniere fondato sulla crescita culturale e sociale delle giovani generazioni attraverso la scuola». In una lettera inviata all'assessore regionale all'istruzione Elena Donazzan e alla dirigenza degli Uffici Scolastici, il primo cittadino indica tre possibili interventi: l'istituzione di una ulteriore sezione, la garanzia di continuità didattica con insegnanti di ruolo, la nomina di una dirigenza centralizzata per risparmiare. Per quanto riguarda il futuro, non è difficile prevedere un clima di convivenza difficile fra persone che non hanno avuto l'opportunità di frequentare le stesse aule e di giocare insieme. Ovunque le minoranze si illudono di essere maggioranze, la situazione diviene esplosiva. di Andrea Morigi

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