Anche la crisi può far miracoli Nuovi contatti tra Cav e Fini
Dopo un anno di gelo i due leader si sono ammorbiditi: le colombe lavorano per un incontro. E Granata pensa a Di Pietro
L'anno scorso, a Villa Certosa, Silvio Berlusconi giocava a freccette con la foto di Gianfranco Fini. Metaforicamente. Il presidente della Camera era il male assoluto, secondo il Cavaliere, l'uomo che gli aveva prosciugato la maggioranza più forte della storia repubblicana. Il premier sedeva al pianoforte e riadattava canzoni per sfottere l'ex alleato, quando era in buona. Quando gli girava storto, lo malediceva insultandolo. Ma era l'anno scorso e dodici mesi in politica sono un'era geologica. Nel frattempo il quadro è stato completamente stravolto dalla crisi economica planetaria. Domanda: è possibile che Berlusconi e Fini, mettendo da parte il disprezzo reciproco, tornino a parlarsi? C'è qualcuno che ci crede. E che sta lavorando per un riavvicinamento, con l'obiettivo di un incontro. Magari vestito dell'ufficialità del caso, trattandosi di due cariche istituzionali, ma pur sempre un faccia a faccia. Il tutto nel nome dell'«interesse nazionale» e in ossequio ai moniti del Quirinale. Ma anche in funzione delle reciproche convenienze politiche. Gianfranco ha provato a buttare giù il governo con la mozione di sfiducia (respinta) del 14 dicembre scorso. Si è accomodato all'opposizione, ha stipulato un'alleanza difensiva con Casini e Rutelli. È evaporato. Silvio ha rimesso in piedi la maggioranza con la terza gamba, ma non se la passa molto meglio. Basta un deputato con la luna storta e tutto rischia di andare a rotoli. Il Cavaliere ha perso la passione per la politica, medita di mollare, ha indicato Angelino Alfano proprio allo scopo di organizzare bene il giorno in cui leverà le tende. Fini ha preso molto sul serio la nomina del segretario del Pdl. Tanto che Italo Bocchino coltiva assidue relazioni con l'ex Guardasigilli. E con lui e altri esponenti del Pdl il numero due di Fli starebbe lavorando all'ipotesi del riavvicinamento, accelerata dalle aperture di Casini al governo. Sono 15 anni che Fini aspetta il “dopo Berlusconi” e ora che sta prendendo forma non intende farsi fregare sulla linea del traguardo da Pier. Se ne riparlerà al rientro, in vacanza Gianfranco non vuole rotture di balle, si sa. A settembre c'è Mirabello e Fli ci arriva bella spompata: base demotivata, deputati con la valigia. Fuggi-fuggi. Il leader potrebbe rilanciare rievocando lo spirito originario della scissione, quello di una destra sostenitrice critica del governo. La crisi internazionale è un alibi coi fiocchi, la marcia indietro potrebbe essere presentata come un passo avanti verso la responsabilità. Certo, Fini si perderebbe gente come Granata (in fuga verso l'Idv), ma pazienza: si può fare a meno della frangia anti-berlusconiana. Silvio? «In questo momento difficile bisogna parlare con tutti», ripete ai suoi, non si possono sbattere porte in faccia a nessuno. Neanche al peggior nemico. Oltretutto, pochi giorni fa, Berlusconi è rimasto colpito dall'atteggiamento collaborativo del presidente della Camera: il premier doveva riferire a Montecitorio sulla crisi economica e Letta ha chiamato diverse volte per posticipare il discorso. Prima alle 15, poi alle 17, infine alle 18: «Venite quando volete, non c'è problema», la risposta accomodante di Gianfranco. Tanto che, a fine seduta, il Cavaliere ha sentito il dovere di stringergli la mano per ringraziarlo della disponibilità. E oggi il premier rientra a Roma per incontrare le parti sociali. Berlusconi sacrifica le ferie in nome della centralità politica ritrovata: «Mi assumo io la responsabilità di ogni decisione». Il Cavaliere vigila sui contenuti delle misure aggiuntive, che non saranno pronte prima del 20 agosto (slitta il consiglio dei ministri). «Nessuna patrimoniale», giura Silvio, «è finito il tempo delle deleghe in bianco a Tremonti». di Salvatore Dama