Fido? Diventa un consumatore Spot per cani come per i bimbi
Messaggi ad alta frequenze per gli amici a quattro zampe. Per gli animali si usano le tecniche che convincono i bambini
Attualmente un cane può: indossare abiti firmati; ereditare ville, gioielli, aziende e squadre di calcio (indimenticabile Gunther, pastore tedesco divenuto proprietario del Pisa nel 2002); ascoltare musica nella propria cuccia hi-tech costruita su misura; alloggiare in hotel con massaggiatore e chef personale; andare dallo psicologo (sì, esiste anche questo); passeggiare su spiagge riservate sorseggiando bevande esotiche dalla ciotola-calice; andare dall'estetista o dal parrucchiere; diventare una star del cinema; allenarsi in palestra con un personal trainer; e perfino frequentare una scuola di buone maniere. Da oggi, potrà anche sedersi in poltrona a guardare la televisione. Il vostro cane lo fa già? Ok, ma adesso vi ruberà il telecomando per decidere il programma da vedere. Anzi, la pubblicità. La Beneful, divisione della Nestlé Purina Pet Care , ha infatti lanciato in Germania uno spot con suoni udibili solo da Fido, capaci di richiamare davanti allo schermo anche il più pigro dei cani. E mentre lui sbava sul tappeto per l'acquolina, il padrone finisce col cedere di fronte alle immagini di affiatamento tra l'attore peloso e l'ammiccante papà umano. A prima vista è una pubblicità come tante, con il cucciolone impegnato in corse e giochi con il proprietario, interrotti solo da una cascata di carne al rallentatore (tecnica utilizzata anche negli spot per gli umani) dal dubbio gusto. Tutto normale, se non fosse che qui e lì si percepisce vagamente un suono acuto, quasi fuori posto. Non occorre chiamare il tecnico della tv, quel segnale è il linguaggio dei cani. Ma sarà davvero così? I pubblicitari hanno imparato la lingua dei nostri amici a quattro zampe? «Si tratta piuttosto di una trovata pubblicitaria», risponde Massimo Perla, il più famoso addestratore italiano di cani-attori (non viceversa) per il cinema. «In entrambi gli spot ci sono suoni che incuriosiscono il cane perché non li conosce. E quando non conosce un suono, l'animale cerca di direzionare le sue antenne, le orecchie, nel tentativo di ascoltare meglio. Non c'è alcun fondamento scientifico, se avessero utilizzato un pupazzetto avrebbero ottenuto lo stesso risultato». I padroni però potrebbero cadere nella “trappola”. «Non c'è dubbio. Il padrone potrebbe osservare il comportamento dell'animale e pensare: “Toh, guarda che coincidenza. Vuol dire che gli piace”. Tuttavia, non credo possa influire in maniera determinante nella scelta del cibo da acquistare. I proprietari sono molto attenti. Se comprano la Purina è perché è un'azienda seria, non perché “parla” con i cani». La “novità” pubblicitaria proposta dalla società non è una novità. Qualche anno fa, in Inghilterra, la Naturia realizzò il primo spot radiofonico per cani. Fu un successo sia in termini di immagine che di ricavi. Al grido di “Noi capiamo i cani”, in un solo mese aumentarono le vendite del 28%. Ecco come funzionava: ogni volta che lo speaker pronunciava il nome dell'azienda, veniva mandato in corrispondenza un segnale acustico a una frequenza udibile solo ai cani. In pratica, alla parola “Naturia” gli animali drizzavano le orecchie e si avvicinavano alla radio. Una reazione interpretata dai padroni come garanzia di qualità del prodotto. In realtà il gioco si reggeva sulla variazione di frequenza. Una sorta di messaggio subliminale per i cani. Del resto, senza scendere nel campo del complottismo, nel 2007 la tecnica fu utilizzata anche per i cuccioli di uomo. Alcune aziende utilizzarono infatti il “teen buzz”, una frequenza udibile solo ai ragazzini, per le reclame. Memorabile in questo senso fu la “mosquito ring”, suoneria a 22kHz che simulava il ronzio di una zanzara. Potevano sentirlo solo gli studenti, o almeno gli under 30. La causa è la presbiacusia, il degradamento dell'apparato uditivo che porta alla perdita delle alte frequenze (i suoni acuti) dai 25 anni in poi. Non è una malattia, capita a tutti. Grazie a questo fenomeno c'è chi è anche diventato ricco: Howard Stapleton. Nel 2006 ha brevettato un repellente per giovani utilizzato prima dall'aeroporto di Newport, in Australia, e poi da proprietari di ville stanchi di vandali e writers. Per sbarazzarsi dei ragazzi viene installato un ripetitore che produce un fischio a 75db (il motore di un jet è a 140) che costringe gli sbarbatelli a scappare. Una trovata geniale che gli è valso il premio dell'università di Harward per le invenzioni improbabili. Il nome è tutto un programma: igNobel. di Salvatore Garzillo