Fumetti polticamente corretti Spiderman diventa omo-ragno
La Marvel lancia la nuova versione del supereroe: via Peter Parker, dentro il mulatto Miles Morales (Obama?). Con tendenze gay
Hanno ucciso l'Uomo Ragno, cantavano gli 883, e avevano visto giusto, ma non è stata la mala o l'industria del caffè a farlo fuori, ma uno dei suoi storici avversari, il Green Goblin. Del resto da quando la piaga epocale del politicamente corretto è dilagata anche nei fumetti, i supereroi di un tempo, uomini d'acciaio, dotati di superpoteri invincibili e la cui morte era inconcepibile, sono diventati dei super-sfigati e hanno più acciacchi di Geremia, immortale personaggio del gruppo TNT di Alan Ford che passa il tempo a lamentarsi dei suoi dolori veri o immaginari. Così Superman è già morto, Batman si è spezzato la schiena contro Bane (un supercattivo tossico che sarà il suo antagonista anche nel prossimo episodio della trasposizione cinematografica, The Dark Night Rises del regista Christopher Nolan) e Spiderman è stato liquidato da Goblin. Ma gli autori di fumetti, con le loro sensibili antenne alle tendenze della cultura popolare, stanno approfittando dell'ecatombe per sostituire ai vecchi supereroi, tutti bianchi, bellini, con la mascella squadrata e il bicipite in tensione, un'ondata di radical dal dna multiculturale. E così uscito di scena il timido ma palliduccio Peter Parker, che tra l'altro, essendo un orfano originario del quartiere con folto insediamento della comunità nera del Queens, e tiranneggiato dal militaresco J. Jonah Jameson, direttore del Daily Bugle, aveva già un profilo da Democrat molto liberal, la Marvel Comics ha deciso di far indossare il costume di Spiderman a Miles Morales, un ragazzino mezzo nero e mezzo ispanico. Il nuovo Uomo Ragno meticcio è appena entrato in azione, due giorni fa, nell'albo numero 4 della miniserie Ultimate Fallout, assomiglia dannatamente a Obama ma ha l'aria triste di un messicano cui sia andato di traverso il burrito. Bisogna chiarire che la serie Ultimate è distinta da quella tradizionale di Spiderman, dove Peter Parker continua a essere il titolare del costume reticolato rossoblù e a scalare i grattacieli di Manhattan. In questo modo la Marvel Comics ha adesso nel suo arsenale due Spiderman, uno per il pubblico bianco e l'altro per il pubblico latinoamericano e nero, che non s'incontrano mai pur lanciando le loro ragnatele a pochi isolati di distanza l'uno dall'altro. Una separazione netta che sembra una plastica rappresentazione del tramonto del sogno della fusione delle culture, diventato una banale diversificazione dell'offerta in base al colore di pelle della clientela. Non solo, ci sarebbe anche la variante adatta ai gusti sessuali. Al quotidiano inglese Daily Mail, gli autori del nuovo Spiderman hanno infatti detto: «In futuro potrebbe essere gay». La furbata del supereroe etnico, comunque, è di antica data. Addirittura negli anni '60, quando ruggiva il movimento politico delle Black Panthers che lottavano per i diritti civili degli afroamericani oltre che per un modaiolo marxismo afro-chic, la stessa Marvel Comics lanciò il personaggio di Black Panther, che anzi fu creato dai leggendari autori Stan Lee e Jack Kirby un po' prima dell'affermarsi sulla scena politica del movimento omonimo. Black Panther era un colosso in calzamaglia nera con un cappuccio da felino, dietro il quale si nascondeva Sua Maestà il Re di Wakanda (un immaginario stato africano) venuto nell'America corrotta e consumistica a raddrizzare i torti collaborando con Capitan America. Poi, sarà stato un complotto della destra razzista, Capitan America è ancora in circolazione, vivo e vegeto con la sua terrificante tutina a stelle e strisce, mentre Sua Maestà di Wakanda, soprattutto con la fine degli anni '70 e l'avvento del reaganismo, è gradualmente ritornato nell'ombra fitta della sua giungla africana, con sporadici ritorni come guest-star negli albi di supereroi di origini severamente anglosassoni come Dare Devil, dove già è tanto se lo fanno partecipare alle azioni e i nemici non tentano di sopraffarlo con una palla da basket esplosiva. Anche la Dc Comics, storica rivale della Marvel e autrice di Superman, negli anni '70 diede alla luce un supereroe nero, Black Lightning, anche lui finito rapidamente in ruoli da comprimario. E lo stesso Superman, dopo essere stato ucciso dalla creatura chiamata Doomsday, è resuscitato in quattro incarnazioni diverse, una delle quali in un fiammante costume nero, che ha preso il posto dell'ormai datato mantello rosso e calzamaglia azzurra. Speriamo che questa nuova negritudine, razziale o puramente richiamata dal costume, porti a Superman e Spiderman una sorte migliore di quella toccata a Black Lightning e Black Panther. Non vorremmo dover vedere la splendida, formosa e per adesso ancora bianca Wonder Woman, organizzare una spedizione nell'Africa nera stile esploratore ottocentesco alle sorgenti del Congo, alla ricerca di Clark Kent e Peter Parker, improvvisamente sedotti dai ritmi tribali. di Giordano Tedoldi