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Libero svela le magagne Pd, Bersani ci vuole querelare

La minaccia: "No alle macchine del fango. Noi come la 'ndrangheta? Facciamo una class action" / BECHIS / SCAGLIA

Giulio Bucchi
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Pier Luigi Bersani vuol querelare Libero, colpevole di raccontare le magagne di Penati, delle coop e del Pd. Il segretario democratico, coinvolto indirettamente nell'inchiesta monzese sulle tangenti rosse, alza la voce in conferenza stampa a Montecitorio: "Lo dico alle macchine del fango che iniziano a girare: se sperano di intimorirci si sbagliano di grosso". Una minaccia rivolta alla stampa, ma abbastanza ben mirata. "Le critiche le accettiamo - sottolinea Bersani - le aggressioni no, le calunnie no, il fango no. Da oggi iniziano a partire le querele e le richieste di danni. Sto facendo studiare la possibilità di fare una class action". Le macchine del fango, per tradizione a sinistra, sono Libero e Il Giornale. Non certo il Corriere della Sera, che sulla vicenda Penati e i misteri delle coop rosse è in prima linea (salvo poi mascherare il tutto con titoli lunari oppure rinviando le paginate alle sezioni interne, ben nascoste). Pd, la questione immorale: impone il pizzo pure ai suoi / BECHIS Le coop al servizio di Penati. Così lavoravano gli "agenti" / SCAGLIA "Come la 'ndrangheta' - Non a caso, il riferimento a Libero arriva subito: la class action da parte degli iscritti al Pd è dovuta al fatto che "essendo il partito una proprietà indivisa, se viene paragonato alla 'ndrangheta, ebbene in questo c'è un insulto a ciascuno dei suoi componenti". Si tratta, per inciso, di una 'citazione' dell'articolo di Franco Bechis in edicola oggi, mercoledì 27 luglio, in cui si accusa il Pd di imporre il "pizzo" ai propri lottizzati nelle aziende pubbliche. In un altro articolo, invece, quello di Andrea Scaglia, si svelano le "strategie aggressive" delle coop a Sesto San Giovanni e non solo. La lettera al Fatto - La rappresaglia non risparmia nemmeno il Fatto Quotidiano, che non ha risparmiato una bella paginata sui rapporti tra lo stesso Bersani e l'imprenditore Marcellino Gavio, al centro degli appalti della Milano-Serravalle e degli intrecci con la Provincia diretta all'epoca da Filippo Penati. In una lettera diretta al quotidiano di Antonio Padellaro, il segretario del Pd avverte: "Si intende forse alludere a una combine poco chiara o addirittura a illeciti che mi coinvolgerebbero? Se è così (e lo dico in tutte le direzioni!) si illustri chiaro e tondo qual è la tesi e si abbia il coraggio di affrontare una sonora querela". L'autocritica - Bersani se la prende con le macchine dal fango, ma di fronte all'evidenza non può esimersi dall'autocritica. Per esempio, sul pasticcio del caso Tedesco: "Credo che in questa vicenda ci siano stati degli errori". Errori a monte e precisamente nell'arrivo del senatore pugliese a Palazzo Madama. Bersani dice di non aver avuto "nessuna responsabilità, anche se questa cosa viene attribuita a me". Salvo poi rivendicare la coerenza del partito, perché "noi siamo andati alla Camera e al Senato a chiedere l'arresto" di Papa e dello stesso Tedesco. "Questa cosa non può passare in cavalleria". Affondo sul governo - Non manca la voglia di punzecchiare il governo e piazzare sotto le scarpe di Berlusconi una buccia di banana. Si inizia da Giulio Tremonti e dalle parole del suo ex consigliere Marco Milanese. "C'è un silenzio tombale su una vicenda che meriterebbe un'attenzione alta. Pongo io la domanda: se questa è una cosa pensabile da parte di un ministro delle Finanze e dell'Economia". Se Tremonti tace, Bersani parla eccome. "Su Tremonti aspetto anche io spiegazioni come tutti, non so se devo prendere per buono quello che dice Milanese". Dimissioni per Giulio? "Ne abbiamo messi in fila tanti, ora c'è una mozione di sfiducia individuale pendente contro il ministro Romano. E allora dico che abbiamo un punto di fondo che si chiama governo". Eccolo qua. Il segretario se la prende ancora coi giornali: "Neanche un editorialino?" sulla vicenda Tremonti-Milanese. Quindi tende la trappola a Berlusconi: "Non è più tempo di guerre guerreggiate tra maggioranza e opposizione, è tempo di prendere decisioni di fondo. Chi nella destra comincia a percepire l'insostenibilità della cosa, la Lega o altri, crei le condizioni per andare al Quirinale". Il succo è: c'è crisi, arrivano tempi bui, meglio cambiare. "Abbiamo bisogno di aria fresca e la strada maestra è andare rapidamente a votare o trovare soluzioni che rompano la continuità e diano il segno che si apre una fase nuova". E pazienza per i sei mesi di vuoto assoluto.

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