Amici, mazzette, conti esteri Sistema-Penati a Sesto
Il leader Pd in Lombardia e numero 2 del segretario indagato per corruzione: 2 milioni di euro in tangenti tra 2001 e 2010 / SCAGLIA
Cominciamo col dire che indagato non non significa condannato e nemmeno imputato - premessa non di maniera. E comunque la vicenda che coinvolge un esponente di livello del Partito Democratico come Filippo Penati - vicepresidente del Consiglio regionale lombardo e capo della segreteria politica di Bersani, nonché ex presidente della Provincia di Milano e, ancor prima, sindaco di Sesto San Giovanni - ecco, questa storia sa di deja vu, riporta alla mente atmosfere da inizio Novanta. Perché - stando alle ipotesi dei pm - intorno al politico si sarebbero mossi colleghi e funzionari complici, e poi mazzette, e conti esteri, e imprenditori che alla fine vuotano il sacco. E anche i reati: corruzione, concussione, finanziamento illecito dei partiti. In una parola: Tangentopoli. Solo due decenni dopo. L'indagine è all'inizio. Anche se dalla Procura brianzola filtra la convinzione di avere già in mano elementi solidi - «testimonianze e riscontri». Gran parte della faccenda ruota intorno alle grandi aree dismesse di Sesto San Giovanni - la ex Falck, un milione di metri quadrati a formare la più grande superficie industriale dismessa d'Europa, e la ex Ercole Marelli, che arriva a 460mila. Per semplificare: Penati, anche quando non era più sindaco della Stalingrado d'Italia (ultimo mandato chiuso nel 2001), avrebbe incassato denaro facendo leva sulla possibilità d'influenzare le decisioni riguardanti le aree stesse - tipo concessioni edilizie o modifiche dei criteri urbanistici. Un “sistema” che avrebbe funzionato per quasi un decennio, dal 2001 al 2010. E che gli avrebbe permesso di raccogliere almeno due milioni di euro. L'inchiesta - letteralmente esplosa ieri, con le perquisizioni disposte dal sostituto procuratore Walter Mapelli anche in Consiglio regionale - è partita lo scorso anno dallo sfogo dell'imprenditore Giuseppe Parisi, che una decina di anni fa era proprietario di entrambe le aree - nel 2007 s'era candidato per il centrodestra a sindaco di Sesto, perdendo. S'è presentato agli inquirenti milanesi, Parisi, quelli che indagano sui pasticci legati all'area di Santa Giulia. E ha sostenuto d'essere «vittima di soprusi da parte di alcune amministrazioni locali». Il fascicolo è poi passato per competenza a Monza. Dove hanno verificato le dichiarazioni, convocato persone informate sui fatti, acquisito documenti. Per esempio perquisendo la società Caronte srl, di proprietà di Piero Di Caterina - anch'egli indagato - e molto attiva nel settore del trasporto pubblico - autobus, più che altro. Società che, a Sesto, per molto tempo aveva lavorato in armonia con l'amministrazione, invece protagonista negli ultimi anni di clamorosi strappi. In ogni caso, l'ipotesi d'accusa parla di tangenti anche in relazione alla gestione del Servizio Integrato Trasporti Area Milanese. Hanno poi lavorato di rogatorie, i pm. Per risalire a conti bancari e operazioni estero su estero, società di comodo intestate a prestanome che sarebbero servite per raccogliere i soldi delle tangenti. Poi utilizzati per finanziare le attività dell'area politica facente capo allo stesso Penati - di qui l'accusa di finanziamento illecito. E gli sconquassi son già cominciati, nella località-simbolo del progressismo lombardo - Sesto San Giovanni, per l'appunto. Fra la quindicina d'indagati figura anche l'assessore comunale con delega ai rapporti con aziende e società partecipate, Pasqualino Di Leva, che s'è dimesso. E l'avviso l'ha ricevuto pure Giordano Vimercati, ex capo di gabinetto della Provincia di Milano e braccio destro dello stesso Penati. E poi funzionari, e professionisti titolari di molti appalti comunali. E rappresentanti di cooperative edilizie. Prudenti i commenti. Da destra e da sinistra si rimarca la presunzione d'innocenza - solo l'Idv ha chiesto a Penati «un passo indietro». Lui stesso si dice «sereno, ringrazio il partito per il sostegno. Non ho nulla da temere, tutto verrà chiarito». di Andrea Scaglia