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Guzzini: virus nei mercati Ue "Pessimismo è la vera causa"

Intrevista all'amministratore di FinLabo, esperto di economia e finanza. Analisi sulla crisi: cause e possibili soluzioni

Costanza Signorelli
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Il terremoto in Borsa, gli allarmi delle agenzie di rating, la crisi economica, le agitazioni del mercato e le paure dei risparmiatori. Da qualche giorno tv e giornali non parlano d'altro, ma cosa sta succedendo davvero? Lo abbiamo chiesto ad Alessandro Guzzini esperto di economia e finanza e amministratore di FinLabo. Dr Guzzini ci spieghi cosa sta accadendo? Sui mercati finanziari da giorni sembra di rivivere la situazione del 2008. Un'improvvisa crisi di fiducia si sta propagando, come un virus incontrollabile tra i paesi periferici europei. E dopo aver colpito Grecia, Irlanda e Portogallo, il virus inizia attaccare anche l'Italia. Sono momenti drammatici e sui media ormai si moltiplicano gli appelli a varare quanto prima misure di austerity, le uniche che secondo i commentatori sarebbero in grado di arginare la crisi esistente. Ma siamo sicuri che sia questo il problema e soprattutto la soluzione? Se si osservano i casi che ci hanno proceduto non si direbbe proprio. Di fatto Grecia, Irlanda e Portogallo hanno avviato già da due anni dei piani di tagli alla spesa e di aumento di tasse, eppure la situazione debitoria ed economica invece di migliorare continua a peggiorare. Ma perché succede questo? La spiegazione è molto semplice: le manovre attuate hanno un effetto recessivo sull'economia, e hanno provocato pertanto una diminuzione dell'entrate fiscali ed una contemporanea riduzione del PIL, che è poi il fattore chiave che determina la solvibilità di un paese. Paradossalmente manovre nate per ridurre l'indebitamento ed il rapporto debito/PIL hanno sortito l'effetto opposto. Qual è allora la causa del problema e soprattutto quale potrebbe essere la soluzione? Il problema, il virus che sta contagiando l'unione europea ha una causa ben precisa che risale ai meccanismi monetari dell'Eurozona. I paesi membri dell'UE hanno infatti perso con l'ingresso nell'area la capacità di effettuare svalutazioni competitive e di battere moneta. Anche i loro titoli di stato hanno perso lo stato di "safe haven" ovvero di attività priva di rischio: infatti non essendoci più un compratore di ultima istanza, come la banca centrale, sono in balia degli umori degli investitori. E' palese infatti che gli investitori che vogliono comprare un asset privo di rischio devono rivolgersi verso i bund tedeschi o al limite verso titoli tripla A come le obbligazioni emesse dall'Austria o dall'Olanda. Tutte le altre obbligazioni sono percepite come rischiose, e di conseguenza sono costrette a pagare un livello di tassi di gran lunga superiore a quello tedesco. A quel punto cosa accade? Il risultato ultimo di questo meccanismo è che quando un paese entra in questo vortice, il pessimismo si autoalimenta, l'aumento degli spread comporta un aumento del costo del debito e di conseguenza del deficit, oltre che un peggioramento del costo di finanziamento dell'intero sistema e di conseguenza una forte contrazione del credito disponibile. In una parola, un "credit crunch". Cosa occorre fare quindi per spezzare questo circolo vizioso? Come ho detto in precedenza le cause di questa crisi sono Europee e la soluzione pertanto va trovata a livello europeo.  Il primo punto importante è quello di restituire al debito pubblico lo stato di asset privo di rischio: solo in questo in modo infatti si può spezzare il circolo vizioso che rende insostenibile il debito pubblico e provoca il blocco dell'economia attraverso il meccanismo di credit crunch. Cosa altro si potrebbe fare? Occorrerebbe una politica monetaria molto più espansiva: tra i principali blocchi sviluppati l'Europa è infatti quello che mostra un minor tasso di crescita ed un più alto tasso di disoccupazione e una maggiore integrazione a livello politico, economico e fiscale. E' evidente a tutti che il progetto di unione europea si è fermato ad uno stato quasi embrionale e che tante potrebbero essere le sinergie ottenibili da una maggiore integrazione.

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