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Ora è Bersani a imitare Crozza Gli ruba pure tutte le battute

Paradossi: il comico è diventato paroliere del politico. Metamorfosi del segretario che va in giro dicendo "devo dare risposte al mondo"

Rosa Sirico
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Una volta la madre di Giulio Andreotti telefonò al figlio tutta infuriata: «Ma come t'è venuto in mente di andare a cantare alla televisione?». Il Divo faticò non poco per convincere l'anziana genitrice che l'Andreotti canterino visto in tv non era lui bensì Alighiero Noschese, pioniere della satira politica. Da allora, gli imitatori sono diventati ancora più bravi: aspetto, voce, tic, modi di dire. Quelli più bravi vanno oltre la maschera, trasformandosi nel vip che impersonano. Sono diventati talmente bravi, gli imitatori, che ormai sono i politici a fare loro il verso. Prendete Maurizio Crozza. Dopo le prove generali andate in scena un paio d'anni fa con l'imitazione del Veltroni in versione segretario del Pd (finita con un notevole successo e col Walter medesimo a civettare il «ma anche» ad ogni pie' sospinto), adesso il ciclo si compie con Pier Luigi Bersani. Che, da qualche tempo a questa parte, pare aver preso eccessivo gusto a scimmiottare le battute del comico. Andiamo con ordine. Qualche mese fa, Crozza tira fuori dal cilindro il segretario del Pd: prominente pelata, maniche della camicia arrotolate, vocione dalla marcata inflessione emiliana da Peppone senza baffi, eloquio lento e solenne. E poi le metafore, vero punto forte dell'operazione. Mischiando tra pragmatismo padano, saggezza contadina, reminiscenze folk e una buona dose di inventiva, il campionario di metafore di Bersani (esempi: «Questo ddl è come se mettessero il sale nel caffè»; «Tifando Paraguay non si mangia mica, né si fa il federalismo»; «Prima c'è lo spartito e poi il suonatore. Non è che uno si porta appresso il suo programma» e via suggestionando) offre parecchi spunti. Che Crozza coglie al volo, trasformando in tormentone il glossario di Bersani. Lo schema è fisso e prevede a)  sguardo in camera; b) allocuzione «Oh, ragassi»; c) metafora vera e propria. Che spazia da «siam mica qui a smacchiare i giaguari» a «siam mica qui a mettere la crema da barba nei Ringo». Internet fa il resto del lavoro e il tormentone è pronto. Tormentone che, e qui iniziano i dolori, fa la prima vittima al Nazareno. Perché Bersani - a differenza dei colleghi di centrodestra che durante il prologo di Ballarò sembrano sempre fare la gara a chi tiene meglio il broncio - intuisce quanto renda in termini di consenso fare buon viso al gioco irriverente di Crozza. Il problema è che non basta intuirlo: il tormentone, a Bersani, piace talmente tanto da adottarlo lui stesso. La prima volta - febbraio scorso - gli scappa per caso: parlando ad un'assemblea del Pd, il segretario butta lì un «mica possiamo andare in giro con una scarpa e una ciabatta» che innesca più di una risata in platea. E precipita ulteriormente le cose. Da lì in poi, Bersani piazza l'imitazione di Crozza ogniqualvolta se ne palesi l'opportunità. Caso Ruby: «Mica possiamo prendere l'acqua col cucchiaino quando la buttano via a secchi». Campagna elettorale per le Amministrative: «Siam mica qui a tagliare i bordi ai toast» (segue foto con giovani militanti brandenti apposita t-shirt bersanian-crozziana). Il 27 maggio c'è anche la carrambata: Crozza e Bersani fianco a fianco sul palco del Teatro nazionale di Milano per lo storico duetto (Crozza: «Oh ragassi, siam mica qui a fare la ceretta allo yeti». Bersani: «Oh ragassi, siam mica qui a rompere le noci a Cip e Ciop»). Fino all'apoteosi: 30 maggio, dopo la vittoria ai ballottaggi di Napoli, Milano e Cagliari. Bersani sale sul palco al Pantheon, agguanta il microfono e scandisce: «Abbiamo smacchiato il giaguaro!». La piazza viene giù (l'indomani, parlando degli incombenti referendum, Bersani rincarerà spiegando che «dobbiamo togliere un'altra macchia al giaguaro»). Seguirà - e siamo a un paio di settimane fa - intervista per dire che l'imitazione di Crozza «mi diverte» (si era intuito) e  che «la metafora è una delle forme retoriche più democratiche che possano esistere». Ancora ieri, su Repubblica il leader del Pd si dice impaziente di far «trovare risposte per vedere al mondo che in Italia si può invertire la rotta». Sperare che Bersani esca dal tunnel appare irrealistico, lanciato com'è nell'operazione simpatia. L'unica è sperare in Crozza. Che sa, come sanno i comici, che la linea rossa tra tormentone e stracco refrain è quanto di più sottile esista in natura e che i personaggi, specie quelli riusciti, vanno preservati ad ogni costo dall'inflazione. Impresa già difficile di suo, ma impossibile se c'è uno che ti frega tutte le battute. di Marco Gorra

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