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Province come la Grecia: fallite, vivono per le banche

Sono ancora in piedi per pagare gli istituti. Deficit di oltre 11 miliardi, e accumulano 500 milioni l'anno di 'debiti sul debito'

Andrea Tempestini
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C'è questo dato che, al di là delle inchieste giornalistiche e le piccate repliche istituzionali e i «facile parlare più difficile farlo», ecco, c'è questo numero che spiega più di mille parole quanto sia necessario interrompere al più presto un intollerabile spreco istituzionalizzato. Emerge dallo studio dell'associazione Trecentosessanta, che ha analizzato i bilanci consuntivi di tutte le Province italiane. E niente: se oggi stesso le Province smettessero di operare, così, di colpo - e dunque niente più stipendi né auto blu né affitti o bollette e neanche i costi dei servizi erogati, niente di niente  -, ecco, se così succedesse, costerebbero ugualmente alla collettività oltre mezzo miliardo di euro all'anno. Per la precisione: 522 milioni 351mila 649 euro. Un milione e 431mila euro al giorno. Perché a tanto ammonta la spesa totale per interessi passivi, vale a dire i soldi che gli enti pagano alle banche per i debiti contratti. Debiti che complessivamente, a tutto il 2008, hanno raggiunto l'impressionante cifra di 11.558.700.801 euro (più di  undici miliardi e mezzo). «Ma allora cos'è, le Province sono come la Grecia?» potrebbe paradossalmente azzardare qualcuno, paragonando (impropriamente) le difficoltà debitorie. Ora, ovvio che ai passivi bancari delle Province contribuiscano anche le spese d'investimento, certo non assimilabili ai debiti improduttivi. Resta il fatto che, in tempi di crisi grave, faremmo volentieri a meno dell'indebitamento  di un livello amministrativo che, nel nostro Paese, va ad aggiungersi ad altri quattro o cinque  - in Italia si eleggono i rappresentanti comunali (nelle città anche circoscrizionali) e poi quelli regionali e nazionali ed europei. Dice: ma quelli provinciali sono davvero necessari? Risposta: no. Tra l'altro, codesto fardello debitorio diventa fonte di altri ricaschi amministrativamente nefasti. Qualche giorno fa, su questo giornale, Francesco Specchia ricordava come le Province,  per alleggerire  il peso dei passivi di bilancio, si siano buttate sui “derivati”, strumenti che in sostanza permettono di dilazionare contabilmente l'incidenza del deficit, a fronte però di un esponenziale aumento di rischio nel caso non si riuscisse a far fronte agli impegni. Sono 113 i contratti di questo tipo sottoscritti da enti provinciali, per un capitale nozionale di 3 miliardi e 53 milioni di euro. Una bomba finanziaria potenzialmente letale. Peraltro, le Province non si fermano  ai debiti in chiaro: ci sono quelli fuori bilancio - le spese occulte e soprattutto i contenziosi, che non compaiono a chiusura d'esercizio e però poi saltano fuori. A fine 2009 la Corte dei Conti ne ha fatto una ricognizione. Per quanto riguarda gli enti provinciali, le regioni dove se ne registrano di più «sono la Calabria (4 Province con complessivi 9,273 milioni di euro), la Campania (4 Province, 7,068 milioni di euro), il Molise (2 Province per 5,743 milioni di euro), il Lazo (2 Province, 5,677 milioni di euro), la Sicilia (9 Province, 5,253 milioni) e l'Abruzzo (4 Province, 3,841 milioni di euro). Questo è l'andazzo. Esempio a caso: dei circa cinque milioni di debiti fuori bilancio riconosciuti nel settembre scorso dal Consiglio provinciale di Salerno, due milioni e mezzo vedevano come creditore l'Enel, e riguardavano il pagamento di energia elettrica per il  2008-2009. Come dire: bollette fuori bilancio. E tanto per sostanziare il paragone con la Grecia - paradossale, ripetiamo, ma non del tutto campato per aria -, c'è da ricordare come di recente l'agenzia di rating Moody's abbia messo sotto osservazione anche i conti di alcune Province italiane, per vedere se confermare la loro valutazione o diminuirla - si tratta delle autonome Trento e Bolzano, Arezzo, Bologna, Firenze, Genova, Milano e Torino. Attenzione, non significa che queste siano quelle meno virtuose  - Milano, per esempio, totalizza un rating al di sopra del livello nazionale, e un eventuale declassamento, che comunque non c'è stato, la manterrebbe su standard comunque accettabili. Ma tant'è: resta il fatto che le Province sono un ente quantomeno superfluo. E chi s'oppone alla loro abolizione  non  venga poi a sbraitare che è contro gli «sprechi della politica» e «basta con la casta» e «a noi non interessano le poltrone». E se qualcuno scorge qualche lontano riferimento ai partiti tutti, Lega in primis, ecco: è proprio così. di Andrea Scaglia

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