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Napoli, dopo 40 anni c'è il tifo De Magistris che fa? Tace

Emergenza rifiuti, si rivede l'epidemia. I pm convocano dei tecnici per valutare qualità dell'aria. Silenzio del sindaco / Rinaldi

Andrea Tempestini
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Lo scenario non è quello di una popolazione costretta ad indossare maschere anti-gas come se ci si trovasse nella Tel Aviv sotto minaccia iraniana o nella Londra di Churchill pressata dall'incubo del dittatore germanico. Almeno non ancora. Ma, a giudicare dal nuovo filone di indagine inaugurato dalla Procura di Napoli, la paradossale ed iperbolica immagine la si può intravedere in filigrana. Oggi c'è l'aria di Napoli a dover rispondere di qualcosa: e dovrà darla, una risposta, al super-perito nominato dagli inquirenti che indagano sull'«epidemia colposa» causata dall'omissione di pratiche a tutela della pubblica salute all'interno del disastro dei rifiuti giacenti in strada. Parliamo dell'inchiesta che ha coinvolto il governatore Stefano Caldoro, secondo l'accusa primo responsabile della permanenza della spazzatura nelle vie. Se a ciò si aggiunge anche il caso di “tifo murino” - il primo da 40 anni a questa parte -  che ha colpito una persona la scorsa settimana, ecco che la faccenda si fa (o appare) più complicata. Sia l'aria napoletana che la patologia tifoidea rappresentano il nuovo “reparto” su cui si sta concentrando l'attenzione del pool reati contro la pubblica amministrazione. Forse perché a Napoli non esistono centraline per la misurazione dell'inquinamento dell'aria, i magistrati hanno deciso di nominare un perito di fama (ancora ignoto il nome) per capire se vi siano contaminazioni da germi patogeni o altre sostanze e, soprattutto, se esista un nesso causale con l'immondizia: che, a ieri, ancora era nell'ordine di oltre 1.500 tonnellate. Su questo “dettaglio”, come sulla vicenda dell'infezione da tifo, non si registrano particolari prese di posizione da parte del sindaco De Magistris: l'eco dei 5 giorni necessari per pulire la città risuona ancora forte -appunto - nell'aria. Al luminare dell'epidemiologia sarà affiancato un medico legale. Come tutto ciò sarà tradotto nella pratica induce al ricordo di immagini-tipo dell'epopea napoletana: l'aria di Napoli venduta in boccette ai turisti, agli emigranti o alcuni film con Totò. Sta di fatto che l'input dalla procura è partito e, pertanto, si dovrà accertare se l'aria, opportunamente catturata in appositi contenitori, contenga microbi e germi vari pericolosi per la salute. Il progetto è sperimentale, nel senso che l'aria incapsulata e analizzata sarà prodotta come prova nell'eventuale dibattimento una volta chiuse le indagini. Intento nobile, la cui logica potrebbe in teoria interessare qualunque angolo della città: dalle bancarelle abusive lungo via Marina dove vendono copricerchi per auto provenienti -nella migliore delle ipotesi - dalla Cina agli sfasciacarrozze diffusi in giro, dai piccoli agglomerati “umani” sotto i ponti di San Giovanni e Poggioreale alle officine meccaniche e alle carrozzerie lungo corso Secondigliano. Chi, tra loro, non diffonde in aria potenziali agenti patogeni? Si vedrà. Quanto al caso di tifo balzato agli onori della cronaca, la cartella clinica del paziente sarebbe stata acquisita dalla procura. Ma cos'è il tifo murino? Non è il tifo o la febbre tifoidea cui siamo abituati a pensare: si tratta di una forma, relativamente lieve, della stessa malattia e si può anche chiamare “tifo di Tolone”. Non è esantematica, si trasmette da topo a topo attraverso la “pulce murina”. Può anche colpire l'uomo, generalmente si presenta nelle aree portuali o nelle zone dove l'aria è insalubre, nel Maghreb è abbastanza diffuso. Indipendentemente dalla vicenda dei rifiuti, Napoli è “tecnicamente” un posto che presenta alcune di quelle caratteristiche, almeno quanto l'area portuale di Genova o di Venezia. I magistrati, però, non possono tralasciare alcunché e, di conseguenza, hanno acquisito pure questo elemento all'interno della più generale indagine per epidemia colposa avviata da un paio di settimane. di Peppe Rinaldi

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