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Mazzate su tasse e pensionati, ma la Casta non fa la dieta

In piena bufera economica non cambiano idea: i singori del Palazzo pronti a tutti pur di non rinunciare nemmeno a un loro euro

Andrea Tempestini
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Siamo nella bufera, la Borsa crolla e i Btp affondano. E neppure questo riesce a smuovere i signori del Palazzo. Ostinati e disposti a tutto pur di non rinunciare ad uno solo dei loro euro. Breve riassunto. Anzi, brevissimo: la manovra economica sarà probabilmente rivista. Ci sarà un rafforzamento, nel senso di un anticipo di alcune misure correttive,  in particolare quelle riguardanti il fisco. E già oggi, al ritorno a Roma, Giulio Tremonti incontrerà una delegazione della maggioranza per fare il punto sulle modifiche da introdurre. Traduzione: restrizioni più ravvicinate nel tempo. Per noi. Per loro, nulla. Allo studio non c'è un singolo emendamento, una microscopica proposta che tiri in ballo Lorsignori. Al momento, nessun intervento sui vitalizi degli ex deputati, dei senatori e dei consiglieri regionali. Nessuna modifica che incida sulle indennità dei parlamentari, che diminuiranno, ma solo dalla prossima legislatura, solo quando l'apposita commissione di esperti, dopo approfonditi studi, avrà stabilito quello che già oggi tutti sanno: i nostri parlamentari guadagnano troppo, quasi il doppio dei colleghi europei. I rimborsi elettorali  subiranno solo una lieve limatura, e resteranno i più alti in Europa. Tanto per capirci: in Germania, secondo il Sole 24 Ore, un singolo voto vale, per i partiti, tra i 38 e gli 85 centesimi. Da noi, 3,5 euro, anche a beneficio di chi non siede in Parlamento. Così era e così rimarrà. La Casta non si piega. Ricordate questa cifra: 23 miliardi di euro all'anno, quasi 2 miliardi al mese. E' il costo della politica. Ventitré miliardi in un Paese che, per risparmiare, ogni due per tre mette mano alle pensioni, un Paese costretto a bloccare gli stipendi dei pubblici dipendenti, a tassare di fatto il risparmio, ad imporre superbolli e ticket sanitari. E su 23 miliardi gli Intoccabili riescono a tagliare solo inezie. Conosciamo l'obiezione (i signori del Palazzo hanno sempre un'obiezione per mantenere intatto il loro portafoglio): la politica costa, se aboliamo i rimborsi ai partiti si ricomincia con la piaga dei sovvenzionamenti occulti (per meglio dire: la piaga si aggrava). Eccetera eccetera. Vero. E però ora basta. Se bisogna stringere la cinghia, a stringerla devono essere tutti, non solo i poveracci. E non solo per questione di etica, giustizia o uguaglianza o senso civico. I mercati vogliono più rigore, vogliono segnali precisi. E che segnale manda un Paese che taglia e non riesce a toccare i privilegi della Casta? Come possono gli investitori avere fiducia se i primi a non mettersi in regola, a non uniformarsi al sacrosanto rigore sono proprio quei politici che si riempiono la bocca di rigore? Un Paese incoerente non è un Paese affidabile. Proposta ai signori della Casta: dimezzate subito le vostre indennità. Dimezzatele a partire dal prossimo mese, non dalla prossima legislatura. I mercati sorrideranno e noi tutti saremo contenti. Poi, forse, vi premieremo anche. Siamo sicuri che la proposta sarà rispedita al mittente. Diceva De Gasperi: «I politici guardano alle prossime elezioni, gli statisti alle prossime generazioni». Umilmente ci permettiamo di aggiungere: i politici, non gli statisti, guardano anche al proprio portafoglio. E si vede. di Mattias Mainiero

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