Cronistoria del giorno più nero del signor Tremonti: Litigi, insulti, stoccate, smentite e scandali giudiziari
Le 24 ore più difficili dell'intera parabola politica di Tremonti. Litiga con Brunetta, la stoccata del Cav sul Lodo Mondadori e il caso Milanese: chiesto l'arresto per l'ex Consigliere che paga la casa al ministro. Esecutivo cadrà? "No, non c'è alternativa"
La sceneggiatura sembra essere uscita da uno studio di Hollywood. Gli ingredienti ci sono tutti: frasi rubate, accuse e smentite, colpi bassi tra 'amici' ed esplosive rivelazioni giudiziarie. Il minimo comune denominatore è il super-ministro, Giulio Tremonti, che ha archiviato il giorno più nero della sua intera parabola politica. La prima bomba che è deflagrata assomigliava più a una fialetta puzzolente, uno scherzetto che dà molto fastidio, e che però ha avuto singificative conseguenze. Qualcuno è riuscito a rubare le frasi - ingiuriose - rivolte dal ministro al collega Renato Brunetta, apostrofato come "un cretino" impegnato - nel corso della conferenza stampa di presentazione della manovra - "in un discorso suicida". Un incidente diplomatico che, in apparenza, è stato subito risolto. Ci ha pensato il premier, Silvio Berlusconi, che indossati i panni del 'paciere' ha spinto all'abbraccio i duellanti: Brunetta ha incassato con stile. Ma il Cavaliere, dopo aver gettato acqua sul fuoco, ha fatto pagar dazio a Tremonti tirandogli un colpo basso, e la fialetta puzzolente si è trasformata quantomeno in un mortaretto: "Tremonti considerava la norma sul Lodo Mondadori sacrosanta", ha gettato là con nonchalace il premier. La frase di Silvio ha ridato quota alla polemica degli ultimi giorni, quella che ha avvolto nel mistero la cosiddetta norma salva-Fininvest. Tutti a negarne la paternità, tutti a sostenere che non sapevano da dove venisse. In prima linea proprio Tremonti, ma le parole di Berlusconi hanno tracciato uno scenario ben diverso. E, in tutta onestà, era difficile ipotizzare che il titolare di via XX Settembre non ne fosse a conoscenza, anche perché, avevano riferito fonti parlamentari, il comma era scritto nero su bianco nella relazione tecnica sottoposta al ministero. Possibile che sia sfuggita al puntiglioso Giulio? A quest'ultima versione, comunque, ha deciso di crederci la Lega Nord. Umberto Bossi ha spiegato: "Tremonti non ne sapeva nulla". Una frase che non fa altro che complicare il giallo - si risolverà mai? - e che è parsa come una corsa del Senatùr in soccorso del 'vecchio amico' Giulio. Si sà, i rapporti tra i due oggi sono tutt'altro che idilliaci. Ma questo giovedì 7 luglio, per il superministro, è stata proprio una giornataccia. Bossi non ha voluto infierire. Infatti col passare delle ore la situazione di Tremonti si è complicata, e non poco. Quasi in concomitanza all'esplosione del mortaretto-Brunetta, si era cominciato a udire l'eco della prima vera e propria bomba che si è abbattuta sul 'ministro del rigore'. La procura di Napoli ha spiccato un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti del deputato del Pdl Marco Mario Milanese, ex consigliere e tutt'ora braccio destro di Tremonti. Le accuse sono quelle di corruzione, rivelazione di segreto d'ufficio e associazione per delinquere. Milanese, lambito dai risvolti dell'inchiesta sulla cosiddetta cricca P4, era già stato spinto a un passo indietro e aveva rassegnato le dimissioni dagli incarichi nel dicastero di via XX Settembre. Ma la sua situazione si è complicata, e i motivi sono emersi col passare dei minuti: la notizia ha ulteriormente rabbuiato Tremonti. Il caso-Milanese si è poi palesato, con il passare delle ore, come una bomba a grappolo, la cluster bomb vietate dalle convenzioni Onu e che al suo interno contiene una devastante serie di submunizioni. Esplosioni nelle esplosioni, per intendersi. Passano le ore, e le agenzie di stampa vengono a conoscenza di maggiori dettagli che riguardano l'affaire milanese. La prima 'submunizione' riguarda un interrogatorio: i pm Woodcock e Curcio avevano sentito proprio Giulio. Il colloquio era dovuto all'intercettazione telefonica nell'ambito dell'indagine P4 tra Berlusconi e Michele Adinolfi, capo di Stato maggiore delle Fiamme Gialle. L'inchiesta P4 e quella su Milanese hanno parecchi punti in comune, le procure si scambiano le carte e la testimonianza di Tremonti poteva tornare utile. L'Italia lo scopre e il morale del ministro si abbassa sempre più. Poi l'ultima, devastante, 'submunizione' della bomba a grappolo: Giulio viveva, gratis, nella casa di Milanese. Lo faveva a spese proprio dell'ex consigliere. Una circostanza che, a parere dei pm, rende necessaria la custodia cautelare per il braccio destro di Tremonti. Le dimissioni non bastano. I rapporti tra i due sono ancora troppo stretti. La rivelazione sulla casa, per inciso, è contenuta nelle carte dell'inchiesta con cui viene chiesto l'arresto del deputato del Pdl. E con questo ultimo tassello si chiude la cronologia della giornata più nera del superministro. Ora si aspettano le prossime mosse di Giulio, mai così in difficoltà. Nel frattempo ci si può interrogare su quale sia il futuro di un governo frullato dai malumori della Lega Nord, dalle frizioni interne tra le correnti e dalle accuse reciproche, dalla ritirata sul Lodo Mondadori e, infine, dal caos che sta travolgendo Tremonti. Esecutivo a rischio per le bordate delle procure? Non proprio. Silvio Berlusconi, da tempo, ripete che a questo governo, nonostante gli attacchi subiti, non esistono alternative. Il silenzio dei grandi teorici del governissimo, in effetti, non fanno altro che confermare la teoria del Cavaliere: non ne parla più nessuno, né Casini, né Fini, né Bersani, soltanto per pescare tre nomi dal mazzo. All'esecutivo di Berlusconi non c'è alternativa, e non sarà nemmeno la tempesta che si sta abbattendo su via XX settembre a cambiare le carte in tavola.