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Manovra, l'ultimo scherzetto: la tassa sui Bot è già partita

Giulio beffa i risparmiatori: il super aumento dell'imposta di bollo sui titoli è retroattiva: è scattata dall'1 luglio / BECHIS

Rosa Sirico
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È scattato dal primo luglio l'aumento a 120 euro dell'imposta di bollo sui depositi titoli di tutti gli italiani. La sorpresa arriva dalla relazione tecnica della legge finanziaria firmata ieri dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Da ora e fino alla fine del 2012 quell'imposta di bollo salirà quindi di 115,8 euro dagli attuali 34,2 euro. L'anno successivo ci sarà un incremento ulteriore di 30 euro (l'imposta di bollo sarà di 150 euro) per tutti i conti titoli di valore inferiore ai 50 mila euro e di 260 euro (l'imposta sarà di 380 euro) per tutti gli altri depositi. La ragioneria generale dello Stato spiega che l'imposta riguarderà una platea assai vasta di 9,2 milioni di risparmiatori (i conti correnti sono 40 milioni e viene citata una ricerca Eurisko secondo cui il 26% dei correntisti ha un deposito titoli) e che dalla misura ci sarà un “incremento di gettito su base annua di circa 892 milioni di euro annui per i primi due anni e di circa 2.400 milioni di euro per gli anni a partire dal 2013”. Gli incassi poi devono tenere conto delle liquidazioni di novembre (95%) e del saldo della primavera successiva. Secondo la tabella della ragioneria già quest'anno così i risparmiatori italiani saranno tosati di 721 milioni di euro. Da qui al 2015 l'aumento della imposta di bollo porterà nelle casse dello Stato 10,4 miliardi di euro, ed è la cifra più consistente di tutta la manovra economica, superiore perfino ai tagli di spesa nella pubblica amministrazione. La retrodatazione della misura per altro rende impossibile ai risparmiatori evitare la prima stangata. Ieri migliaia di correntisti sono andati in tutta Italia allo sportello a chiedere informazioni impauriti e si sono sentiti dare più o meno lo stesso consiglio: per quest'anno non c'è più nulla da fare, e bisogna pagare la quota dell'aumento. Ma a tutti i piccoli risparmiatori conviene vendere i Bot in portafoglio e investire i proventi in pronti contro termine. Per la stragrande maggioranza la misura equivale a seconda dei titoli posseduti a una tassazione sui titoli di Stato raddoppiata o addirittura triplicata. Ma per chi ha su quel deposito mille o duemila euro in titoli e obbligazioni la stangata rischia di mangiarsi tutto il capitale nel giro di pochi anni. La fuga a questo punto è obbligata. Di questo effetto-boomerang sembra non tenere conto la Ragioneria generale dello Stato, eppure il rischio è quello di fare saltare in aria tutta la manovra finanziaria e il rientro dell'Italia nei parametri di Maastricht. Non poche sono state per altro le critiche alla norma sia da parte di esperti che di esponenti politici di maggioranza e opposizione. A differenza di un aumento della tassazione sulle rendite finanziarie, la stangata sulla imposta di bollo non è progressiva e colpisce in misura maggiore i redditi finanziari bassi, essendo invece insignificante per depositi milionari. Ci sono già associazioni di tutela del risparmio pronte a impugnare per questo la norma e a sollevarne la costituzionalità. Tremonti però non sembra avere alcuna intenzione di fare marcia indietro, né di consentire particolari modifiche durante il passaggio parlamentare. Nella conferenza stampa di ieri non ha risposto alle critiche (in realtà il ministro non ha soddisfatto alcuna domanda), e sorridendo sarcastico ha detto «portate un'altra proposta che dia le stesse entrate per lo Stato e io lascio cadere l'aumento dell'imposta di bollo». Dieci miliardi da qui al 2015 però non sono semplici da trovare, e nessuna altra misura fin qui prevista offre entrate comparabili. Nemmeno l'aumento dell0'Irap su banche e assicurazioni che darà nuove entrate fra il 2012 e il 2015 per 2,3 miliardi di euro e rischierà anche quella di essere pagata almeno in parte dalla clientela, e cioè dei risparmiatori. A parte i risparmiatori, a leccarsi le ferite per la manovra saranno anche le imprese, sia quelle medio-grandi che il cosiddetto popolo delle partite Iva. Saranno loro a pagare la revisione fiscale sugli ammortamenti (2,1 miliardi), la revisione degli studi di settore (1,1 miliardi), il tetto al riporto delle perdite nei bilanci successivi (1 miliardo), le nuove regole sull'ammortamento dei beni (468 milioni) e le sanzioni per le partite Iva inattive (458 milioni di euro). Gli italiani che chiedono giustizia invece si troveranno a pagare 308 milioni in più grazie all'aumento del contributo unificato. La cifra più consistente (54 milioni) toccherà chi fa cause di lavoro, ma il salasso riguarderà anche le coppie che si rivolgono al tribunale per le cause di separazione e divorzio (37,6 milioni). di Franco Bechis

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