Se Alfonso Papa non muore, Angelino Alfano non nasce
Prima grana del neo-segretario. Gli azzurri devono evitare il voto sull'autorizzazione dell'arresto. Unica soluzione, le dimissioni
Tra Angelino Alfano, segretario appena eletto, e Alfonso Papa, deputato sconosciuto ai più, chi conviene sacrificare? È il problema del Pdl in queste ore, e la risposta è ovvia. La possibile innocenza di Papa, per il quale il gip di Napoli ha chiesto l'arresto venti giorni fa, passa in secondo piano. Il nodo è politico, non giudiziario: se l'aula della Camera finisce per votare sull'autorizzazione a incarcerare Papa, per il Pdl sono guai e il suo segretario esce con le ossa rotte dalla prima prova importante. Il partito del premier può venirne fuori indenne in un solo modo: con le dimissioni di Papa. Dal Pdl e - soprattutto - da parlamentare. Papa, accusato di favoreggiamento, estorsione e altri reati nell'inchiesta sulla cosiddetta P4, intende evitare l'arresto trincerandosi dietro allo scudo che gli è offerto dallo status di deputato, e che gli potrà essere tolto solo da un voto dell'Aula. Ieri, casomai ci fossero dubbi, ha fatto sapere ai suoi che non si dimetterà. «Su di me è stata scritta una montagna di menzogne», ha detto al Corriere della Sera. «Non chiedo alcuna difesa di casta, ma soltanto di essere ascoltato. Poi, spero che tutte le mie parole siano verificate. A quel punto, quando tutto questo sarà accaduto, tutti potranno agire, e votare, secondo coscienza». DNA TRADITO Il voto, invece, è proprio quello che il Pdl deve evitare ad ogni costo. Qualunque scelta, per Alfano, sarebbe devastante. Schierarsi in favore dell'arresto renderebbe onore all'etichetta di «partito degli onesti» che il delfino di Silvio Berlusconi ha appiccicato sul Pdl pochi giorni fa. Ma tradirebbe il dna garantista degli azzurri (radicatissimo nel capogruppo a Montecitorio, Fabrizio Cicchitto, e in molti altri) e sancirebbe una resa della politica e del potere legislativo dinanzi al potere giudiziario. Una scelta che farebbe a pugni con tutto quello che Silvio Berlusconi professa dal 1994. In una parola: impraticabile. Viceversa, opporsi alla richiesta del gip toglierebbe subito credibilità alla svolta etica che vuole imporre Alfano, spaccherebbe il Pdl (diversi deputati hanno già annunciato che, proprio perché al «partito degli onesti» credono sul serio, voteranno in favore dell'arresto) e dividerebbe la stessa maggioranza, giacché la Lega ha fatto sapere che è favorevole alla richiesta. Last but not least, sarebbe una battaglia persa: i voti di Carroccio, Terzo polo, Pd e Idv bastano e avanzano a spedire Papa in gabbia (per inciso: dal Pd hanno fatto sapere al Pdl che non è possibile alcuno scambio di favori che abbia come contropartita il salvataggio del senatore dalemiano Alberto Tedesco, per il quale è stato chiesto l'arresto dal gip di Bari). Questo in caso di voto palese. Perché se il voto in Aula fosse segreto (basta che lo chiedano trenta deputati) i rumor di Montecitorio assicurano che i consensi del Pdl all'incarcerazione di Papa potrebbero addirittura aumentare. In una parola: disastroso. LIBERTA' DI VOTO Per limitare i danni toccherebbe allora imboccare la terza via, già prospettata da Ignazio La Russa: dare libertà di voto ai deputati del Pdl affidando la sorte di Papa alle loro coscienze. Questo maschererebbe un po' le divisioni nel partito e nella maggioranza, ma non potrebbe salvare il quarantunenne deputato napoletano dall'arresto e sarebbe comunque una prova di debolezza per il Pdl e il giovane segretario. L'unica soluzione è convincere Papa a dimettersi. C'è un precedente molto recente, citatissimo in queste ore nei conciliaboli dei berlusconiani: il pidiellino Nicola Di Girolamo, nel marzo dello scorso anno, rinunciò allo scranno di senatore - e quindi allo scudo da parlamentare - e si consegnò ai carabinieri. Questi lo condussero subito a Rebibbia, dove la sua presenza era richiesta dai magistrati romani che indagavano su una grande operazione di riciclaggio internazionale. Così facendo Di Girolamo ha risparmiato al Pdl imbarazzi e umiliazioni. Papa, capito che ormai i numeri di Montecitorio lo condannano, farebbe cosa nobile e intelligente a prenderlo come esempio. di Fausto Carioti