Al Carroccio tocca svegliarsi: ha paura di perdere terreno
Sempre più probabile che si voti nel 2012. La Lega gli uomini li ha, ma è indietro sul ricambio generazionale
Difficile immaginare un'accoglienza più gelida di quella con cui la Lega ha accolto l'elezione di Angelino Alfano a segretario del Pdl. Tra i notabili in camicia verde i pochi che hanno parlato si sono limitati a biascicare monosillabi di circostanza. Chi ha espresso concetti più elaborati lo ha fatto per punzecchiare Alfano, come Roberto Calderoli nella sua intervista di ieri a Repubblica: «Per noi non cambia nulla. Al massimo ad Alfano posso chiedere di garantire la presenza dei suoi deputati in aula, così non andiamo più sotto». La Padania, il quotidiano del Carroccio, ha relegato l'evento a pagina 14, senza degnarsi di richiamare la notizia in prima. Vero che le ruggini tra Lega e Pdl sono persistenti e che Alfano sconta, agli occhi dei leghisti, la grave colpa di essere siciliano, ma si tratta pur sempre del partito assieme al quale governano il Paese e un'infinità di giunte locali. Tanto da far crescere il sospetto che la ragione vera della rimozione di quanto avvenuto in casa degli alleati sia un'altra: l'imbarazzo di essere immobili, di non poter parlare apertamente del dopo-Bossi, mentre nel Pdl il dopo-Berlusconi è ufficialmente iniziato, persino nelle parole del Cavaliere: «Adesso posso anche morire, tutto questo sopravviverà». E invece è ora che nel direttorio della Lega il tabù si rompa e qualcuno ponga il problema: a Bossi, innanzitutto, perché il capo è sempre lui ed è giusto così, ma se l'Umberto non ci sente la questione deve diventare una priorità per gli altri oligarchi del Carroccio. A costo di forzare la volontà del capo. Lo stesso Silvio Berlusconi ha tentennato prima di avviare le pratiche di successione, e alla fine si è deciso sia perché consigliato dai molti dei suoi, sia perché obtorto collo ha dovuto metabolizzare il messaggio che gli hanno spedito gli elettori alle amministrative e ai referendum: il Cavaliere non “tira” più come prima, la sua immagine si è offuscata, e che sia colpa della crisi economica internazionale, come vuole credere lui stesso, o del bunga-bunga, come sostengono i suoi avversari, poco cambia. Però un identico segnale gli elettori lo hanno inviato a Bossi. E anche tra i leghisti c'è chi ha pensato fosse il caso di spedire al Senatur un messaggio esplicito su chi deve essere il nuovo capo: quello striscione enorme con scritto «Maroni presidente del consiglio» non è spuntato per caso sul pratone di Pontida. «Sono ancora giovane» ha risposto quel giorno Bossi a chi gli chiedeva se il passaggio di consegne fosse pronto, provando a chiudere così la questione. Bossi fondò la Lega Lombarda nel 1984 e cinque anni dopo dette vita alla Lega Nord. È al comando del Carroccio da allora: da un periodo nel quale l'Unione sovietica pareva destinata ad essere eterna, il World wide web non era stato inventato e Berlusconi aveva ancora i capelli. Nel frattempo tutto è cambiato, tranne il leader della Lega. Il nome del successore c'è, e ovviamente è quello di Roberto Maroni, che non mette d'accordo tutti ma quasi. Il problema, dunque, pare semmai quello di convincere Bossi a fare il gran passo. Anzi, ad abbozzarlo, visto che anche Berlusconi non ha alcun voglia di mollare adesso, ma intanto ha preparato la strada a chi verrà dopo di lui. Tanto che oggi il Pdl appare più determinato e reattivo della Lega, che alle recenti batoste elettorali ha risposto arroccandosi dietro alle solite vecchie parole d'ordine, senza tirare fuori nulla di nuovo. C'è un altro ottimo motivo per cui il Carroccio deve iniziare subito a costruire il proprio futuro: la legislatura attuale non gode di buona salute e il voto nella prossima primavera, con un anno di anticipo rispetto alla scadenza naturale, è cosa probabile. Insomma, occorre lavorarci da adesso. A sinistra - accordi contronatura con Pier Ferdinando Casini permettendo - la corsa per la leadership se la giocheranno Pier Luigi Bersani e Nichi Vendola, con il primo ben avvantaggiato. Nel Pdl le quotazioni di Alfano come candidato premier sono in crescita. Il ticket ideale, se l'alleanza tra Pdl e Lega reggerà, sarebbe proprio quello con il ministro dell'Interno, anche perché tra i due corre davvero buon sangue. Ma non si può lanciare Maroni (che peraltro non esclude di farlo lui, il candidato premier della coalizione) in una simile avventura se lo si tiene ingabbiato nel ruolo di colonnello del vecchio capo. Anche nella Lega il momento giusto per costruire qualcosa che sopravviva al fondatore è adesso. di Fausto Carioti