Quote rosa kaputt. Via il ramo composto soltanto da donne
La Ma-Vib di Inzago pronta a lincenziare 13 operaie perché "madri di famiglia, possono pensare ai loro figli". Fiom grida a scandalo
«Licenziate perché donne, mamme di famiglia». Sarebbe il destino che attende tredici operaie della Ma-Vib di Inzago, azienda del milanese che produce motori elettrici per impianti di condizionamento. Visti i tempi di crisi che si trova ad affrontare la ditta ha deciso di tagliare l'anello debole per sopravvivere e la scelta è caduta sulle donne che lavorano al ramo di montaggio. A diffondere la notizia è la Fiom di Milano che ieri, in occasione dello sciopero organizzato dalle operaie - al quale non hanno partecipato i colleghi maschi - ha fatto sapere il volere dell'azienda: «La motivazione della selezione, dichiarata in sede Api (al cospetto di una funzionaria dell'associazione datoriale) - si legge nel comunicato - è davvero brillante: “licenziamo le donne così possono stare a casa a curare i bambini e poi, comunque, quello che portano a casa è il secondo stipendio…”». E giù un diluvio di polemiche. Maria Sciancati, segretaria generale della Fiom di Milano ha subito commentato che «Dietro questa decisione c'è l'idea di un lavoro visto all'antica. In questo Paese, a livello di governo e di imprese, c'è sempre la stessa vecchia logica che la donna è preferibile che stia a casa». La situazione è confusa. Da una parte la Fiom grida allo scandalo sessista, dall'altro le impiegate rispondono alle domande dei giornalisti con aria perplessa. In mezzo, l'azienda che si trincera dietro un “no comment, la storia è diversa da quella che hanno raccontato”. E allora com'è? Claudia, dipendente nel settore commerciale, sembra sorpresa da tutto questo clamore. La versione che ci racconta al telefono differisce da quella scritta da alcuni giornali. «Innanzitutto le mie colleghe non sono state ancora licenziate. Sono almeno due anni che l'azienda vive una forte crisi per colpa della concorrenza sleale della produzione cinese che vende il nostro stesso prodotto il 40% in meno. Per questo è stata necessaria la cassa integrazione. L'eventualità di mandare tutte a casa sarà uscita a margine della contrattazione». A sentire i rappresentanti Fiom sembra invece che i tagli siano ben ponderati: la Ma-Vib ha 30 dipendenti (12 uomini e 18 donne) ma a restare a casa dovrebbero essere 10-13 donne. «Il motivo è semplice - spiega Claudia - nel ramo dedicato alla produzione da tagliare lavorano soltanto donne. È inevitabile la scelta di genere. Se poi hanno aggiunto quelle motivazioni non posso che essere critica. Qui nessuno viene a lavorare per passione, a tutte serve lo stipendio. Se vengono licenziate non restano mica a casa con i bambini». La Ma-Vib, azienda a conduzione famigliare a una ventina di chilometri a est di Milano, è nata nel 1965. Sul suo sito parla di una “Potenzialità mensile” di 180-220mila pezzi e di un'area di vendita distribuita per il 40% sul mercato italiano, 30% su quello Ue e l'altro 30% su quello extra Ue. Numeri insufficienti per resistere. Eppure, secondo le stesse dipendenti che ieri hanno scioperato davanti ai cancelli dell'azienda, con il licenziamento femminile l'azienda sarebbe condannata definitivamente. «Siamo noi a fare la produzione», raccontano. Un circolo vizioso dal quale non si riesce ad uscire. Tanto più che i pochi clienti rimasti hanno immediatamente chiamato in azienda perché preoccupati dei ritardi. «Se perdiamo anche loro siamo finiti - dice Claudia - Non sappiamo più a chi vendere». di Salvatore Garzillo