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Il governo va ancora sotto. Silvio: "Sono teste di ca..."

L'ira del premier per la sconfitta sulla comunitaria: "Voglio l'elenco completo di questi qui, che adesso ci parlo io". Mancavano 27 deputati Pdl, sei responsabili, due leghisti e quattro del gruppo misto. Convocati i vertici del centrodestra

Andrea Tempestini
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L'ira, ripete sovente Berlusconi ogni volta che deve smentire la stampa, non è un sentimento che appartiene al presidente del Consiglio. Infatti questa è qualcosa di più:  incazzatura nera. È a Palazzo Grazioli, Silvio, mentre alla Camera succede il patatrac, sta ricevendo i dirigenti del partito in vista del Consiglio nazionale di venerdì. Arriva la telefonata da Montecitorio: la maggioranza è andata sotto sull'articolo 1 della legge comunitaria. Bocciato. Mancavano 27 deputati del Pdl, sei responsabili, due leghisti e quattro onorevoli che, dal gruppo misto, parteggiano per l'esecutivo. La seduta viene sospesa, dal lato destro dell'aula escono facce basite e un Cicchitto che sacramenta come se non ci fosse un domani. Ma il più avvelenato è lui, il premier: «Ma no, ma no, ma sono proprio delle teste di ca..o!», batte i pugni sulla scrivania. «Voglio sapere chi sono  questi qui che adesso ci penso io», fa Silvio, minaccioso, «datemi l'elenco, li chiamo uno per uno, mi devono spiegare cosa stavano facendo invece di essere in aula».  Non riesce proprio  a mandarla giù: «Sono irresponsabili! Non è possibile che succeda una cosa del genere proprio adesso, è un momento delicato». Devono fare solo quello, gli sciagurati, premere un bottone: è così difficile? «Questi non hanno capito che, così facendo, vanno tutti a casa!», non finisce più lo sfogone berlusconiano.   Basta, adesso il Cavaliere comincia a prepararsi: giacca, camicia, cravatta, si va alla Camera. Berlusconi è con Alfano, Scajola, Verdini a via del Plebiscito, si parla dell'organizzazione del Pdl. Ma non c'è più tempo per il partito se nel frattempo frana la maggioranza parlamentare. Passa una mezz'ora e il presidente del Consiglio si materializza a Montecitorio. Convoca nel suo ufficio i capigruppo di Pdl e Lega Cicchitto e Reguzzoni, il vice capogruppo vicario Corsaro, i vice presidenti della Camera Lupi e Leone, il relatore della legge Comunitaria Pini. Cicchitto è  furioso quanto Berlusconi: decine di lettere di richiamo, migliaia di sms, i contributi del gruppo parlamentare negati a chi ha troppe assenze. Che altro deve fare? Ma la cosa più deprimente è che non c'è un motivo politico che colleghi  i seggi vuoti: «Solo superficialità». È dal mattino che la maggioranza balla, da quando un pareggio ha fatto saltare lo stralcio di alcuni articoli della legge Comunitaria: la giornata di sole, la mezza festività (altrove si lavora ma a Roma si celebrano i santi patroni), l'assenza del ministro competente (la poltrona delle Politiche Comunitarie è vacante da mesi), un tot di deputati che aprono albicocche alla Buvette ed ecco il dramma della sciatteria che si consuma. Ma alla fine il desiderio di vendetta del Cavaliere verso gli assenti evapora col caldo. «Il momento è delicato», come sostiene lui stesso, il leader. C'è la manovra in ballo e c'è il consiglio nazionale del Pdl alle porte. Meglio non avvelenare il clima minacciando rappresaglie: la vendetta va  rimandata. I ministri stanno lavorando alle modifiche da apportare alla manovra, mentre tra i big del partito è tutto un pullulare di riunioni. I  membri del governo che aderiscono a Liberamente si riuniscono alla Camera, Scajola raduna i suoi fedelissimi, stasera il sindaco di Roma Alemanno farà lo stesso. In ballo c'è la creazione di un direttorio che affianchi il segretario politico Alfano nella gestione del partito. È possibile che alla fine Scajola e c. presentino un ordine del giorno al Consiglio nazionale. Documento che ha valore politico, ma che non è cogente. Per introdurre una nuovo organo nello statuto bisogna ripassare per l'ufficio di presidenza, ci tengono a sottolineare i coordinatori che non vogliono vedere ridimensionato il proprio ruolo a via dell'Umiltà. Come finirà lo sa solo Silvio Berlusconi. Ma il premier, data la situazione, non intende fare strappi né creare malumori nelle varie anime del partito che poi abbiano conseguenze sui numeri della maggioranza di Montecitorio. Perciò il Cavaliere  sta tentando una sintesi tra le varie posizioni. Tanto: che senso ha litigare sull'organizzazione del Pdl se alle prossime elezioni si presenterà con un soggetto tutto nuovo? di Salvatore Dama

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