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Dal 'sacro prato' nasce la stella di un nuovo leader: Bobo Maroni parla come un condottiero / Borgonovo

Esaltato dalla folla, viene chiamato da Umberto sul palco: sembra un leader non solo 'verde'

Andrea Tempestini
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Dopo la discesa in campo, la discesa in prato. Perché è  la piana di Pontida a fare da levatrice alla nuova e futuribile incarnazione di Roberto Maroni: quella di leader della Lega e, potenzialmente, di tutto il centrodestra. Che il Carroccio avesse trovato un successore più che credibile a Bossi - un Trotone, in sostanza - era cosa nota. Ma ieri la sacra erba bergamasca ha cullato qualcosa in  più di un colonnello verde pronto a diventare generale. Non c'era soltanto il popolo a scandire festante «Ma-ro-ni, Ma-ro-ni» e  a esporre lo striscione trionfale: «Maroni presidente del Consiglio», concetto ribadito da altri cartelli e dallo sventolare dei manifestini formato A4 con lo slogan «Maroni presidente del Consiglio subito!». È tutta la fisicità maroniana a dimostrare l'ulteriore cambiamento di pelle, capace di fondere reminiscenze ancestrali e immaginifiche proiezioni. La caratura di Bobo nell'attuale  fase di “aspirante capo” risiede nel gesto sorprendente e deciso con cui, giorni fa, ha interrotto Silvio Berlusconi al fine di ammonirlo: «Dovrai ascoltare attentamente quello che diremo a Pontida». La sua rilevanza di guida sta nella veste in cui si è presentato ieri: era l'unico in giacca e pantaloni scuri, con la cravatta verde ben allacciata al collo della camicia inappuntabile.  Gli altri erano addobbati da vacanza o da grigliata con gli amici: maniche corte, brache disimpegnate, persino qualche t-shirt. Lui no, dietro l'occhiale scuro e le foto scattate con l'iPhone che tradivano l'emozione, era avvolto nella sua responsabilità. A proposito di linguaggio del corpo, pure i movimenti altrui sono emblematici. Innanzitutto quelli di Bossi, il quale si appoggiava a Calderoli con calore paterno, facendosi ordinare i fogli sul leggio, esalando affetto e confidenza. Con Maroni, invece, il contatto fisico era limitato, poiché il rispetto si misura anche nella distanza. L'Umberto - tenendo conto delle esortazioni del pratone - gli ha concesso il pulpito e  Bobo se l'è preso (replicando a Bossi  con riconoscenza: «Il Capo già ha detto tutto, ha detto cose molto chiare e molto forti: chi ha orecchie per intendere, a Roma, ha già inteso»), non senza qualche apprensione da parte dei colleghi.  Mentre Roberto parlava monopolizzando l'uditorio, Rosi Mauro ha preso a braccetto Calderoli e si è collocata al suo  fianco, come a marcare un territorio sfuggito per un momento al suo controllo.  Il  rapido intervento del ministro dell'Interno è scivolato nel comizio,   e sarebbe stato anche quello conclusivo se poi il Capo non fosse stato ritrascinato sulla scena.      Sembrava che Maroni non dovesse aprir bocca, invece ha parlato eccome, riuscendo nel duplice e complesso compito di galvanizzare i militanti granitici e di aprire contemporaneamente nuovi orizzonti, che abbracciano anche tanti elettori del Pdl. Alla “base”, ai fan che apostrofa «barbari sognanti», ha riservato il grido finale: «Sogniamo una Padania libera e indipendente», frase che pronunciata da un membro dell'esecutivo non è secondaria. Intanto il pubblico si scuoiava le mani a furia di batterle. Ad accarezzare le orecchie del più ampio pubblico di centrodestra, invece, sono arrivate parole robuste su temi non estranei al berlusconismo. Per esempio l'affondo sui magistrati: «Abbiamo contro tutta la magistratura che è a favore dei clandestini. Ma noi non molleremo mai. Uno che si chiama come me come fa a mollare?». Poi la rivendicazione orgogliosa dei successi sull'immigrazione, contro l'Europa che impedisce le espulsioni: «Noi abbiamo inventato i respingimenti! Abbiamo fatto un decreto per poter espellere i clandestini come facevamo prima. Abbiamo proposto di poter espellere anche clandestini comunitari che non sono in regola. Abbiamo intenzione di continuare su questa linea». Tutto materiale, questo, che non può piacere alla sinistra e pare fugare i dubbi su quale sia la collocazione di Roberto allo stato attuale. E infatti l'Anm e l'Italia dei valori si sono subito scaldate a proposito delle toghe. Indigeste ai progressisti pure le bordate sulla guerra in Libia, che virano sempre sugli immigrati: «Il problema è che in Libia non c'è un ministro dell'Interno con cui fare accordi. Lì ci sono la guerra, le bombe, i missili, che non sono intelligenti. I profughi  c'è un solo modo per fermarli: stop alle bombe, pensiamo a un governo. Ma abbiamo contro la Nato, che ha detto che non possiamo fare il blocco navale. Qualcuno mi spieghi però perché può farlo in ingresso e non in uscita». Il pratone esulta, Bobo ha fornito la scossa richiesta e magari gradita anche a parecchi nel Pdl, gente a cui questo barbaro in giacca e cravatta potrebbe non dispiacere affatto. Oltre alla carica, dalla sua ha l'età, che gli permette - terminato l'intervento - di balzare giù dal palco. Maroni salta tra gli applausi, rischia quasi di cadere. Ma alla fine ce la fa a conservare l'equilibrio: il bilanciamento perfetto tra la fossa dei leoni leghista nostalgica del passato e i moderati azzurri che pretendono di avere un futuro senza tornare in retromarcia  al 1994. di Francesco Borgonovo

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