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Caso P4, è il solito Woodcock: nel mirino c'è Gianni Letta

Nel tritacarne ci finisce il sottosegretario. Ai domiciliari Bisignani. Chiesto fermo di Papa del Pdl. Coinvolto anche Italo Bocchino

Andrea Tempestini
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Altro che P4 di Luigi Bisignani (leggi il ritratto di Gianluigi Nuzzi dell'uomo che 'conosceva i segreti dei potenti') e Alfonso Papa. Il vero rivelatore di segreti giudiziari - a quanto pare – sarebbe Italo Bocchino. Almeno è quello che emerge dall'interrogatorio del 9 marzo scorso dell'ex giornalista dell'Ansa, da ieri agli arresti domiciliari per favoreggiamento. Cinque giorni dopo il numero due di Futuro e libertà si era difeso davanti ai pm: «L'affermazione del Bisignani risulta imprecisa, credo che Luigi abbia riassunto più colloqui. In un primo tempo, prosegue, mi limitai a dire al Bisignani che vi erano semplicemente delle voci generiche e vaghe su talune attenzioni giudiziarie sull'onorevole Papa da parte della procura di Napoli. Ricordo invece che della vicenda delle schede intercettate io parlai con il Bisignani successivamente, dopo che tale notizia era uscita sui giornali». I magistrati di Napoli, che ieri hanno anche depositato alla Camera l'autorizzazione a procedere nei confronti di Papa, si sono giocati l'ultima carta: il confronto all'americana. E uno di fronte all'altro, Bisignani ha ripercorso tutte le tappe e i luoghi «Galleria Colonna», «dopo il caffè», «se la notizia fosse già uscita sui giornali non mi darei allarmato tanto», ma alla fine rimane pur sempre la parola di uno contro quella dell'altro. Intanto dalle centinaia di pagine della parte dell'ordinanza accolta dal gip di Napoli (ha rigettato alcune intercettazioni per cavilli tecnici e ridimensionato le accuse a carico di Bisignani), emergerebbe la volontà dei due principali indagati di «costruire dossier su persone importanti». Da usare a seconda dei casi: «Per favorirle, e quindi avvertirle per tempo ed evitare loro  di finire sotto indagine, oppure per poterle tenere sotto scacco attraverso informazioni sensibili». Secondo quanto riportato nelle carte, Papa riusciva a raccogliere notizie «avvalendosi della forza dell'intimidazione derivante sia dal vincolo associativo che dalla rete di contatti e aderenze ad altissimo livello con appartenenti ai servizi di sicurezza, alti magistrati, esponenti di vertice della Guardia di Finanza. Vale a dire tutti gli esponenti delle Istituzioni in grado di incidere sulla sfera patrimoniale e personale di terzi attraverso indagini giudiziarie, accertamenti fiscali e patrimoniali». Gli esempi sono tantissimi, elencati di seguito nel dettaglio. In sentesi, comunque, secondo gli inquirenti di Napoli i dossier sarebbero stati ripagati all'onorevole Papa con «beni e utilità pari a migliaia di euro», come «regali di Cartier, il pagamento di soggiorni in alberghi di lusso e stipula di contratti di consulenza “fittizi”». In altri casi la “mazzetta” era occuparsi «delle spese di segreteria del parlamentare, 1.500 euro al mese, oppure del pagamento per due anni del canone mensile di 1.800 euro per un appartamento occupato dal Papa e dalla sua compagna in Roma, in via Giulia». Addirittura, si legge, erano spesati anche «rapporti sessuali a pagamento», soprattutto con tre donne, per ognuna delle quali era stata messa a disposizione una Jaguar. Contropartite, forse stravaganti ma certamente costose, che ieri hanno fatto scattare la richiesta di arresto alla Giunta della Camera. Papa, se l'Aula darà il via libera, dovrà rispondere di corruzione e associazione a delinquere. Mentre il reato associativo è stato stralciato per Bisignani (liberandosi di conseguenza dello spettro della fantomatica P4), proprio perché nel suo caso non sono stati trovati corrispettivi di compensi o simili per le informazioni che avrebbe raccolto o diffuso.  La paura degli inquirenti, che raccolgono le loro mosse fino all'aprile scorso, è la reiterazione del reato. Secondo loro Bisignani, e anche l'onorevole Papa, con l'aiuto del poliziotto e del carabiniere, nonostante la fuga di notizie sull'indagine in corso,  non avrebbero mai sospeso il flusso di informazioni da raccogliere e far ricadere addosso ai potenti a seconda dell'uso che volessero farne: salvare un amico o «gettare fango» su concorrenti scomodi, come spiegano gli inquirenti stessi.  Tra gli ultimi casi proprio due mesi fa, compare anche Valter La Vitola. Direttore de L'avanti e colui che per la famigerata casa a Montecarlo del cognato di Gianfranco Fini tirò fuori le carte nascoste nei paradisi fiscali, quelle che dimostrarono il legame tra il proprietario e Giancarlo Tulliani. In questa circostanza La Vitola sarebbe additato per avere “irretito” «il carabiniere La Monica, estorcendogli notizie sui termovalorizzatori, in modo da mettere in cattiva luce Bassolino. La contropartita non era male: una “segnalazione” per entrare all'Aise», si legge nella richiesta. Il binomio Papa-Bisignani avrebbe origini recenti: «L'anno prima delle elezioni del 2008, per le quali Papa mi chiese di appoggiare la sua candidatura», secondo dichiarazioni riportate nell'ordinanza e che da parte di Bisignani «ammettono un interessamento». Forse in cambio di informazioni sull'inchiesta che riguardava Stefania Tucci, con la quale l'ex giornalista «aveva rapporti personali e sulla quale effettivamente pendeva una richiesta di arresto», ma sono solo «deduzioni» e certezze non ce ne sono. di Roberta Catania

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