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Qui Carroccio, piano Maroni: Togliere la Lega a Bossi e Cav

Caos referendum. Bobo smentisce Umberto: "Ho votato sì". Poi l'ultimatum: o si cambia o si vota. Che cosa succederà a Pontida?

Andrea Tempestini
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È una svolta epocale nella storia della Lega. Mai il grande capo Umberto Bossi era stato smentito dai colonnelli nel giro di poche ore. In modo plateale. Domenica sera, da Novara, il Senatur parlava di «referendum inutili» dicendo: «Spero che la gente non vada a votare». Aggiungeva, Bossi, che «tra Pdl e Lega i rapporti sono buoni». Ieri, a urne aperte e sul Corriere della Sera, Roberto Maroni annunciava di aver votato due quesiti, quelli sull'acqua, barrando il sì. Più di lui aveva fatto Luca Zaia, governatore ed ex ministro: 4 sì. Li aveva annunciati (e l'aveva imitato il sindaco di Varese Attilio Fontana) e ieri l'ha ribadito. A seggi ancora spalancati. Pensare che pochi giorni fa il capogruppo Marco Reguzzoni aveva spiegato che Bossi probabilmente non sarebbe andato alle urne. E lo stesso leader l'aveva confermato, domenica, quando l'affluenza sembrava crescere di ora in ora. Eppure, qualche settimana fa proprio Umberto aveva definito «attraenti» i quesiti sull'acqua. Una confusione che, apparentemente, non ha disorientato la base lumbard. Dando un occhio alle zone ad alta densità padana, il quorum è stato abbondantemente superato. Segno che gli elettori di Alberto da Giussano non seguono più con cieca obbedienza il Senatur. Maroni, sempre sul Corriere, chiede al premier di impegnarsi per riforma del fisco e blocco degli sbarchi perché «tirare a campare è tirare le cuoia. La Lega è indisponibile a formule di transizione», dando una specie di ultimatum. E sono dell'altro giorno i pizzicotti che proprio il titolare del Viminale aveva riservato a Giulio Tremonti per il «coraggio» da vaere per tagliare le imposte. Insomma, altro che «buoni rapporti» tra Pdl e Lega, come ha invece osservato Bossi aggiungendo che il premier «ha perso la capacità di comunicare in tv». C'è metà Carroccio che chiede di invertire la rotta, allontanandosi da Berlusconi. A Pontida, con ogni probabilità, verranno snocciolati i desideri dei padani per rilanciare l'esecutivo: disimpegno dalla guerra in Libia, blocco navale contro i barconi, modifica del patto di stabilità per dare più soldi ai comuni virtuosi, trasloco dei ministeri al Nord. Richieste che rischiano di andare in secondo piano, surclassate dai malumori interni che potrebbero venire a galla. Basta dare un'occhiata ai manifesti che annunciano la kermesse: sono secchi, senza slogan né immagini evocative. Quasi non ci fossero idee chiare, obiettivi, risultati da ricordare. Spifferi raccontano che da alcune province i pullman per raggiungere il pratone siano decisamente diminuiti rispetto all'anno scorso. E più d'una sezione si sarebbe ribellata perché, a differenza che in passato, l'organizzazione non vorrebbe l'installazione di singoli gazebo per vendere gadget e rimpinguare così le casse locali. Occhio a quel che potrà accadere tra i lombardi. Varese rischia di essere l'epicentro di un terremoto devastante. Si parla di striscioni di protesta contro Giancarlo Giorgetti, leader della Lega Lombarda, vicino a Maroni e inviso al cosiddetto cerchio magico che starebbe organizzando la contestazione. Giorgetti è stufo, si sente sotto attacco. Quelli che stanno con lui pensano che i rivali interni circondino il Senatur, lo consiglino male, lo portino lontano dal sentimento degli elettori. Il cerchio magico, invece, dà agli altri la colpa degli ultimi risultati elettorali. È in questa atmosfera da saloon che Maroni ha rotto gli indugi. Cercando di prendersi la Lega. Per allontanarla dal premier. E, di conseguenza, anche da Bossi. di Matteo Pandini

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