Sinistra col Papa: conversione sulla strada del quorum
Arriva il referendum e si strumentalizza la Chiesa pur di prendere il sì dei credenti. Ma nel 2005...
Leggete cosa pensa un laico tutto d'un pezzo come Eugenio Scalfari: «La gerarchia ecclesiastica è entrata pesantemente nella politica italiana con l'atteggiamento preso in materia referendaria. La Chiesa non può suggerire come ci si debba comportare rispetto a una legge dello Stato e non può raccomandare uno specifico comportamento elettorale, si tratti di elezioni politiche o amministrative o di consultazioni referendarie. Quando entra su questo terreno compie infatti una palese e macroscopica violazione del Concordato». Dettagliuccio: parole così nette contro l'ingerenza ecclesiastica non sono di questi giorni. Scalfari le scrisse durante la campagna per i referendum sulla procreazione medicalmente assistita. Era il marzo del 2005. Oggi, in realtà, sulle pagine di Repubblica la musica è un po' diversa. All'epoca il quotidiano di largo Fochetti e tutti i grandi giornali spingevano per l'abrogazione della legge 40 del 2004, che regola tutt'oggi la materia. La Conferenza episcopale e il cardinale Camillo Ruini chiesero invece agli elettori di non andare a votare, e in questo modo stravinsero. Ovviamente l'intellettualità laica accusò la Chiesa di intromissioni indebite. Guido Ceronetti, sulla Stampa, denunciò che l'Italia si stava avvicinando «alla repubblica islamica iraniana». Mentre Nichi Vendola scomunicò Ruini: «Ogni volta che la Chiesa devia sul piano dell'ingerenza temporale perde, perché si allontana dall'ombra della croce». Sei anni dopo, alla vigilia dei referendum su acqua, nucleare e legittimo impedimento, della preoccupante ingerenza cattolica non c'è più traccia. Eppure le omelie di vescovi e preti sono enfatizzate in ogni frase che può essere interpretata come un appello in vista del voto. Mani esperte tagliano i loro discorsi ad uso della tesi che occorre dimostrare. E cioè che, a partire dal Papa per finire all'ultimo dei frati, la Chiesa vuole che il bravo cristiano vada a votare per il «sì». Il punto, si scopre insomma adesso, non era che la Chiesa «non può raccomandare uno specifico comportamento elettorale». Può farlo, anzi deve. Purché il comportamento sia quello che vuole la sinistra. Così ieri sono apparsi titoli e concetti esilaranti, viste le pagine su cui erano stampati. Proprio Repubblica sostiene che «L'apocalisse nucleare fa paura anche al Papa» e assicura, con prosa non proprio fluida, che «il mondo cattolico italiano ha moltiplicato le preoccupazioni ecologiche papali in una galassia di segnali popolari concordi, come raramente si era verificato, - dalla Cei ai settimanali diocesani, dall'Azione cattolica a Pax Christi, dai gesuiti ai comboniani, sull'adesione ai “sì” dei referendum di domenica. (…) La svolta ecologica nella Chiesa non è solo teologica, reclama scelte e culture politiche di cambiamento». Un lodevole esempio di non ingerenza, insomma, che di sicuro avrà fatto felice Scalfari. L'Unità titola «Il Papa contro il nucleare: “Riflettiamo sulle tragedie”» ed esulta perché quelle di Ratzinger sono «parole più forti di un appello al voto». Una vittoria dello spirito concordatario che il giornale intelligente di Concita De Gregorio saluta con gioia. Alla rottamazione della dignità laica contribuisce il Manifesto, che il giorno dell'elezione di Ratzinger lo aveva ribattezzato «il pastore tedesco». Sulla prima pagina di ieri il pontefice aveva perso ogni tratto canino, anzi sembrava più umano e più buono di Giovanni XXIII: «Lo dice anche il papa. Alla vigilia del referendum, Benedetto XVI affossa il nucleare». Nelle pagine interne fioccano pensierini da chierichetto: «La Chiesa è compatta, dalla cupola alla base, se Dio votasse al referendum sarebbe per il Sì. (…) Il governo però non recepisce il messaggio». Stesso salmo sulle pagine di Liberazione: «Alla vigilia del referendum Benedetto XVI sposa l'opzione antinucleare». Inutile dire che questi sono gli stessi giornali che accusano la Chiesa di essere divisa in due: da un lato i pedofili, dall'altro quelli - come Ratzinger - che li coprono. Poi, se uno va a leggere il discorso del pontefice al quale tutti costoro si sono aggrappati, scopre che le parole «atomo» e «nucleare» manco le ha pronunciate, e che quegli stessi concetti («Adottare un modo di vivere rispettoso dell'ambiente e sostenere la ricerca e lo sfruttamento di energie adeguate che salvaguardino il patrimonio del creato e non comportino pericolo per l'uomo») Ratzinger li aveva espressi tante volte, senza che nessuno se ne accorgesse. Gli strumentalizzatori hanno la memoria corta e il giornalista cattolico Riccardo Cascioli, sul sito La Bussola Quotidiana, fa bene a ricordare che il Papa, nel 2007, lanciò un appello per «l'uso pacifico e sicuro della tecnologia nucleare». Poi, certo, ci sono anche cattolici che certe strumentalizzazioni se le vanno a cercare. Al punto da “ritagliare” il magistero della Chiesa per renderlo coincidente con il testo dei referendum. È quello che hanno fatto i vescovi del Molise e un sacerdote che insegna Etica ambientale all'Università Cattolica di Brescia. Costoro, nei documenti diffusi in vista del voto, hanno citato il punto 485 del Compendio di dottrina sociale della Chiesa presentandolo così: «L'acqua non può essere trattata come una merce tra le altre e il suo uso deve essere razionale e solidale. La sua distribuzione rientra, tradizionalmente, fra le responsabilità di enti pubblici, perché l'acqua è sempre stata considerata un bene pubblico». La frase del Compendio, nota Cascioli, in realtà è più lunga: «(...) l'acqua è stata sempre considerata come un bene pubblico, caratteristica che va mantenuta qualora la gestione venga affidata al settore privato». Insomma, si erano scordati la parte in cui si sostiene che la gestione dell'acqua può essere privatizzata, come prevede la legge che adesso si vuole abrogare. Cosa non ci si inventa per farsi nuovi amici a sinistra. di Fausto Carioti