I ministeri al Nord idea leghista? No, di Prodi
Nel 1996 il Premier Romano e la Fondazione Agnelli proposero un progetto di decentramento: "Un'idea geniale"
Un federalismo profondo, con il trasloco dei ministeri in tutta Italia e la nascita delle authority lontano da Roma. Non è l'anticipazione del discorso che Umberto Bossi farà a Pontida il 19 giugno, ma il succo dell'intervento dell'allora premier Romano Prodi. Era il 31 maggio del 1996. Montecitorio. Alle ore 9 e 32 minuti il capo del governo prende parola per precisare gli obiettivi del neonato esecutivo, concentrandosi sul «federalismo che vogliamo portare fino in fondo e in tutti i campi della vita civile e politica italiana; un federalismo di cui anche il discorso che abbiamo fatto sulla capitale “reticolare” è uno degli aspetti fondamentali». Cos'è la capitale reticolare? Prodi chiarisce: «Vogliamo cominciare davvero la realizzazione di quello che è negli stati federali, cioè che non solo uffici decentrati, ma anche grandi centri decisionali sono distribuiti nel Paese». Il resoconto della seduta non segnala fischi di disapprovazione dai banchi del centrosinistra. Il premier, galvanizzato, insiste: «Nasceranno le authority: queste non potranno nascere a Roma. Saranno l'inizio del discorso del decentramento, che comprenderà anche strutture di comando del Paese che ora sono localizzate a Roma e che un Paese federale vede, invece, vivere in tutto il suo territorio». Seguono appelli al Senatur, che alle elezioni Politiche aveva incassato più del 10% scegliendo di correre contro il Polo e contro l'Ulivo. «È giusto quello che sostiene l'onorevole Bossi, e cioè che il Mezzogiorno rimane la grande questione irrisolta (...) Chiedo all'onorevole Bossi di avere il coraggio di partecipare insieme a noi al grande cambiamento del Paese, perché c'è bisogno anche della forza della Lega». Ora il Carroccio torna a insistere per spostare i dicasteri da Roma, e la sinistra finge di scandalizzarsi: ieri la Padania l'ha sbugiardata ricordando i vecchi discorsi del Professore. Ma non c'era solo lui. Nel 1993 la Fondazione Giovanni Agnelli pubblicava uno studio sulla capitale reticolare. Autori: Marcello Pacini, Klaus R. Kunzmann, J. Neill Marshall e altri. Il volume veniva presentato così: “Le esperienze europee al servizio di un problema emergente italiano: come rilocare territorialmente alcune funzioni centrali del sistema pubblico, trasferendole dalla capitale ad altre città del sistema urbano. Il libro argomenta da più punti di vista come questo tipo di decentramento potrebbe contribuire decisivamente al recupero di efficienza degli apparati di governo, al rafforzamento del policentrismo urbano nazionale e, insieme, al consolidamento dell'identità nazionale, a un senso dello stato più diffuso e condiviso”. La Fondazione Agnelli, nel 1992, aveva sfornato un altro volume caro ai leghisti: “La Padania, una regione italiana in Europa”, firmato da vari accademici che auspicavano la formazione di uno spazio politico padano capace di rappresentare direttamente il proprio territorio in Europa. Ora chi lo dice a Bersani, Vendola e Fini? di Matteo Pandini