Un mondo totalmente corrotto, non si salva nessuno. Ma le chiacchiere non sono sentenza / Giacalone
Le parole di un pm non bastano per una condanna. I magistrati devono essere silenti e laboriosi
Il calcio è un mondo totalmente corrotto, nel quale non si salva nessuno e l'ennesimo scandalo ne è solo l'ulteriore dimostrazione. Questo vedono gli occhi di un ignorante. L'ignoranza è una brutta bestia, che può diventare feroce. Una bestia spesso aizzata in modo colpevole. È difficile rendersene conto fin quando non ci si ritrova, con consapevolezza, dalla parte degli ignoranti. Non sono un tifoso. Per la precisione non so nulla di calcio, non me ne sono mai interessato, sono di una totale ignoranza. È un dato di fatto. Quando la nazionale gioca partite importanti mi sveglio dal torpore, ma dura poco. Me ne dispiace, ma neanche tanto. In questo caso, però, ho potuto vivere la condizione di chi legge storie di un mondo che esiste, che sa essere importante, ma che non lo riguarda, rispetto al quale non dispone di strumenti critici propri. Ebbene, le notizie che leggo sono chiarissime: ci sono calciatori corrotti, camorristi che ne maneggiano le sorti, gente arrestata che implora pietà, essendo all'evidenza colpevole, altri che annunciano le proprie imminenti confessioni. Taluni si proclamano estranei, è vero, ma chi ci crede? Come è possibile che una partita sia corrotta per una squadra e sana per l'altra? O corrotta per una parte dei giocatori e regolare per gli altri? E siccome giocano fra di loro, poche storie e non prendiamoci in giro: è tutto uno schifo. I nomi dei colpevoli li conosco già, perché sono stati pubblicati dai giornali e sono anche gli unici giocatori che, adesso, conosco. A render così le cose è l'avidità, il desiderio d'arricchimento, il fatto che girano troppi soldi. A farne le spese sono quei fessi dei tifosi, che magari si scaldano per le sorti della propria squadra e non si rendono conto d'essere mandrie manovrate. A queste brillantissime conclusioni sono giunto sulle basi di un'inchiesta penale che è ben lungi dall'essere conclusa. Sulla base di documenti e voci pubblicate, arricchiti da origliamenti d'interrogatori e commenti dei magistrati competenti. I quali ultimi, con le loro altolocate parole, che lo vogliano o no, avvalorano il racconto del resto. Il tutto avviene, e per me è sentenza già archiviata, a un anno dagli eventuali rinvii a giudizio e a sei o sette (voglio essere generoso) dalla sentenza definitiva. Nel mentre quei cittadini, lavoratori con i piedi, sono da considerarsi innocenti, per me sono già definitivamente colpevoli. E questo è il regalo, mortifero, fattoci da anni di giustizialismo mediatico, socio inseparabile di una giustizia che non funziona. Immagino quel che cittadini non avveduti possono provare quando leggono d'inchieste nel mondo della politica e della finanza, mancando delle informazioni necessarie a capire. Anche loro considereranno tutto schifoso, marcio, esecrabile. Oppure cosa pensano quelli che sono tifosi, di calcio, politica o finanza: è un complotto, una montatura. In tutti e due i casi si tratta di abitanti in un Paese senza giustizia. Così come si tratta di gente che tende sempre a non sentirsi coinvolta, ad autoassolversi per pretesa estraneità. Anche questo è falso, e basta vedere i genitori che spingono i figli e ne reclamano l'inserimento in squadra, per rendersene conto. Come si fa, allora, a non vivere in un'Italia in cui valgono le regole gemelle della presunzione di colpevolezza e dell'autoassoluzione? Si fa funzionare la giustizia. Magistrati silenti e laborisoi, processi rapidi e sentenze definitive, giornalismo rispettoso dei diritti e delle parti, non ebbro di sangue. Un Paese civile, insomma. Quale l'Italia, purtroppo, non è. di Davide Giacalone