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Degrado progressista contro i barboni: scatta 'caccia' di sinistra ai senza tetto

Bologna, Firenze, Genova. Incendiano le baracche, si toglie l'acqua dalle fontane e chiudono pure i dormitori

Andrea Tempestini
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Sono clochard, sono barboni. Rifiuti della società, spazzatura umana da smaltire. E che cos'è, il solito discorso odiosamente provocatorio dell'esaltato nazistoide? Ma no, che quando si tratta di miserabili il disprezzo non ha colore. E anzi, in questo senso le città-simbolo della buona amministrazione progressista sono più attive che mai. Firenze, tanto per dire. E non che qui c'entri la giunta guidata dal sindaco Renzi, quello dell'ordinanza anti-lavavetri e delle multe ai mendicanti. In ogni caso, l'altra notte è andato a fuoco un piccolo accampamento utilizzato proprio dai senza-fissa-dimora. All'altezza di piazza Paolo Uccello, vicino alle Cascine. Incendio doloso, secondo i primi rilievi: fortuna che non c'era nessuno, ridotti in cenere soltanto materassi e qualche scalcagnato oggetto. D'altronde qualche tempo fa sul giornale cittadino sezione primo piano Firenze, dove in alto si raccontava proprio il fermo d'un senzacasa mezzo ubriaco,  ecco il riquadro con questo titolo: «Intanto è partito il restyling». Il restyling. E dove c'è il restyling non ci devono essere barboni, altrimenti che restyling è? Passi da Firenze a Genova, altra città-simbolo del buon governo progressista - e lo si sottolinea perché insomma, suona strano, no? Dice: intorno a quei giardini gironzolano troppi disperati, sarà perché lì ci sono le fontanelle e dunque i clochard ci bevono e anche si rinfrescano e persino si lavano. Però non ne vogliono sapere di andarsene, 'sti pulciosi. E allora sapete che cosa si può fare? Togliamo l'acqua dalle fontanelle. Semplice, no? Togliamo l'acqua, che così vedrete che sbaraccano. Che se l'avesse pensata, chessò, un'amministrazione a guida leghista, le sentivi le accuse di insensibilità e anche di razzismo: in questo senso, passò alla storia la decisione dell'allora sindaco di Treviso Gentilini, che fece togliere le panchine da viali e giardini vicini alla stazione per evitare che ci si sdraiassero miserabili e clandestini. E intendiamoci, qui non si tratta di giustificare una parte perché anche l'altra, all'occorrenza, ragiona nello stesso modo, ché comunque di corbelleria sempre si tratta: solo ci si permette di segnalare che quando si tratta di clochard, di barboni, non c'è schieramento che tenga. Ma tant'è, vediamo di andare al punto. E dunque, questa provocatoria richiesta viene dall'Amiu, azienda municipale che a Genova si occupa d'igiene urbana. Riguarda anche in questo caso i giardini davanti a una stazione: viale Caviglia, zona Brignole. Sbandati e vagabondi sono in effetti presenza costante, lo spettacolo non è certo  di civico esempio: di fianco a clochard pacifici vi s'incontrano anche personaggi molesti. Gli operatori dell'Amiu denunciano intimidazioni, sono giustamente preoccupati. Chiamiamo un amico che abita nei paraggi e lui ci conferma che sì, è vero, «quello slargo è dimenticato da Dio e dai sindaci...». Nel senso, il problema esiste, e qui non si tratta certo di giustificare comportamenti inurbani soltanto perché riferibili a persone in difficoltà.  Ma la trovata non convince: invece d'affrontare il problema del disagio, si punta solo a spostarlo di zona. Lo stesso presidente di Amiu Fabio Orengo ammette che trattasi di idea «forse incivile, forse è un modo drastico e devastante per allontanare i clochard». Ma, aggiunge, questo problema va affrontato. Tirando così in ballo la giunta comunale. L'assessore alla Sicurezza, Scidone, auspica - in Italia politici e amministratori auspicano almeno una volta al giorno - auspica, dicevamo, più controlli della Polizia, «non è solo un problema di decoro, ma anche sociale». Giusto: e chi lo deve risolvere, se non il Comune? E poi ti viene in mente Bologna. Bologna l'accogliente, Bologna dal cuore d'oro. Ma dove? La rivolta dei barboni, così se ne parlava nei primi giorni d'aprile. Cioè, rivolta suona magari esagerato, però insomma, si sono arrabbiati. Saranno stati stati un centinaio. Han preso coperte, sacchetti, cartoni. Sono andati davanti al Comune, con il supporto della storica associazione Piazza Grande. Si sono accampati lì per protestare: gli avevano chiuso il dormitorio, quello ch'era stato aperto per “l'emergenza freddo”, che così almeno nel gelo invernale non ne moriva uno alla settimana e non sporcava l'immagine della città equa e solidale. E però poi basta, finito, andate per strada - andate via, barboni! - tanto ormai è arrivato il caldo. E allora sciò, sloggiare. E loro si sono accampati là, davanti al Palazzo, quattro giorni e quattro notti, «che cosa vuoi che cambi, per noi? Ci siamo abituati. E poi perché chiudere i dormitori? È una crudeltà inutile». Alla fine in Comune han deciso di lasciarlo aperto fino a fine giugno, quel dormitorio. Cioè, l'ha deciso il commissario straordinario: adesso dovrà pensarci il nuovo sindaco Virginio Merola. Ci sono rassicurazioni di massima, ma ancora non si sa. Non si sa dove potrà andare a dormire, quel centinaio di senzacasa. Basta che non si vedano. di Andrea Scaglia

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