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Dopo il ballottaggio, la congiura: Berlusconi ora teme un governissimo

Per il Cav il pericolo non è il Pd ma una maggioranza larga guidata da Mario Monti. O Giulio Tremonti... / CARIOTI

Andrea Tempestini
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Non è certo Pier Luigi Bersani l'avversario che minaccia di mandare a casa Silvio Berlusconi e archiviare il governo - e forse l'esperienza politica - del centrodestra nel formato Pdl + Lega. Non è nemmeno Nichi Vendola, che da vero vincitore delle Amministrative ha tutto il diritto di pretendere dal Pd le primarie di coalizione per farsi incoronare leader ufficiale del centrosinistra. Il nemico dal quale il Cavaliere indebolito si deve guardare è molto più subdolo e pericoloso. È quel governissimo che ha tante forme e tante declinazioni, che si possono chiamare governo tecnico o governo di salute pubblica o governo per le grandi riforme, ma il cui programma, sfrondato degli orpelli, è sempre lo stesso: mandare a casa Berlusconi e avviare la nuova fase politica senza che né il Pdl né il suo fondatore abbiano alcun ruolo di regia. Anzi, la parte che si vorrebbe che svolgessero è quella di vittime predestinate. La coalizione che dovrebbe sorreggere un simile esecutivo è presto fatta: chiunque voglia rottamare Berlusconi è bene accetto. Compresi quei pezzi di Pdl - il primo nome che gira è quello di Beppe Pisanu - che da tempo lavorano per cambiare gli equilibri dentro e fuori dal Parlamento. Sono già iniziati i corteggiamenti alla Lega: l'offerta di una legge elettorale su base proporzionale che tenga conto delle esigenze del Carroccio, lanciata dal Pd e gradita al terzo polo, non è stata respinta dalla camicie verdi, anzi. Il tavolo di confronto sarà presto avviato, e se decolla saranno guai per Berlusconi. Di sicuro, il pacco dono per i leghisti non conterrà solo la riforma elettorale, ma sarà arricchito da nuovi cadeau. I candidati a guidare il governo che dovrà cantare il de profundis per il Cavaliere sono sempre i soliti: l'economista Mario Monti, se si vuole puntare su un tecnico puro, e Giulio Tremonti, a questo punto definitivamente strappato dall'orbita berlusconiana, se ovviamente il diretto interessato e i suoi amici leghisti saranno d'accordo. Bersani già la scorsa estate aveva detto che un governo di transizione guidato dal ministro dell'Economia sarebbe stato «un'idea molto più sensata rispetto all'attuale esecutivo»: l'ipotesi tornerà presto attuale. Non c'è Mario Draghi, tra i possibili premier traghettatori, ma solo perché il governatore di Bankitalia sta per diventare presidente della Banca centrale europea. Questo però non ha fatto cessare le attenzioni su di lui: l'economista Michele Salvati, nel suo editoriale di ieri sul Corriere della Sera, ha invitato Draghi, che oggi a palazzo Koch leggerà le sue ultime Considerazioni finali, a essere la levatrice «del passaggio dal carisma all'istituzione, dall'eccezionalità alla normalità». Insomma, il vigile - assieme al Quirinale, s'intende - della transizione al dopo-Berlusconi. La quale non può che passare per un nuovo governo e nuove alleanze. Prospettiva che di sicuro non dispiace a Confindustria, al punto che non ci sarebbe da stupirsi se presto ragionamenti simili iniziassero ad apparire anche sul Sole-24 Ore, l'organo della casa. L'idea del governo tecnico tenta anche il Pd, che la preferisce di gran lunga al voto anticipato. Un esecutivo di salute pubblica, insediato con lo scopo ufficiale di tenere dritta la barra durante le turbolenze internazionali, oltre a far calare il sipario sull'epopea berlusconiana darebbe alle opposizioni tempo per definire alleanze e candidati premier. Argomenti che le Amministrative hanno reso ancora più confusi: l'unica cosa chiara è che il Pd, per vincere, è costretto a mettersi nelle mani dei vendoliani e dei dipietristi, i quali a livello nazionale restano incompatibili con i cattolici dell'Udc. La «fase costituente» che Bersani intende avviare assieme alle altre forze di opposizione si annuncia un lavoro lungo e complicato. Proprio il caos che regna nel fronte avversario, alla fine, potrebbe spingere Berlusconi, se tra qualche mese sarà ancora in piedi, a mettere in pratica con un anno di ritardo il vecchio consiglio di Bossi: puntare sul voto anticipato, a questo punto nella primavera del 2011, ricandidando se stesso per l'ultima volta o - come vorrebbero i leghisti e ormai anche alcuni tra i suoi - lanciando un proprio delfino in ticket con un uomo scelto da Bossi. Un modo per far gestire a Berlusconi la propria successione, assegnandogli un ruolo decisivo anche nella prossima legislatura. Proprio quello che gli sponsor del governissimo vogliono evitare. di Fausto Carioti

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