Tra nucleare, Libia e un pizzico di Urss: ora auguri di buon comunismo a tutti
Vendola grida alla "fine della dittatura" e il popolo esulta. Il Cavaliere lo ripete spesso: "Esistono. E sono pure tanti"
Era il 1986, pochi mesi prima che A. venisse al mondo: esplose la centrale di Chernobyl. Un anno dopo un referendum stabiliva: in Italia niente atomo. Cresceva la paura di un disastro nucleare, e con lei la diffidenza del Belpaese nei confronti di quegli impianti che ci servirebbero come ossigeno. Intanto quelle centrali, oggi, continuiamo a combatterle. Ma questo è un altro discorso. Nel luglio dello stesso anno l'Italia dichiarò l'embargo di forniture militari alla Libia (di Gheddafi). Certo, non si trattava di una guerra, ma è facile scorgere qualche analogia con il presente. Spostiamoci indietro di qualche mese, torniamo nel 1985, quando quel simpatico ometto con una macchia in fronte divenne segretario generale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica. E' Michail Gorbacëv, l'uomo della perestrojka e di glasnost, l'uomo che - volente o nolente - ha fatto calare il sipario sull'Unione Sovietica e sul comunismo in Europa. E quindi nel mondo. Soffiava un vento nuovo, quando A. muoveva i primi passi e non capiva nulla di quel che gli accadeva intorno. Uno dei suoi primi ricordi - ha un padre che quando sente il rombo del motore Ferrari trasale per l'emozione - è quello del terribile incidente di Ayrton Senna. Questo per dire che tutta quella gente arrampicata su un muro, tutta quella gente che lo distruggeva con martelli, martelletti e tanta rabbia liberatoria, per lui non significava nulla. Come nulla significavano Chernobyl, Gorbacëv, la Libia e l'Urss. Poi, anche a lui, è toccato leggere le pagine dei libri di storia. A scuola, con sommo dispiacere, non gli propinavano soltanto gli almanacchi dei Gran Premi. Così ha scoperto qualcosa su Chernobyl, sulla Libia e su Gorbacëv (su Senna aveva già dato). Così ha scoperto che quel 9 novembre del 1989 era successo qualcosa di importante. Sarà stato il vento radioattivo della centrale Ucraina, sarà stato che il buon Michail non sapeva più che pesci pigliare, oppure sarà stato che, insomma, quel premio Nobel per la pace lo voleva. E come lo voleva. E meno male che lo voleva. Sarà stato tutto questo, ma intanto quel muro crollava, pezzettino per pezzettino. Berlino tornava unita e il comunismo viveva il suo giorno simbolicamente più drammatico. Era finita un'era. Come ci ha insegnato quel capolavoro che è Goodbye Lenin, gli abitanti dell'est avrebbero potuto mangiare cetrioli non soltanto di marca Spreewald. In quel film, per dirla tutta, la signora voleva solo cetriolini Spreewald. Ma si sa, ai registi piacciono le bizzarrie. A tutti gli altri teutonici marchiati da lunghi anni rossi, invece, cominciò a piacere l'aria meno viziata del sogno capitalista. Piacevano i grandi magazzini. Impazzirono per la Coca Cola. Cetriolini a parte, gli erano poi rimasti impressi i vaghi ricordi di quel Tg1 che aveva rapito l'attenzione di mamma e papà, nel 1991. Nel consueto lavoro retroattivo, ha rimesso insieme i cocci delle sue reminiscenze: quei carri armati che marciavano su Mosca volevano dire che l'Unione Sovietica non c'era più. Addio pure a Gorbacëv, che rispetto a quanto ci aveva regalato in precedenza il Pcus sembrava una manna dal cielo. Addio al comunismo. Ogni tanto si faceva sentire solo quel simpatico matto di Fidel, che a migliaia e migliaia di chilometri di distanza, e a poche manciate di metri dal 'mostro imperialista', gli Stati Uniti, gli faceva quasi simpatia (torture e sistematiche violazioni dei diritti umani a parte). Un comunista al largo di Miami era (e resta) incredibile. Sono passati venticinque anni dal 1986 da cui hanno preso spunto queste riflessioni. A. è nato e vissuto a Milano, dove di centrali nucleari non se ne sono mai viste, in quella Milano dove alcuni ministri sognano di avere l'atomo nel loro giardino. Ma questo - un'altra volta - è un altro discorso. Eppure i corsi e ricorsi storici fanno quasi sorridere. Siamo ancora qui a discutere del nucleare, gli attivisti di Greenpeace si calano dal tetto dell'Olimpico durante la finale di Coppa Italia e, probabilmente, un (altro) referendum seppellirà gli impianti ancor prima del primo mattone. Ma non è tutto. La Libia è prepotentemente tornata agli onori delle cronache, e anche in questo caso l'abbiamo scaricata: a questo giro non si tratta di embargo delle armi, ma di bombe belle e buone. Corsi e ricorsi finiti? No, ce n'è un altro. Del comunismo ci eravamo dimenticati. Sì, c'è un presidente del Consiglio che spesso ricorda: "Attenti. Esistono ancora, e ce ne sono tanti". A. aveva i suoi dubbi, ma si sà che Berlusconi non rinuncerà mai a cavalcare le sue convinzioni. Eppure... Eppure scopre che nella sua città, dove un ballottaggio non si vedeva dal 1993 - da quando vinse Formentini, candidato 'scomodo', il primo Sindaco della neonata e urlante Lega Nord che fece breccia nel puritanesimo meneghino –, nella sua città vince Giuliano Pisapia. Una vita in Rifondazione Comunista prima e con Sinistra e Libertà (e Vendola) poi. Pisapia espugna la roccaforte del centrodestra. L'avvocato di Carlo Giuliani, una persona di grande spessore ma dalle idee difficilmente digeribili per la città, è il sindaco di Milano. Non sarà il candidato dei centri sociali, ma i centri sociali sono contenti, garantito. In piazza del Duomo, l'abile retore Nichi Vendola chiede elezioni anticipate ed esulta: "E' la fine di un ciclo politico e culturale durato 15 anni, è la fine della dittatura della pornografia", spiega. Pure a Napoli vince Luigi De Magistris, che comunista non è ma sembra più comunista dei comunisti per quella 'vaga' tendenza all'autoritarismo. Bene. Probabilmente nessuno sarà costretto a trangugiare cetriolini Spreewald. Per liberarci della sinistra Umberto Bossi non marcerà su Milano né con i tank né con una Grand Cherooke. Muri per dividere la Lombardia in due non verranno eretti. Semmai una moschea. Non ci saranno leggi speciali né premi Nobel, piuttosto solo tempeste fiscali. Però, alla fin della fiera, un sospetto gli è venuto: vuoi vedere che Silvio aveva ragione? Godeteveli, i comunisti.