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I voltagabbana vero Terzo Polo tra aule e salotti

Il Parlamento è specchio di una borghesia sempre più opportunista. Da D'Amato a Bocchino, l'incorerenza fa scuola

Giulio Bucchi
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C'è qualcuno in Italia che riesce ad essere oltre la destra, la sinistra e perfino il centro. Trasversale, ma nel peggior senso del termine. Sono gli uomini per tutte le stagioni, meglio però se calde e confortanti. In genere li si trova tra i ranghi della borghesia, magari illuminato e milanese, ma non solo. Una borghesia che come scrive il direttore editoriale di Libero Vittorio Feltri nell'editoriale in edicola oggi, venerdì 27 maggio, è divisa in due tronconi (progressisista, a sinistra; moderato, a destra, ndr) che si combattono, ma hanno un denominatore comune: il desiderio imprescindibile di mantenere i propri privilegi. Le due borghesie, inconsapevolmente vicine sia pur apparentemente contrapposte, seguono l'istinto o la convenienza: il ceto teoricamente più provveduto brilla per ignoranza, scrive Feltri. E l'ultimo esempio arriva da Massimo Moratti, patron dell'Inter, cognato del sindaco uscente di Milano Letizia e manifesto sostenitore di Giuliano Pisapia in quanto "rappresentante della vera borghesia milanese". Come può - si chiede Feltri a proposito del candidato - un uomo politico, ex parlamentare di Rifondazione comunista, incarnare seriamente i valori della borghesia? I casi sono tre: o è impazzito Massimo Moratti o è impazzito Pisapia o è impazzita la borghesia. PARATA DI GIRANDOLE - La risposta forse sta nel fatto che la borghesia, milanese e non solo, ha in sé lo spirito dei voltagabbana. In giro, tra Parlamento e salotti buoni, ce ne sono tanti. Come scrive, sempre su Libero di venerdì, Tommaso Montesano l'ultimo, in ordine di tempo, è stato Antonio D'Amato, l'ex presidente di Confindustria che nel 2005 fu a un soffio dalla candidatura alla presidenza della Regione Campania per il centrodestra: «Berlusconi ha perso la sua carica riformista lasciando questo Paese fermo al palo». Da qui la decisione di appoggiare, al ballottaggio di domenica e lunedì prossimi, il dipietrista Gianni De Magistris come sindaco di Napoli: «È un forte segno di discontinuità». L'elenco di chi fa la spola, soprattutto a ridosso di un voto locale che potrebbe segnare le sorti nazionali, è lungo. Prendiamo il voto di fiducia sul “decreto omnibus”, di due giorni fa - ricorda Montesano -. Dall'Aula erano assenti i due liberaldemocratici Daniela Melchiorre ed Italo Tanoni. E se la neosottosegretaria allo Sviluppo economico era ufficialmente in missione, nella maggioranza non è passata inosservata l'assenza di Tanoni, che eletto con il PdL è stato finora protagonista di una mezza dozzina di cambi di campo. Ha marcato visita anche il repubblicano Francesco Nucara, che dopo il voto di fiducia del 14 dicembre 2010 si è via via allontanato dalla maggioranza non aderendo al gruppo dei Responsabili. Il serbatoio classico di voltagabbana è Futuro e Libertà. Da Gianfranco Fini ("Berlusconi ha delle istituzioni la stessa idea che ha del PdL: una concezione proprietaria") a Italo Bocchino, da Chiara Moroni, che è passata dall'adorazione di Berlusconi («oggi il vero riformista in Italia è lui», 13 dicembre 2008) all'attacco personale («quando si riscoprono funzioni pubbliche bisogna dare l'esempio», 11 febbraio 2011). Nel Terzo polo in tanti hanno saltato il fosso. Ad esempio il leader dell'Mpa, e presidente della Regione Sicilia, Raffaele Lombardo. "La soluzione migliore sarebbe che Berlusconi insistesse a fare il partito unico, non si può consentire a partiti del 4-5% di mettere il veto su tutto", diceva il governatore nel 2005. Oggi Lombardo va a braccetto con chi ha fondato una nuova coalizione per reazione al "cesarismo" del premier: "Siamo nel Terzo polo, che è nato alternativo a Berlusconi" (12 gennaio 2011). Di voltagabbana ce n'è anche a Milano. Manfredi Palmeri, già capogruppo di Forza Italia in consiglio comunale, nel 2006 lodava le performance televisive di Berlusconi contro Romano Prodi: "Abbiamo vinto cinque a zero. Senza queste regole che limitano il dibattito avremmo vinto dieci a zero". Il flirt col Terzo Polo intriga anche Giuseppe Pisanu. Il senatore del PdL, che già nel 1998 candidava Berlusconi al Quirinale in nome dei "larghi e crescenti consensi" del Cav, lo scorso aprile ha chiesto insieme al pd Walter Veltroni un "nuovo governo: dopo vent'anni di contrasti paralizzanti è giunto il tempo di voltare pagina". In attesa della prossima.

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