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De Magistris, guai con i suoi colleghi: proprio i giudici...

E Masaniello non se la passa bene. Intercettazioni, fermi e sequestri: venivano sempre bocciati. Allora lui s'inventa una serie di stratagemmi

Andrea Tempestini
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L'indagine sulla costruzione del nuovo palazzo di giustizia di Catanzaro (procedimento n.609/96) fu naturalmente un altro plof della carriera di Luigi De Magistris: fu lui a ipotizzare dei generici «tentativo di abuso d'ufficio» e «tentativo di truffa aggravata» ai danni di tre persone, cioè Giuseppe Gatto, Antonio Rinaldi e Valerio Zimatore.   L'impostazione accusatoria, tra l'altro, implicava necessariamente la complicità dei vertici della magistratura catanzarese, ma formalmente non furono neppure mai indagati, era ancora presto per quel genere di cose. Il sequestro del palazzo in costruzione venne subito revocato dal Tribunale della libertà, ed è qui che attorno a De Magistris cominciarono a succedere delle prime stranezze; la trascrizione delle intercettazioni telefoniche dell'indagato Giuseppe Gatto, infatti, fu artefatta: non solo la frase «provveditore generale» fu sostituita con «procuratore Generale», ma tra parentesi qualcuno appuntò -  non è chiaro chi - anche il nome di Giuseppe Chiaravalloti, il citato Procuratore Generale a Reggio Calabria. Quest'ultimo, stupito, trasmise una rimostranza al Comando Generale dei Carabinieri, e il risultato fu che fu inquisito per calunnia e diffamazione ai danni del capitano responsabile della trascrizione telefonica. Chiaravalloti, comunque, sarà prosciolto in udienza preliminare e anche in Appello, mentre il capitano responsabile della trascrizione, invece, se la cavò con delle sanzioni disciplinari. In pratica fu un buco nell'acqua, a cui si aggiungerà la richiesta di De Magistris di processare i succitati Gatto e Rinaldi e Zimatore: ma il giudice, il 25 febbraio 1998, decise di non processare nessuno. De Magistris fece appello, ma fu respinto.   Finita? Macché: De Magistris trasmise alla Procura di Messina (competente su Reggio Calabria) una nota dove si ipotizzava che il procuratore Chiaravalloti avesse rivelato dei segreti d'ufficio: ma il giudice archiviò anche questa. Dalla sentenza, peraltro, si evinse che le indagini su Chiaravalloti erano cominciate quando il medesimo era ancora avvocato generale a Catanzaro, cioè nella stessa sede giudiziaria dove operava De Magistris: era accaduto che una procura, in altre parole, aveva indagato su se stessa.   I GIUDICI Molti giovani avvocati, oggi, ricordano De Magistris anche se non l'hanno mai incontrato in vita loro: è per via della sua inchiesta catanzarese su alcune presunte irregolarità negli esami di procuratore legale. Più che presunte, le irregolarità erano certe: risultò infatti evidente, su 2301 partecipanti all'esame, che ben 2295 avevano copiato. Il problema è che De Magistris, pur indagando praticamente tutti e 2000 i candidati, non ebbe modo di dimostrarlo: il procedimento finì in nulla, e restò memorabile la pretesa che i commissari d'esame aprissero anzitempo le buste degli elaborati, davanti al carabinieri, col rischio che fossero invalidate tutte. Era un De Magistris ancora acerbo. Certe sue fisse apparenti, come quella d'inquisire soprattutto politici e magistrati, sembravano tuttavia già ben delineate: ma ecco che ogni volta andavano a sbattere contro i controlli di legittimità dei suoi colleghi. Giudici, gip, gup, tribunale del  riesame, Appello,  Cassazione, e annullamenti, assoluzioni, proscioglimenti: tutto sembrava complottare contro di lui. Il De Magistris che tornerà a Catanzaro nel 2002 - dopo un interregno poco significativo nella natia Napoli - risolverà questo problema adottando con frequanza un genere di provvedimenti che per essere spiccati non abbisognano neppure della fastidiosa convalida di un giudice: cioè perquisizioni, sequestri probatori, interdizioni e fermi di polizia. Anche la sua propensione a intercettare mezzo mondo, alleandosi con le fantasie spionistiche dei vari Gioacchino Genchi, sino ad allora era rimasta in sonno: ma di lì in poi comincerà a scatenarsi con varie inchieste infarcite di perquisizioni e fermi di polizia e soprattutto sequestri, tutti atti che appunto non abbisognavano di verifiche da parte dei colleghi. Tra le sue nuove fisse, il sequestro di grandi alberghi o maxi strutture turistiche ancora in costruzione, con annessi danni economici e lavoratori che finirono a spasso.  SEQUESTRI FLOP Nel 2003, per esempio, sequestrò due villaggi turistici a Botricello (Catanzaro) e mise sotto indagine diciotto persone. Il sequestro durò quattro anni e ogni finanziamento europeo del caso - circa nove miliardi di lire - andò perso. Ma il 13 maggio 2007, dopo quasi tre anni di udienza preliminare,  il giudice Tiziana Macrì proscioglierà tutti i malcapitati e ne citerà semmai la «condotta corretta e trasparente». Ma va detto che De Magistris non mancherà di coinvolgere Tiziana Macrì in altri procedimenti, questo a dispetto del suo noto impegno in processi contro la criminalità organizzata. Due altri sequestri, nel marzo 2004, furono quello dei cantieri per la costruzione del paese-albergo di Davoli Marina e poi quello di una struttura abitativa in località Berenice: De Magistris si concentrò sulla concessione edilizia n. 15 del 23/5/2003 e indagò un bel po' di persone. Orbene: il Tribunale della libertà revocò il sequestro per totale insussistenza dei presupposti, e il dissequestro divenne definitivo anche perché De Magistris, come moltissime altre volte, non fece neanche ricorso. I danni alle imprese, e ai titolari del progetto, furono ovviamente incalcolabili.  di Filippo Facci

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