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Viaggio tra i flop di De Magistris, il pm moralizzatore

Buchi nell'acqua e inchiesta farsa firmate dal candidato Idv a Napoli contro Lettieri. La prima puntata / FACCI

Giulio Bucchi
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È davvero finita, se persino Marco Pannella ha detto realmente che il togato Luigi De Magistris «non lo hanno fatto lavorare»: abbiamo perso la memoria o abbiamo perso Pannella, cioè uno che conosce Napoli - si pensava - e che tuttavia, adesso, sostiene un perfetto erede di quel genere di magistrati che distrussero Enzo Tortora. Faccia pure, Pannella, si turi il naso, se lo mozzi, ma prima legga qui. Perché peggio dell'informazione che non c'è - sacrosanta lagnanza dei radicali - c'è il non conoscere la poca informazione che c'è.   La clinica degli orrori. Poco si sa, infatti, della reale carriera di Luigi De Magistris, un uomo che in fin dei conti andrebbe giudicato per le sue opere. Il candidato sindaco fu nominato magistrato di tribunale l'8 luglio 1996 e giunse a Catanzaro quell'anno stesso, 29enne; si presentò ai colleghi incitando sin da subito alla «moralizzazione della cosa pubblica» e quest'ultima espressione comparirà nell'ordine d'arresto della sua prima inchiesta importante, la 1471/96, un'indagine grazie alla quale ventuno incensurati di una clinica privata, Villa Nuccia, finirono in galera con le accuse più turpi: violenza contro un centinaio di malati mentali, omicidio dei medesimi, favoreggiamento di latitanti, falsi certificati per esonerare dei figli di mafiosi dal militare, cose così. De Magistris mostrò già allora un'indubbia disinvoltura nel contestare il peggio: sequestro di persona, omicidio, falso, maltrattamenti, associazione per delinquere finalizzata alla corruzione. Il clamore mediatico fu enorme, e la stampa prese finalmente conoscenza del personaggio: su Raidue, La vita in diretta si soffermò sul caso per settimane. Tutto era fondato sulle confidenze rese a De Magistris da Mario Ammirato, un ex infermiere; oltre alle sue parole, il nulla. Le richieste d'arresto iniziavano così: «Nell'ambito dell'attività di indagine rivolta alla moralizzazione della cosa pubblica... ». Era già partita la lunga rincorsa di Luigi De Magistris verso fantomatiche lobby di potere da perseguire a tutti i costi. Tra gli arrestati principali c'era il primario Antonino Bonura, già medico militare pluridecorato con diverse missioni all'estero alle spalle: peraltro era medico legale nella stessa Procura che l'aveva arrestato, e dopo la carcerazione gli venne un infarto. De Magistris, a un anno dal primo arresto, lo incarcerò una seconda volta: fu l'unico errore di cui il magistrato ebbe a scusarsi pubblicamente. È di allora anche un primo tentativo di coinvolgere in qualche modo Giuseppe Chiaravalloti, ai tempi avvocato generale presso la Corte d'Appello e futuro presidente della Regione: il pm lo tirò in ballo sul presupposto che in clinica avesse abbracciato Antonino Bonura. De Magistris chiese i rinvii a giudizio del caso, ma l'udienza preliminare sfociò in una sentenza di non luogo a procedere per tutti: Vittoria Palazzo, Corrado Decimo, Vincenzo Lombardi, Achille Tomaino, Massimo Aria, Giuseppe Giannini, Francesco Trapasso, Alfonso Colosimo, Salvatore Moschella e Giovanni Ferragina. Prosciolti. De Magistris impugnò la sentenza, ma il 22 gennaio 1999 la Corte d'Appello di Catanzaro confermò i proscioglimenti in toto. La vicenda, complicatissima, si inerpicherà in un totale di undici processi in dieci anni, e alla fine saranno assolti tutti gli imputati tranne uno: Mario Ammirato, proprio lui, il confidente di De Magistris. Il cardiopatico Bonura e il trapiantato di fegato Salvatore Moschella, invece, ricevettero rispettivamente 50mila e 180mila euro per ingiusta detenzione. Ma la clinica era ormai sputtanata e dovettero cederla. La Corte d'Appello liquidò ingenti riparazioni anche per gli altri. Sono di allora i primi scontri con Giancarlo Pittelli, avvocato dei succitati e negli anni a venire parlamentare di Forza Italia: per De Magistris una sorta di nemico pubblico. Sempre in campo sanitario, Pittelli fronteggerà il magistrato in molti altri procedimenti tra i quali uno discretamente demenziale: De Magistris accusò di falso alcuni farmacisti comunali che a suo dire non avevano obliterato alcune fustelle, ossia i talloncini dei prezzi che ci sono sulle scatole dei medicinali; tuttavia verrà fuori che i farmacisti non avevano potuto obliterare le fustelle perché De Magistris, per altro procedimento, gli aveva già sequestrato l'apparecchietto per l'obliterazione. Archiviato tutto. L'abuso che non c'era. Il secondo clamoroso buco nell'acqua fu il procedimento 496/97, dove De Magistris accusò di abuso d'ufficio gli amministratori comunali Giovanni Alcaro, Giuseppe Mazzullo, Lucia Rubino, Valerio Zimatore, Domenico Tallini, Michelino Lanzo, Costantino Mustari e Fausto Rippa. L'accusa, in sostanza, fu quella d'aver riassunto in comune questo Fausto Rippa con una delibera irregolare.  A stabilire che lo era, regolare, c'era già una sentenza del Tar, la numero 864 del 5 settembre 1995: ma De Magistris chiese il rinvio a giudizio lo stesso, e il 15 dicembre 1997 il giudice decise per il non luogo a procedere. Motivazione: insussistenza del fatto. L'appello di De Magistris verrà dichiarato inammissibile. Ma la sua clamorosa carriera - fatta, appunto, di clamori - era appena incominciata. 1 / continua

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