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Istat: "Recessione è finita. Tengono i conti pubblici"

"Allarme povertà" da parte Istituto per 24,7% italiani. Ma il restante 75 resiste alla crisi. Cresce la fiducia

Andrea Tempestini
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La ripresa procede dall'aprile del 2009 e la recessione, da quello che viene considerato un "punto di vista tecnico", è terminata. Il nostro Paese ha inoltre mantenuto sotto controllo i conti pubblici e, negli anni della crisi economica, "a differenza di molte economie europee" non ha avuto la necessità di varare "interventi di salvataggio del sistema finanziario e, nel contempo, ha avuto margini di manovra molto ristretti per attuare politiche anticicliche". E' quanto spiegail rapporto annuale 2010 dell'Istat che sottolinea come, tuttavia, dal punto di vista sociale la crisi continui a pesare sulle famiglie e il mondo del lavoro. "RISCHIO POVERTA" - L'Istat rileva inoltre come circa un quarto degli italiani (il 24,7% della popolazione) "sperimenta il rischio di povertà o di esclusione sociale". Il dato, spiega l'Istituto di statistica, è del 23,1% superiore alla media europea. La rilevazione ha subito fatto scattare l'allarmismo della stampa e degli esperti, ma va sottolineato come la percentuale venga calcolata in base al discostamento rispetto al reddito medio del Paese. Fatto un semplice calcolo, a questo "rischio povertà" si può dare anche un'interpretazione speculare: il 75% della popolazione, in tempo di crisi e recessione, ha mantenuto il reddito ai livelli della media nazionale o lo ha migliorato. FIDUCIA CONSUMATORI - A maggio l'indice del clima di fiducia dei consumatori ha fatto registrare un altro balzo in avanti, passando a 106,5 dal precedente 103,7 di aprile. L'Istat aggiunge che "il miglioramento è diffuso a tutte le componenti della fiducia: l'indice relativo alla situazione personale degli intervistati sale da 118,8 a 121,5, quello sul quadro economico generale passa da 73,0 a 77,8. Salgono anche gli indici relativi al clima futuro (da 90,1 a 93,1) e corrente (da 114,8 a 117,4)". DIMINUISCE PRESSIONE FISCALE - L'Istat rileva come la pressione fiscale sia calata dello 0,6 per cento, mentre poi sottolinea come la nostra economia cresca meno rispetto a quella degli altri Paesi europei. Nel decennio 2001-2010, è cresciuta "con un tasso medio annuo pari allo 0,2%, contro l'1,1% dell'Eurozona". Anche i dati relativi all'inizio di quest'anno non sono dei migliori: "Nel primo trimestre in Italia la crescita è stata dello 0,1% su base congiunturale, e dell'1 per cento in termini tendenziali, mentre nell'Uem la crescita è stata dello 0,8% su base trimestrale e del 2,5% rispetto ai primi tre mesi del 2010". GIOVANI - In un contesto di crisi, ad essere più colpiti sono stati i giovani. Nel 2010 è proseguita la flessione degli occupati tra i 18 e i 29 anni: il calo è stato cinque volte più elevato rispetto al dato compessivo. Nel 2010, secondo l'Istat, è occupato circa un giovane ogni due nel Nord, meno di tre ogni dieci nel Mezxzogiorno. POTERE D'ACQUISTO - Diminuisce anche il potere d'acquisto delle famiglie. E' questo uno degli altri allarmi lanciati dall'Istituto di statistica. "I consumi privati - scrive l'Istat - hanno fornito un contributo alla crescita del Pil di sei decimi di punto, mentre è emerso un primo recupero degli investimenti e una ricostituzione importante delle scorte. Negativo, per circa mezzo punto percentuale, è stato invece l'apporto della domanda estera netta". INFLAZIONE - Prosegue infine la galoppata dell'inflazione. Nel 2010, sottolinea l'Istituto, "la dinamica dei prezzi al consumo si è progressivamente accentuata, confermando il cambiamento di tendenza che si era delineato nell'autunno del 2009. Dopo la noetta accelerazione del primo trimestre - prosegue la nota - la risalita è stata graduale sino a portare il tasso di inflazione all'1,9% a dicembre. Nella media dell'anno l'indice è cresciuto dell'1,5%, sette decimi di punto in più rispetto al 2009".

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