Sgarbi flop, Rai stoppa il programma. "Vittorio c'è. Manca il resto..."
Lo share condanna il critico d'arte, che dice di condividere la sospensione / Commento di Borgonovo: "Parla ore solo di sé"
Flop per Sgarbi: l'8,27% di share, con poco più di due milioni di telespettatori, condanna il programma 'Ci tocca anche Sgarbi' alla sospensione. La decisione è stata annunciata dall'ufficio stampa Rai, ed "è stata comunicata al Professor Sgarbi che l'ha condivisa". Lo stop al programma del critico d'arte è esclusivamente legato ai bassi ascolti ottenuti all'esordio. Di fatto, la sospensione riguarda una sola puntata, perché ne erano previste soltanto due in questa fase, e il programma sarebbe ripreso a settembre. Dopo il flop si sono scatenate le polemiche sul costo del programma: pare 1 milione di euro solo per Sgarbi e otto per tutte le puntate. Il conduttore però ha smentito e parla di 500mila euro per tutte e cinque le trasmissioni. Marco Travaglio non ha perso occasione per un attacco: "Spero che ora sia verificato quanto il costosissimo programma di Sgarbi abbia fatto perdere alla Rai". Il diretto interessato, Sgarbi, non si è sottratto alle critiche e ha commentato: "Pensavo a un risveglio diverso, invece di un matrimonio è stato un funerale ed è difficile capirne le ragioni", ha sottolineato in conferenza stampa. "Chi l'ha visto e Melania - ha continuato - sono di interesse superiore rispetto alla difesa del paesaggio". Quindi l'ammissione di colpa: "Ho sbagliato io a imporre un meccanismo narrativo non da prima serata. La Rai vuole il giallo di Avetrana, le escort di Berluconi, gli omicidi. Non è interessata alla cultura". Guarda le fotografie della trasmissione Segue il commento di Francesco Borgonovo Vittorio Sgarbi ha un enorme difetto: è un genio. Sa parlare di qualsiasi argomento rendendosi interessante, riesce a raccontare un'opera d'arte permettendo a chi lo ascolta di viverla. Ha il dono di un'intelligenza multiforme e sfaccettata, che lo rende inafferrabile e ingestibile. È anche consapevole di esserlo, un genio, e giustamente rivendica spazio, pretende dagli altri che raggiungano le sue altezze, la sua concentrazione e la sua dedizione al bello. Soprattutto, tutti i suoi pensieri ruotano intorno alla sua persona come a un sole rovente. Per questo la prima puntata di Ci tocca anche Vittorio Sgarbi andata in onda ieri è stata un lunghissimo flusso di coscienza incentrato interamente su Sgarbi stesso. Ricca di suggestioni, di spunti esilaranti come l'apparizione di Abramo Orlandini, l'uomo che in silenzio accompagnava i mitologici Sgarbi quotidiani. Ieri sera Orlandini si è manifestato sul palco con una capra al guinzaglio e tutto il pubblico all'unisono ha intonato il mantra sgarbiano: «Capra, capra, capra! (ad libitum)». E poi da quanto tempo non si vedevano immagini di Federico Zeri, maestro di Sgarbi a cui Sgarbi furente augurò la morte al Maurizio Costanzo Show, maledicendolo in onda. Dopo che i vertici della Rai hanno proibito a Vittorio di affrontare il tema “Dio”, lui ne ha scelto un altro non meno difficile: il “Padre”. Dunque via con l'elenco degli uomini che l'hanno ispirato: il grande critico d'arte Zeri, appunto (da commuoversi quando diceva: le donne più brutte sono quelle degli intellettuali); Francesco Cossiga; Pasolini; Walter Chiari e altri. Tutte grandi idee, tutti spunti eccezionali, accompagnati da una scenografia straordinaria che raffigura La scuola di Atene di Raffaello e dalle comparsate di Morgan che fa l'unica cosa che gli riesce bene, cioè cantare. Ma allora dove sta il difetto di essere un genio? Nel fatto che la trasmissione di Sgarbi è difficile da digerire. Dentro c'è troppo e troppo in fretta o troppo lentamente, a seconda dei momenti. Fin dall'inizio: si parte con un'anteprima in bianco e nero in cui il critico discute con gli autori o incontra gente per strada. Poi c'è una sigla - stupenda - che inanella immagini di catastrofi naturali, tsunami, terremoti, l'attacco alle Torri Gemelle. Segue un'altra sigla, quella originariamente prevista per il programma prima che la Rai facesse cambiare titolo e argomenti. Si tratta di Il mio canto libero di Battisti reinterpetato come in un'opera video di Martinez che si vedrà poco dopo. A quel punto, Sgarbi entra accolto da un fragoroso applauso, che si protrae per lunghissimi secondi. Sono passati minuti e minuti, ma ancora non abbiamo visto nulla. L'aspettativa cresce e continuerà a crescere in attesa che succeda qualcosa. Il problema è che poi succede tutto e quindi niente. Si parla soltanto di Sgarbi, per capire bisogna essere dei fan di Sgarbi come il sottoscritto, altrimenti non si colgono i mille riferimenti; non ci si può godere il blob di scenette sgarbiane entrate nell'olimpo del piccolo schermo (i celeberrimi scazzi con D'Agostino, Busi, Cecchi Paone, la Mussolini). C'è solo Vittorio per quasi due ore: Sgarbi che si difende dalle accuse di mafia uscite in questi giorni sui quotidiani; Sgarbi che mostra articoli sulla sua Biennale e su Salemi. Perfino Sgarbi che fa la pubblicità del the freddo. Ma il programma dove sta? Questa doveva essere la risposta a Vieni via con me di Roberto Saviano, ed effettivamente ne ribalta i valori all'interno di un format simile, ma non ne ha la forza. Manca la liturgia e pure la voglia di educare il pubblico, che saranno anche difetti ma funzionano in tivù. Non bastano le trovate (Morgan che tiene in mano la testa mozzata di un manichino modellata con i suoi connotati) a fare ascolti. Non basta nemmeno il bel monologo di Carlo Vulpio, che salverà il salvabile anche in seguito e avrebbe potuto fare da co-conduttore. Questa è una trasmissione su cui il centrodestra ha investito, è costata litigi e attacchi. Anche noi l'abbiamo attesa, la sentiamo nostra. Vero: non ha beneficiato del battage giornalistico tipico dei telemartiri. Però non c'è stato nemmeno il programma, se non nel finale, dopo che la strada tracciata dalla scaletta è stata ritrovata, con sprazzi di bellezza come la presenza del padre di Sgarbi e, per la prima volta, di Carlo Brenner Sgarbi tutti assieme in video, con un testo di Antonio Delfini a introdurli e Gavino Ledda (l'autore di Padre padrone) a commentare l'evento. Dunque evviva Zeri, evviva le citazioni di Leo Longanesi, evviva anche Sgarbi, per Dio . Ma se poi la gente a casa non capisce che si fa? Si perde un'occasione forse irripetibile. Adesso che Vittorio la diretta l'ha ottenuta, per l'amor del cielo ci regali anche uno spettacolo. Riparta dall'ultima parte della puntata, faccia qualche prova in più, e ci offra quel che abbiamo solo assaggiato. Altrimenti saremo costretti a sorbirci di nuovo Saviano, e piangeremo sul troppo Sgarbi versato. di Francesco Borgonovo