Salone del Libro impegnato: buffet e parrucconi, pare un Salmone
A Torino via alla kermesse letteraria. Da Travaglio a Litizzetto, trionfo della sinistra rosso-rosa / BORGONOVO
Consiglio a quanti, a partire da oggi, frequenteranno fino a lunedì la ventiquattresima edizione del Salone del libro di Torino. State attenti a dove camminate: rischiate di andare a sbattere dolorosamente contro filosofi, scrittori e giornalisti. La kermesse, infatti, è tutta incentrata sull'impegno civile e si presume che per i corridoi del Lingotto circoleranno in gran numero “impegnati” di ogni risma, con nasi talmente arricciati dall'indignazione da essere costretti a passeggiare guardando il soffitto. L'elenco è sterminato: Gustavo Zagrebelsky, Ezio Mauro, Dario Franceschini, Umberto Eco, Margherita Hack, Antonio Tabucchi, Eugenio Scalfari, Alberto Asor Rosa, Marco Travaglio (quest'ultimo arriccia talmente il naso che l'attaccatura dei capelli gli si è spostata indietro allungandogli la fronte di dieci centimetri). Il Paese ospite dell'evento è la Russia, ma probabilmente hanno fatto confusione con l'Unione Sovietica, dunque hanno invitato soltanto esponenti del radioso progressismo italico e internazionale (con qualche piccola eccezione: Federico Moccia, Mario Giordano e pochi altri). Peccato, perché quanto a impegno civile profuso a Torino, sinceramente pensavo di aver già dato. Non avete idea di quanto impegno ci volle, due anni fa, a impedire che un noto critico letterario, allora in forza anche a Repubblica, si gettasse nel Po in preda ai fumi dell'alcol. Una scena che dovrebbe far riflettere su quanto siano pericolose le cene letterarie: il soggetto in questione, per altro talentuoso, aveva traumaticamente interrotto il desinare in compagnia dei vertici di Einaudi, visto che lo avevano amichevolmente buttato fuori per via delle intemperanze alcoliche. Si presentò quindi in un ristorante nei pressi dei Murazzi dove il filosofo Giulio Giorello si apprestava ad addentare il secondo e lo apostrofò con gaudio: «Giulio, tu sì che sei bravo. Però piantala di scrivere di fumetti, hai rotto le palle». Poiché Giorello è uomo di cultura ma anche signore ben piantato e soprattutto accompagnato da un bellicoso ufficio stampa, dovette intervenire il sottoscritto e trascinare via il malcapitato critico, evitandogli nelle ore successive di essere preso a sberle da (nell'ordine): Giorgio Faletti, il cantante Max Pezzali, la moglie tatuatissima del cantante Max Pezzali, tutta la casa editrice Minimum Fax. Nulla poté chi scrive per fermare il buttafuori del locale dove si svolgeva la festa di Minimum Fax. Insomma, la buona azione era stata fatta e ci si sentiva a posto con la coscienza. E invece no: apprendiamo che quest'anno saremo costretti al tour de force della morale. Oggi alle 15.30, per esempio, viene consegnato il premio “Giuseppe Bonura” per la «critica militante» a Goffredo Fofi, in ragione della «sua testimonianza di impegno civile attraverso la critica letteraria». Il premio è organizzato dal quotidiano Avvenire, nella giuria ci sono alcune firme e il capo delle pagine culturali di Avvenire, il premiato firma per Avvenire. Un po' come se io vincessi il premio “Francesco Borgonovo” assegnato da Francesco Borgonovo. Fofi, va ricordato, oltre che critico militante e anticapitalista, è l'uomo che ha spinto alla scrittura civile Roberto Saviano. Gli disse: lascia perdere i racconti di fantasia, affacciati alla finestra e scrivi di quello che vedi. E Saviano, purtroppo, si affacciò. Non a caso, il libro di Roberto (l'unico non riciclato da articoli di giornale o testi televisivi, cioè Gomorra) è inserito nel novero dei «15 superlibri» che il Salone mette in mostra in occasione dei 150 anni dell'unità d'Italia: si inizia con Le avventure di Pinocchio di Collodi, si passa da Guareschi e si conclude con Il nome della rosa di Eco e Gomorra. Poi dicono che c'è crisi. Il turista letterario dell'impegno civile, sempre oggi, potrà anche assistere alla presentazione della Carta dei diritti della lettura (senza una carta dei diritti non si va nemmeno al bar), con la partecipazione di Michela Murgia, romanziera e lavoratrice precaria che l'anno scorso, al premio Campiello, accusò Bruno Vespa di discriminare le donne poiché aveva osato un apprezzamento sulla scollatura di Silvia Avallone. La Murgia ribadì la sua posizione su vari giornali, col risultato che le tette della Avallone (con comprensibile imbarazzo della diretta interessata) monopolizzarono le pagine culturali per una settimana. Ma il disastro vero si verificherà in giornata tra le 16 e le 17.30. Il sincero democratico dovrebbe seguire, nello spazio di un'ora: il grande nemico di papa Ratzinger Hans Küng nell'incontro “Perché il capitalismo ha bisogno di un'anima”; lo show della grande nemica di papa Ratzinger Luciana Littizzetto (potevano accorpare i due eventi, per dio); l'imperdibile seminario “Raccontare i Rom” e la presentazione del libro di Vladimir Luxuria. A chi non reggesse il frenetico ritmo degli impegnati (che stroncherebbe un bufalo) suggeriamo di concentrarsi solo su Luxuria. La signora, da icona della trasgressione trans nel locale Mukkassassina, è diventata una scrittrice di romanzi drammatici. L'ultimo s'intitola Eldorado (Bompiani). Nel retro di copertina c'è una frase ispirata: «La vita va vissuta appieno fino all'ultimo momento, dove c'è un punto c'è un capoverso e un'altra storia comincia, anche quando il bastone è più utile di un remo». Il motto si accompagna a una foto della medesima Luxuria, con vestito scuro elegante, messa in piega, anellone vescovile e trucco leggero. Che smacco: giri un attimo lo sguardo e la trans si traveste da Dacia Maraini, se non stiamo attenti l'anno prossimo ci diventa Isabella Bossi Fedrigotti e ce la ritroviamo sul comodino di mammà. Del resto anche Eugenio Scalfari l'avevamo lasciato giornalista e ce lo ritroviamo filosofo, bigamo e schiavo dell'amore. Sabato pomeriggio presenterà Scuote l'anima mia Eros, il suo ultimo bigino, pardon, trattato filosofico in cui confessa la smodata passione per il triangolo. Modera Renato Zero, no scusate, Ernesto Franco di Einaudi. L'incontro con Eugenio si svolge nella grandiosa Sala Gialla del Salone, molto ampia, dedicata ai «grandi ospiti». Bisogna procurasi il biglietto: disponibilità, si legge sul programma, «fino ad esaurimento». Nel senso che poi si sviene. La stessa area riservata ai vip ospita anche Marco Travaglio, già vincitore del premio Simpatia nel 2010. Si presentò al Salone assieme all'avvocatessa Malavenda per spiegare come mai la stampa italiana faceva schifo, riservando qualche lezione di giornalismo anche a Libero. Il sottoscritto tentò di avvicinarlo per abbeverarsi alla sua sapienza, ma lui rifiutò sdegnosamente qualsiasi conversazione. Peccato. Quest'anno, però, potremo ritentare l'impresa. Marco infatti sarà presente in ben due incontri: sabato festeggerà i venticinque anni di MicroMega con Paolo Flores d'Arcais, Gian Carlo Caselli, Margherita Hack e Pierfranco Pellizzetti (atteso anche l'arrivo del commissario Basettoni). Lunedì invece celebrerà la nascita del Fatto. Per ingannare l'attesa fra le due epifanie di Travaglio, si può partecipare, domenica alle 17, al dialogo fra il direttore di Repubblica Ezio Mauro e il capoccia di Libertà e Giustizia Gustavo Zagrebelsky, i quali illustreranno i contenuti del loro libro La felicità della democrazia. Il dibbattito è riservato a pochi eletti, cioè quanti sopravviveranno all'incontro appena precedente. Alle 15 infatti si riunirà il Gran Consiglio dell'indignazione: Alberto Asor Rosa, Walter Barberis, Gian Luigi Beccaria, David Bidussa, Paul Ginsborg, Sergio Luzzatto, Michela Murgia, Marco Revelli e Salvatore Settis tra gli altri discuteranno dell'Italia e degli italiani. Tanto per riepilogare: Asor Rosa è quello che vorrebbe il golpe contro Silvio perché siamo in un regime; Ginsborg è quello che vorrebbe cacciare Silvio perché è fascista; Luzzatto è quello secondo cui Giampaolo Pansa e i giornali di centrodestra rappresentano il «ventre molle» del Paese; la Murgia è quella che si indigna per le tette della Avallone. A chi sarà capace di resistere fino alla fine e poi riuscirà a seguire anche Travaglio, verrà assegnato un premio: potrà assistere dalla prima fila all'incontro intitolato “Il berlusconismo come crisi cognitiva: la sfida di un trentenne per il futuro del Paese”, con il «giovane scrittore» Giorgio Fontana (è in programma davvero, non stiamo scherzando). Oppure, a scelta, all'incontro “Visitate la Palestina”, con annesso biglietto di sola andata per la Striscia di Gaza. Ennesimo invitato fra i «grandi ospiti» è Umberto Eco, il quale giovedì alle 17 terrà la lectio magistralis “Fare romanzi: libertà e costrizione dello scrittore”. Sappiamo che il celebre semiologo è solito tirare tardi la sera per leggere Kant. Qualora decidesse di concedersi una pausa, potrebbe partecipare a qualche festa, sempre democratica e impegnata. Come abbiamo già accennato, la più frequentata è quella dell'editrice romana Minimum Fax. Ogni anno vi si può incontrare Paolo Giordano, autore del bestseller La solitudine dei numeri primi, e se siete fortunati pure Alessandro Baricco. Altrimenti, è consigliabile la serata organizzata dall'editore Fandango, dove lo scorso anno lo scrittore Sandro Veronesi si dilettava a sbaciucchiare una bella e giovane fanciulla nel cortile del locale. Furono ore esilaranti: a tutti gli ospiti venne donata una parrucca colorata, onde non sfigurare fra i numerosi parrucconi presenti. Ma, considerato il tono impegnato dell'evento, per il 2011 immaginiamo che alla festa sarà preferito il buffet impegnato che fa molto chic. Lo scorso anno, assieme al romanziere Ottavio Cappellani che tentava di accaparrarsi una piacevole ufficio stampa, partecipai a quello organizzato da un'autrice della casa editrice Marsilio. Arrivammo verso le dieci, sul tavolo c'era qualche boccone di parmigiano, un paio di tartine e un mazzo di sparute carote. «Siamo arrivati tardi, non è rimasto niente», dissi a un cameriere. E quello: «No, no, è tutto qui, abbiamo appena servito». L'impegno esige frugalità. Se quest'anno, dopo la centesima cena e il milionesimo incontro antiberlusconiano, qualche critico smanierà per gettarsi nel Po, non saremo noi a trattenerlo. di Francesco Borgonovo